vista e bambino

La maturazione del sistema visivo del neonato, già funzionante alla nascita, è un processo che viene condizionato dagli stimoli provenienti dall’esterno, che perfezionano le capacità visive già presenti. Per questo i danni che si verificano all’apparato visivo nei primi mesi di vita possono risultare irreversibili, se non vengono riconosciuti e sottoposti a un trattamento immediato […]



La maturazione del sistema visivo del neonato, già funzionante alla nascita, è un processo che viene condizionato dagli stimoli provenienti dall’esterno, che perfezionano le capacità visive già presenti. Per questo i danni che si verificano all’apparato visivo nei primi mesi di vita possono risultare irreversibili, se non vengono riconosciuti e sottoposti a un trattamento immediato e mirato in grado di consentire il recupero delle potenzialità visive perdute.

Alla nascita il neonato è in grado di captare tutti gli stimoli visivi provenienti dall’ambiente circostante ma non di elaborarli, di organizzarli in immagini e, quindi, di comprenderli; il bambino vede luci e forme ma non può attribuirli a cose, persone e ambienti.

Nei primi quattro mesi di vita si sviluppano le principali funzioni monoculari e binoculari, la convergenza, i movimenti orizzontali rapidi e l’accomodazione, ossia la capacità di passare dalla visione per lontano a quella per vicino e viceversa.

A 15 giorni il bambino riesce a mettere a fuoco immagini distanti 20-30 cm dagli occhi, non riconosce ancora i colori ma distingue la luce dal buio; non avendo ancora il pieno controllo dei muscoli oculari si affatica facilmente e talvolta può deviare un occhio e quindi sembrare strabico. Dopo 10-12 settimane distingue il viso umano rispondendo a sorrisi, smorfie e movimenti delle labbra; successivamente segue le immagini in movimento ruotando il capo e facendo convergere gli occhi se gli si avvicina un oggetto al viso. Tra il quarto e il sesto mese il bambino è in grado di fissare un oggetto, seguirne il movimento e volgere lo sguardo verso uno stimolo visivo. Tra il quarto e il quinto mese mette a fuoco le immagini fino a qualche metro di distanza, distinguendo chiaramente alcuni colori fondamentali quali il rosso, il verde e il blu. A 6 mesi controlla abbastanza bene i movimenti dei muscoli oculari, quindi scompare l’eventuale strabismo transitorio, ed è attratto da oggetti di piccole dimensioni. A 7 mesi vede come una persona miope (cioè per lo più da vicino), a 10 acquista il senso della profondità e tridimensionalità delle immagini (stereoscopia).

Tra 1 e 2 anni il bambino raggiunge il pieno controllo dei muscoli oculari, mentre l’accomodazione gli consente di mettere a fuoco gli oggetti a qualsiasi distanza. A 2 anni raggiunge i dieci decimi di acutezza visiva e le sue strutture oculari funzionano in modo completo.


Come si controlla la vista del bambino piccolo?

Fino all’età di 7-8 anni l’acutezza visiva non può essere misurata con i metodi correntemente usati negli adulti, ma richiede l’impiego di tecniche particolari che siano adatte alle età infantili, sovente lunghe, indaginose ed effettuabili solo con attrezzature e competenze specifiche.

A partire dai 2 anni la collaborazione comincia a migliorare progressivamente, fino a consentire verso i 3 anni l’esecuzione di test psicofisici. Durante questo periodo non è indispensabile un dato certo di acuità visiva, a meno che non siano presenti condizioni oculari e sistemiche particolari (patologie bulbari gravi, strabismo, cataratta congenita, glaucoma congenito, patologie retiniche potenzialmente causa di ambliopia). Tuttavia è importante ricordare che il cosiddetto periodo di plasticità o variabilità visiva, durante il quale la percezione di immagini normali è necessaria per un corretto sviluppo visivo, arriva fino ai 5 anni. È quindi evidente l’importanza della visita prima dell’età scolare, non tanto per determinare a forza una acuità visiva di valore assoluto, quanto piuttosto per individuare se il “visus” è o no adeguato per quella determinata età o se esistono differenze importanti tra i due occhi, al fine di evitare possibili danni permanenti sulla funzionalità visiva.


Le anomalie congenite

L’occhio è molto spesso sede di anomalie congenite, isolate o in associazione con malformazioni di altri organi o apparati in corso di sindromi complesse. Esistono anomalie da infezioni prenatali i cui agenti responsabili sono capaci di attraversare la barriera placentare, con conseguente alterazione del normale sviluppo embrionale dell’apparato visivo. Sono più frequentemente in causa infezioni prenatali provocate da virus della rosolia, Cytomegalovirus, Toxoplasma e Treponema pallidum. Le ripercussioni sull’embrione sono influenzate dal momento della gestazione in cui è avvenuta l’infezione, dalla virulenza dell’agente patogeno e dalla risposta immunitaria della madre.

