ANEMIE CARENZIALI

I sintomi del paziente anemico dipendono dal grado di riduzione dell’emoglobina e dal meccanismo che ha causato l’aglobulia, in altri termini dipendono dalla gravità dell’anemia e dalla rapidità con cui si essa si è sviluppata. Un’anemia cronica, caratterizzata da una riduzione lenta e progressiva della concentrazione di emoglobina, consente a un organismo integro dal punto […]



I sintomi del paziente anemico dipendono dal grado di riduzione dell’emoglobina e dal meccanismo che ha causato l’aglobulia, in altri termini dipendono dalla gravità dell’anemia e dalla rapidità con cui si essa si è sviluppata. Un’anemia cronica, caratterizzata da una riduzione lenta e progressiva della concentrazione di emoglobina, consente a un organismo integro dal punto di vista cardiocircolatorio e respiratorio di adattarsi anche a valori estremamente bassi, senza presentare disturbi apprezzabili, salvo il pallore, o comunque con disturbi assai modesti, quali riduzione della capacità di concentrazione, facile affaticamento, affanno durante gli sforzi fisici. Nell’anemia acuta, invece, viene meno la possibilità di adattamento, specialmente cardiovascolare, e la sintomatologia si manifesta, anche per cali relativamente modesti dei valori di emoglobina, con palpitazioni, affanno che segue pure a un minimo sforzo, astenia profonda, sensazione di svenimento nel passaggio alla posizione eretta. Il meccanismo responsabile della patologia può essere rappresentato da una ridotta o inefficiente produzione midollare di globuli rossi, come accade nelle anemie aplastiche, in quelle associate a malattie croniche, nelle anemie megaloblastiche da carenza di vitamina B12 o di acido folico, in quelle da ridotta produzione di emoglobina (quali l’anemia da carenza di ferro e le talassemie), oppure da ridotta sopravvivenza dei globuli rossi, come avviene nelle anemie emolitiche.

Anemia da carenza di ferro Quella sideropenica, o da carenza di ferro, è la forma più frequente di anemia. In essa è compromessa la produzione dell’eme, ossia della parte dell’emoglobina che contiene il ferro.

Il contenuto in ferro dell’organismo umano tende a rimanere costante, grazie all’equilibrio che si crea normalmente tra quello assorbito con la dieta e il ferro perduto. Le “scorte” di questo elemento sono nel complesso piuttosto modeste, considerato che si tratta di un oligoelemento indispensabile non solo per la produzione dell’emoglobina, ma anche della mioglobina e di numerosi enzimi fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo. L’uomo e la donna in età non fertile (ossia in assenza di flussi mestruali) perdono circa un milligrammo di ferro al giorno, mentre nelle donne in età fertile, quindi con flussi mestruali che comportano una certa perdita di sangue, tale valore è all’incirca doppio. Il contenuto di ferro (detto anche marziale) della dieta oscilla tra i 10 e i 30 milligrammi e, dato che l’assorbimento è all’incirca pari alla quota persa, si stima che non più del 5-10% del ferro alimentare venga normalmente assorbito. Il ferro cosiddetto emico contenuto negli alimenti di origine animale (carne, fegato, salumi, molluschi) viene assorbito meglio di quello che si trova nei vegetali. Il fabbisogno varia in base alle diverse età e nei due sessi. Durante l’infanzia e sino alla pubertà la crescita particolarmente rapida ne richiede una quantità notevole. A partire dalla pubertà, il peso corporeo di norma raddoppia in sette anni e il fabbisogno di ferro, pur ridotto rispetto all’infanzia, è ancora elevato. Con il termine dell’accrescimento le richieste si riducono nel maschio, mentre nella femmina in età fertile il bilancio è spesso precario a causa di mestruazioni, gravidanza e allattamento. Nell’età avanzata il fabbisogno e le scorte di ferro tendono a equilibrarsi in entrambi i sessi. Ne consegue che il meccanismo con cui si determina una carenza di questo elemento è sovente diverso a seconda dell’età di insorgenza e del sesso. Nell’infanzia, una carenza è di norma legata a un basso contenuto di ferro nel latte materno o nella dieta. Nella donna in età fertile di solito dipende da flussi mestruali abbondanti e frequenti, da gravidanze e da allattamenti ravvicinati. Nel maschio adulto e negli anziani di entrambi i sessi la carenza marziale è abitualmente provocata da un sanguinamento cronico che il più delle volte origina dal tubo digerente. In questo caso, l’anemia da carenza di ferro rappresenta un epifenomeno di una malattia gastrica o intestinale che può essere anche grave e che va quindi ricercata con opportune indagini endoscopiche (gastroscopia, colonscopia ecc.) a giudizio del medico curante. Talvolta un’anemia sideropenica può anche essere conseguente a un difetto di assorbimento intestinale del ferro. Specie in soggetti giovani, un’intolleranza al glutine (celiachia), con alterazioni della mucosa duodenodigiunale assorbente, può manifestarsi come una carenza isolata di ferro e deve essere quindi oggetto di accertamenti di laboratorio ed endoscopici.

