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Insonnia da Covid: che cos’è e cosa fare

L’insonnia dovuta al Covid colpisce anche chi non si è ammalato. Stress, paura del futuro e abitudini di vita rivoluzionate ci stanno rubando il riposo. Ecco come riprendercelo

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Da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19, almeno un italiano su due soffre di insonnia. Paura di ammalarsi, incertezza del domani, ritmi di vita rivoluzionati: ce n’è abbastanza per rimuginare tutta la notte. Non a caso gli esperti parlano di un nuovo tipo di insonnia: la Covidsonnia.

«Che non è solo una conseguenza della malattia, perché colpisce anche chi non ha contratto il virus e discende dagli effetti collaterali del Covid sulla nostra vita e la nostra psiche», spiega il professor Giuseppe Plazzi, ordinario di neuropsichiatria infantile, Università di Modena e Reggio-Emilia e presidente dell’Aims, che riunisce i maggiori esperti italiani di disturbi del sonno.

«È un problema mondiale, ormai, ed è oggetto di uno studio internazionale al quale partecipiamo. A seconda delle ricerche, si va dal 27 al 50% dei casi studiati che presenta, durante e dopo i lockdown, un’insonnia caratterizzata da sonno ritardato, risvegli frequenti e un aumento degli incubi. Nelle persone che sono guarite dall’infezione, invece, l’insonnia, dopo l’ansia, è l’effetto collaterale più diffuso».


Il ritmo del sonno si altera perché si va a letto troppo tardi

Con la prima e l’inizio della seconda ondata di Covid-19 gli esperti hanno visto un numero rilevante di persone con un’alterazione del ritmo del sonno: tanti hanno cominciato a ritardare il momento di andare a letto. «Rompendo quel processo che garantisce il vero sonno ristoratore, che è fatto di fasi precise», spiega Plazzi.

«Prima il sonno leggero dell’addormentamento, poi quello profondo nella prima parte della notte (ed è questo che ci garantisce il “vero” riposo). Infine, verso l’alba, il rientro nella fase leggera. Questa nuova abitudine di posticipare il riposo ha portato a moltiplicare gli incubi e a dare disturbi cognitivi e comportamentali durante il giorno».



Con lo stress il sonno si fa più leggero

Dunque, dopo il primo lockdown, la metà degli italiani si addormenta più tardi. «Non solo: ha un sonno più leggero, che è una delle caratteristiche della sindrome da stress post-traumatico, come quella che stiamo vivendo», spiega Plazzi.

«È vero che il risveglio è un po’ posticipato, molti non vanno ancora al lavoro, ma la popolazione europea ha perso in media mezz’ora di sonno, problema che nelle grandi città tocca anche l'ora e mezza».


L'insonnia può rendere depressi, in sovrappeso e mette a rischio la salute del cuore

Il debito di sonno da Covid si accumula, con ripercussioni anche durante il giorno che coinvolgono la memoria, l’umore, fino a influenzare il carattere di una persona: aumenta l’irritabilità, l’irrequietezza e diventiamo intolleranti, aggressivi anche contro noi stessi.

Fino alla depressione: le ricerche dicono che le alterazioni del ritmo del sonno, in particolare il sonno posticipato, predispongono alla depressione. «Ma anche il sistema cardiovascolare ne può uscire danneggiato (il rischio aumenta di almeno il 15% dopo i 55 anni), a partire da un rialzo della pressione e dall’apparire dell’ipertensione.

Anche il metabolismo rallenta: ecco perché chi dorme meno tende a ingrassare di più. Il nostro metabolismo ha bisogno del sonno continuativo (sonno a onde lente) per essere efficiente», sottolinea Plazzi.


Facciamo chiarezza sui sonniferi

C’è poi molta confusione sulla parola sonnifero. «Certo, si tratta di farmaci per dormire, ma non ne esiste un tipo che garantisca le famose 8 ore di sonno. Esistono invece molecole ipnoinducenti a emivita breve, che hanno un effetto di spinta al sonno e agiscono in media nelle prime tre ore, come certe benzodiazepine e le Z-drugs, farmaci psicoattivi similari», spiega Plazzi.

«Poi c’è la melatonina farmacologica, ma anche quella da banco, e vari prodotti che in realtà combattono più l’ansia che l’insonnia, come l’iperico (un antidepressivo naturale), la valeriana e la camomilla, e che possono essere associati all’ormone del sonno».

Uno degli effetti collaterali della dell'insonnia da Covid è stato l’abuso dei cosiddetti “sonniferi” (alcuni prodotti hanno venduto fino al 45% in più). «In questo periodo, le benzodiazepine e gli ipnoinducenti da banco sono stati usati spesso in dosi molto più alte rispetto alle indicazioni, provocando così dei disturbi», sottolinea il professore.

«In Italia, poi, usiamo per dormire alcune benzodiazepine a emivita lunga in modo inappropriato, con la conseguenza che la loro azione “da sonnifero” si prolunga durante la mattinata. Anche la melatonina, ottima molecola, è stata presa spesso in dosi eccessive. Ma qualsiasi sostanza, farmacologica o da banco, dovrebbe essere assunta indicativamente alle dosi più basse, perché livelli troppo alti interferiscono con la chimica del sonno. Non si tratta solo di “troppo” uguale a “tossico”: se prendi troppo iperico, per esempio, innanzitutto occuperà dei recettori chimici che sono deputati a ricevere altre sostanze strategiche per il riposo».