Vi sono poi varie anomalie da aberrazione cromosomica (trisomie, sindrome di Turner, sindrome di Klinefelter ecc.). Tra le patologie oculari associate a sindromi plurimalformative indotte da alterazioni genetiche vanno ricordate:

  • albinismo;
  • atrofia ottica (associata alle sindromi di Leber, Apert, Behr, Charcot-Marie Tooth, Cookayne, Crouzon, Laurence-Moon-Biedl);
  • cataratta (associata ad alopecia congenita, ictiosi congenita, osteogenesi imperfetta, sindromi di Alpert, Cookayne, Crouzon, Peters, Sjogren, Usher);
  • glaucoma (associato ad aniridia e alle sindromi di Peters, Pierre-Robin, Rieger, Wiel-Marchesani);
  • anomalie corneali (ictiosi congenita, osteogenesi imperfetta, sindromi di Ehlers-Danlos, Peters, Rieger);
  • coloboma, palpebrale o irideo o corio-retinico o del nervo ottico (associato ad aniridia e alle sindromi di Franceschetti e di Goldenhar);
  • dislocazione-sublussazione/lussazione del cristallino (associata alle sindromi di Ehlers-Danlos, Marfan, Wiel-Marchesani);
  • retinopatia (associata alle sindromi di Laurence-Moon-Biedl, Usher);
  • microftalmia (associata alle sindromi di Franceschetti, Meckel, Sjogren);
  • distacco di retina (associato alla sindrome di Marfan).

Circa il 40% delle cause di cecità neonatale e infantile sono di origine genetica, mentre malattie come lo strabismo e i vizi di refrazione (miopia, astigmatismo, ipermetropia) derivano dall’interazione tra fattori genetici e ambientali che possono incidere su un corretto sviluppo dell’apparato visivo.

Le donne in gravidanza devono evitare l’assunzione di alcuni farmaci, l’esposizione a radiazioni, il contagio di malattie infettive, i possibili traumatismi, tutti fattori che possono causare alterazioni oculari nel nascituro.

Se si dovessero presentare patologie conseguenti al parto (trauma cranico con ripercussioni oculari oppure oftalmia del neonato per infezione contratta nell’attraversamento del canale del parto) o in caso di neonati pretermine, di basso peso o con riflesso biancastro della pupilla, si raccomanda una visita oculistica urgente.


Strabismo

In questa condizione gli assi visivi non sono paralleli, cioè un occhio è dritto e l’altro no. Questa deviazione può essere manifesta perché sempre presente e visibile (tropia) oppure latente, cioè presente solo in determinate condizioni (foria). L’occhio può essere deviato verso l’interno (esoforia o esotropia) o verso l’esterno (exoforia o exotropia). Da quest’alterazione deriva una visione sdoppiata (diplopia) che è incompatibile con un corretto orientamento nello spazio; di conseguenza, in età pediatrica, il cervello “annulla” gli impulsi provenienti dall’occhio deviato, ottenendo così una visione non più sdoppiata ma monoculare, ossia sfruttando le immagini provenienti da un solo occhio. Questo meccanismo di compensazione, che inizialmente è reversibile, a lungo andare diviene permanente, portando allo sviluppo della cosiddetta ambliopia strabica.

A seconda delle diverse tipologie di strabismo la correzione può essere solo ottica (ossia con occhiali), oppure chirurgica. Oltre al miglioramento dell’aspetto estetico, è importante mirare il più possibile a ottenere uno sviluppo visivo in entrambi gli occhi.


Ptosi palpebrale congenita

Consiste in un abbassamento della palpebra superiore con riduzione della fessura palpebrale. La causa è un deficit di sviluppo del muscolo elevatore della palpebra. Questa patologia diventa più evidente quando il neonato acquisisce un buon controllo del capo, intorno ai 4-5 mesi di età. La scelta se operare o no e quando dipende dall’entità della ptosi, anche perché occhi con ptosi marcate possono sviluppare ambliopia e quindi devono essere operati al più presto.


Congiuntiviti

Quelle da gonococco e da herpes sono gravi forme di congiuntivite neonatale. L’infezione gonococcica si estende rapidamente presentando abbondante secrezione purulenta e gonfiore della palpebra; il germe è in grado di penetrare rapidamente nella cornea e un ritardo nell’inizio del trattamento, anche solo di 1-2 giorni, può dar luogo a ulcerazione o perforazione della cornea. Va sempre attivata un’adeguata profilassi con nitrato d’argento o con antibioticoterapia. La congiuntivite neonatale è trasmessa durante il parto a seguito del contatto diretto della congiuntiva con le secrezioni della porzione cervicale dell’utero (causata da microrganismi batterici vaginali quali Chlamydia, Staphylococcus, Streptococcus).