I caratteri dell’anemia sideropenica sono quelli di un’anemia cronica, in genere ben tollerata, con globuli rossi piccoli (cosiddetti microcitici) e poveri di emoglobina (ipocromici).

Vi possono essere segni caratteristici di accompagnamento all’anemia, come fissurazioni agli angoli della bocca (cheilite angolare), fragilità di unghie e capelli, talvolta disturbi della deglutizione (disfagia sideropenica).

Anemia mediterranea Un’altra forma di anemia caratterizzata da globuli rossi piccoli, microcitici e ipocromici, ereditaria, comune soprattutto nel sud Italia e nelle isole è l’anemia mediterranea, o b-talassemia. Per capire in che cosa consiste bisogna tenere presente che la globina, ossia la parte proteica dell’emoglobina, è formata da due coppie identiche di catene proteiche, ciascuna della quali ospita, in una sorta di “tasca”, un gruppo eme. Le emoglobine umane normali sono quattro: una (embrionale) presente all’inizio della vita intrauterina, una (fetale) che compare più tardivamente, due infine caratteristiche del periodo postfetale. Nell’adulto si trova soprattutto l’emoglobina A, costituita da due catene alfa e due beta. L’emoglobina A2 (che rappresenta circa il 3% dell’emoglobina dell’adulto) è invece costituita da due coppie di catene alfa e delta. L’emoglobina F, fetale, presente solo in tracce nel sangue dei soggetti in età adulta, consta di due catene alfa e due gamma. La b-talassemia è causata da un’anomalia della regolazione della produzione delle catene beta. Si tratta di una malattia ereditaria la cui trasmissione segue le leggi genetiche di Mendel. Ne consegue che la “tara” può essere espressa solo su uno dei due cromosomi omologhi portatori del gene che controlla la produzione della catena beta della globina (soggetti eterozigoti) o su ambedue i geni (soggetti omozigoti). Esistono quindi due tipi di b-talassemia: in uno è presente una produzione di beta catene, seppure carente (beta+), nell’altro non se ne producono affatto (beta0). Nell’ambito delle forme beta+ vi sono varianti che consentono una maggiore o minore produzione di catene beta, così che, in base alla gravità dell’anemia, si distingue una talassemia major (nota che come morbo di Cooley), una talassemia minor o tratto beta talassemico e una talassemia intermedia.

Il tratto beta talassemico è una condizione estremamente comune in Italia e riguarda quasi tre milioni di persone. Non è una malattia grave e, nella maggior parte dei casi, è del tutto asintomatica. Il livello di emoglobina è in genere solo lievemente ridotto.