Il Covid ha poi visto l’uso di rimedi a dosi inappropriate, ma anche in orari sbagliati. «Il caso classico è quello di chi prende la dose base, non aspetta il tempo fisiologico richiesto per goderne l’effetto (anche perché magari la prende troppo presto o troppo tardi) e così assume un’altra pillola, anzi due “che è meglio”. Ma questi prodotti vanno presi seguendo rigorosamente le istruzioni: e se non funzionano nel giro di qualche giorno non bisogna insistere», dice Plazzi.


Sì alla pennichella, ma per non più di 20 minuti

Molti di noi, proprio per combattere la l'insonnia da Covid, hanno cercato di recuperare il sonno perduto durante la notte con il riposino pomeridiano. «Il problema è che per essere ristoratore e non aggiungere disturbi ai disturbi deve essere di 20 minuti, non di più», spiega Plazzi.

«Dobbiamo svegliarci prima di entrare nel sonno profondo, altrimenti si innesca un meccanismo che si chiama “inerzia del sonno” che ci lascia addormentati anche per ore, cosa che non fa bene se già si va a letto tardi e poi si è insonni. Bisognerebbe mettere la sveglia, addirittura anticipata a 18 minuti, se ci accorgiamo che al ventesimo siamo già completamente addormentati e l’allarme ci riporta allo stato di coscienza di soprassalto. Dobbiamo quindi rimanere nella fase di sonno preparatorio, anche per non avere problemi di umore e ripartenza al pomeriggio.

Non a caso ai piloti di aereo è proibito il sonnellino prima dell’atterraggio: può far commettere degli errori». È stato Thomas Edison, l’inventore della lampadina, a teorizzare per primo il potere benefico del riposino da 20 minuti (lo usava come propellente per inventare nuove cose), che ha chiamato “power nap”, e al quale ha dedicato un libro, Il potere del sonno.


Meno computer per gli under 18

Discorso a parte merita la popolazione più giovane. «È molto colpita dall’insonnia e dai relativi effetti collaterali diurni», spiega il professor Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro del sonno dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

«Abbiamo fatto una ricerca sugli studenti durante il Covid e abbiamo scoperto che l’ansia ha colpito in modo rilevante anche i più giovani. Secondo dato, più relativo al riposo: i ragazzi, che già sono in genere gufi, quindi tendono a dormire e svegliarsi tardi perché hanno un rilascio ritardato della melatonina, oggi lo sono ancora di più. Terzo: i lockdown hanno portato a una desincronizzazione dei loro ritmi sonno-veglia. Quarto dato: stando più in casa, si espongono meno alla luce, e questo aggrava la desincronizzazione dei ritmi biologici.

Risultato: nell'era pandemica gli under 18 vanno a dormire un’ora e mezza più tardi e si svegliano mediamente quasi 2 ore più tardi. E, anche per loro, sono aumentati i brutti sogni». Che fare? «Cercare di mantenere gli stessi orari per mangiare e dormire o studiare, evitando l’anarchia», consiglia Ferini Strambi. «Fare movimento, fosse anche un giro in bicicletta. Non esagerare con l'attività personale al pc, soprattutto dalle 23 in poi. Spesso basta questo per rimettere il riposo a posto».


Come evitare gli incubi

Una delle caratteristiche peculiari dell’insonnia da pandemia è il moltiplicarsi degli incubi. Che però si possono evitare
Non stare svegli fino a tardi
Perché concentra la fase onirica, quella Rem, e quindi facilita la comparsa dei sogni, in questo periodo più brutti e più frequenti dell’era pre-Covid.
Niente alcolici
Un bicchiere di troppo a cena apparentemente concilia il sonno ma incide sulla sua qualità. Se poi aggiungiamo il superalcolico inibiamo la fase Rem, spostandola verso la mattina e dando luogo agli incubi.
Stop al cellulare 
È proprio la luce particolare dei telefonini a sopprimere la produzione di melatonina. «Non importa quello che leggiamo: anche un libro rilassante con la luce del telefono “sveglia”», spiega il professor Plazzi.


Come usare correttamente la melatonina

La melatonina è il principale propulsore del sonno, ma va usata in modo adeguato. Ecco i consigli del professor Plazzi

Quantità: la dose giusta come integratore è 1 mg. Il farmaco prescritto dal medico è di 1 mg per i bambini e 2 mg per gli adulti.
Formulazione: in teoria meglio il retard, ma per essere sicuri esiste una melatonina farmacologica a lento rilascio che mima la sua produzione naturale durante il sonno.
Quando assumerla: circa 20 minuti prima di coricarsi. E non più tardi delle 23, massimo a mezzanotte.
Altre sostanze: la valeriana e la camomilla sono buoni rilassanti, e possono accompagnare la melatonina. Occhio all’iperico, che agisce sulla serotonina: in dosi eccessive disturba l’umore, soprattutto negli anziani.



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Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbene in edicola e nella app dal 18 maggio 2021



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