Cheratiti

Le infiammazioni della cornea sono soprattutto quelle allergiche e batteriche, caratterizzate da occhio rosso, difficoltà alla luce e lacrimazione. Eventuali esposizioni a corpi estranei (in particolare terrosi) o microtraumatismi possono scatenare cheratiti da funghi (micotiche).


Glaucoma congenito

È un’affezione rara, caratterizzata da un aumento della pressione intraoculare di uno o entrambi gli occhi, ma porta a danneggiamento e a sovvertimento delle strutture oculari in quanto la parete dell’occhio in età pediatrica è estremamente “estensibile” (aumento del volume del bulbo oculare, il cosiddetto occhio di bue) e le fibre del nervo ottico assai fragili. I sintomi più comuni tipo lacrimazione eccessiva, fotofobia (elevata sensibilità alla luce), blefarospasmo (il bimbo strizza gli occhi frequentemente) compaiono prima del primo anno di età. Con il progredire della malattia si ha un aumento del diametro corneale, con o senza opacamento, e una colorazione bluastra della sclera (normalmente bianca). La diagnosi differenziale (quando monolaterale) va posta con l’ostruzione congenita delle vie lacrimali di deflusso (dotto nasolacrimale).

I genitori e i pediatri devono diffidare alla nascita degli occhi troppo grandi o che tendono a ingrandirsi in modo eccessivamente vistoso.


Ostruzione congenita del dotto nasolacrimale

Interessa circa il 5% dei neonati e comporta il reflusso, attraverso i puntini lacrimali, di materiale muco-purulento alla compressione della regione del sacco lacrimale, posta tra la congiunzione interna delle due palpebre e la radice del naso; una spia d’allarme può essere la presenza contemporanea di una congiuntivite recidivante monolaterale. Se il muco che ristagna nel dotto nasolacrimale ostruito si infetta, si ha l’insorgenza di un’infezione o di un’infiammazione acuta del sacco lacrimale. Questa patologia può risolversi spontaneamente o mediante la somministrazione di colliri antibiotici; se non si ha una regressione entro l’anno di età è indispensabile eseguire un lavaggio medicato delle vie lacrimali di deflusso in anestesia.

Cataratta congenita

È l’opacizzazione del cristallino, ossia della “lente” naturale interna all’occhio, presente già alla nascita, che arresta totalmente o parzialmente il passaggio dei raggi luminosi (cataratta congenita, monolaterale o bilaterale, totale o parziale). La cataratta congenita, in particolare quando totale o densa e centrale, permette una ridotta o assente sollecitazione della retina: al fine di ottenere un adeguato sviluppo sensoriale l’intervento chirurgico deve essere il più possibile precoce.

L’esito in ambliopia costituisce la causa principale delle difficoltà visive. Il trattamento, da valutare caso per caso in rapporto al tipo di cataratta e all’evoluzione della stessa, è esclusivamente di tipo chirurgico.


Retinopatia del pretermine (ROP)

È una malattia della retina che colpisce prevalentemente soggetti nati prematuri (peso inferiore ai 1500 g), nati prima delle 30 settimane e sottoposti a ossigenoterapia; circa la metà dei neonati con peso alla nascita inferiore a 1,25 kg presentano una retinopatia di questo tipo, seppure a uno stadio iniziale. Quest’affezione è legata a un anomalo sviluppo dei vasi sanguigni della retina, e alla conseguente formazione di tessuto cicatriziale all’interno dell’occhio. Per evitare la cecità del neonato è importante la diagnosi precoce, che permette di bloccarne l’evoluzione ai primi stadi.


Retinoblastoma

È un tumore maligno che nasce all’interno dell’occhio e si presenta con una frequenza di 1 ogni 15.000 nati; nel 25% dei casi può essere bilaterale. Il segno tipico è un riflesso bianco-giallastro in campo pupillare (leucocoria), che purtroppo compare quando la neoplasia ha già raggiunto dimensioni discrete. Negli stadi avanzati può manifestarsi strabismo, nistagmo, glaucoma secondario e, spesso, un’importante riduzione della capacità visiva fin dagli stadi iniziali. La prognosi è infausta qualora l’interessamento sia superiore a un terzo della retina o sia presente una diffusione extraoculare della neoplasia. Per tale motivo il trattamento deve essere il più radicale e tempestivo possibile (enucleazione seguita eventualmente da radioterapia); la sopravvivenza può arrivare al 90% dei casi precocemente diagnosticati e sottoposti a trattamento adeguato. [R.N., G.F.]