L’importanza della diagnosi è principalmente di tipo preventivo: essere consapevoli di avere questa affezione, del tutto benigna, consente di evitare l’eventuale unione con un’altra persona nelle stesse condizioni (ossia eterozigote) evitando così il possibile concepimento di un individuo affetto da talassemia major. La talassemia major o morbo di Cooley è infatti una condizione molto grave che comporta un’anemia estremamente seria, conseguente alla produzione ridottissima o del tutto assente di catene beta, e quindi di emoglobina A. Venendo a mancare le catene beta, le catene alfa in eccesso precipitano, danneggiando la membrana cellulare e determinando la distruzione, già nel midollo osseo, dei progenitori dei globuli rossi (fenomeno noto come eritropoiesi inefficace) e la riduzione della sopravvivenza dei globuli rossi maturi (stato di emolisi). Il quadro clinico è quello di un bambino con anemia congenita, cronica, refrattaria a ogni cura, con ingrandimento di fegato e milza e colorito itterico. Il volto, similasiatico, è caratteristico. A causa dell’eritropoiesi inefficace vi è un enorme sviluppo del tessuto emoformativo situato nelle ossa spugnose, con conseguenti alterazioni dello scheletro. Questi soggetti possono essere mantenuti in vita soltanto mediante trasfusioni ma, con il passare del tempo, il ferro contenuto nel sangue trasfuso si accumula nell’organismo ed esercita un’azione tossica su molti organi e tessuti, quali il cuore, il fegato e le ghiandole endocrine.

Anemie megaloblastiche Si tratta di anemie provocate da carenza di vitamina B12 (cobalamina) oppure di acido folico. Entrambe queste vitamine sono necessarie alla sintesi degli acidi nucleici dei precursori dei globuli rossi; in condizioni di carenza si manifestano difetti di maturazione del nucleo e mancata divisione mitotica in cellule figlie, mentre la sintesi di emoglobina continua indisturbata, con la conseguenza che i globuli rossi e i loro precursori presentano un volume molto grande e sono ricchi di emoglobina. La frutta, i vegetali e la carne contengono una grossa quantità di acido folico, ma poiché esso è in gran parte distrutto dalla cottura, frutta e ortaggi crudi costituiscono la sorgente dietetica principale della vitamina nell’uomo. La causa più comune di carenza di acido folico è rappresentata da un’insufficiente introduzione per dieta inadeguata, come avviene negli anziani e negli alcolisti, oppure da aumentato consumo, come avviene nella gravidanza, nell’allattamento e nell’accrescimento.

Molto diversa è l’origine dell’anemia da carenza di vitamina B12. La principale sorgente di cobalamina per l’uomo è rappresentata dalle proteine animali (carne, pesce, latte e derivati, tuorlo d’uovo). Ne consegue che una carenza dietetica si può verificare solo nei vegetariani stretti, cosiddetti vegani, che non solo non mangiano carne né pesce, ma non consumano neppure i derivati animali (latte, formaggi, uova). La vitamina B12 non può essere assorbita come tale, ma deve unirsi a una proteina prodotta da cellule presenti nella parete dello stomaco, detta fattore intrinseco. Il complesso vitamina B12-fattore intrinseco raggiunge la porzione finale dell’intestino tenue dove viene assorbito e la vitamina B12, liberata all’interno della cellula intestinale, si lega a una proteina di trasporto, la transcobalamina, che veicola la vitamina nel sangue e ai tessuti e va a crearne un deposito, principalmente a livello del fegato. Ne consegue che tutte le condizioni che interferiscono con questo complicato sistema di assorbimento possono provocare uno stato carenziale. L’evenienza più comune è una malattia dello stomaco, la gastrite atrofica, nella quale si determina una scarsa o assente produzione di fattore intrinseco, che configura una malattia nota come anemia perniciosa, si tratta di una grave forma di anemia cronica macrocitica, con età media di insorgenza attorno a 60 anni, e che presenta caratteristicamente lesioni neurologiche a carico di alcune componenti del midollo spinale (fasci laterali e posteriori), con alterazioni della marcia e disturbi della sensibilità degli arti inferiori che causano difficoltà alla percezione del terreno su cui si cammina.

Tra le altre cause di anemia megaloblastica da carenza di vitamina B12 vi sono gli esiti di chirurgia dello stomaco (per esempio la sua asportazione totale, effettuata per un tumore) e le malattie che danneggiano la regione deputata all’assorbimento, e cioè l’ultima porzione dell’intestino tenue, come avviene per esempio nell’enterite segmentaria o morbo di Crohn, e in conseguenza di resezioni chirurgiche. In tutte queste condizioni, la vitamina B12 deve essere fornita all’organismo mediante farmaci che vanno assunti per via intramuscolare per tutta la vita. [G.S.]