Menopausa indotta: sintomi, rischi, come affrontarla
La menopausa indotta (iatrogena) da chirurgia, chemioterapia o terapie ormonali, provoca cambiamenti fisici ed emotivi più marcati della menopausa naturale, richiedendo interventi mirati, rimedi non farmacologici e supporto psicologico per proteggere la salute e il benessere quotidiano

Una donna nel pieno della vita, con progetti, lavoro e desideri ancora da realizzare, può trovarsi improvvisamente a fronteggiare un cambiamento inatteso nel proprio corpo. Non si tratta della menopausa naturale, lenta e graduale, ma di una forma iatrogena, indotta: una sospensione improvvisa della funzione ovarica causata da interventi medici, chirurgici o terapie farmacologiche.
«La menopausa iatrogena non avviene in maniera spontanea: viene indotta intenzionalmente o si manifesta come effetto collaterale di trattamenti che interrompono bruscamente la produzione di ormoni femminili», spiega la dottoressa Roberta Mombelli, ginecologa del Servizio di Ginecologia all’IRCCS Policlinico San Donato.
A differenza della menopausa fisiologica, che permette al corpo di adattarsi gradualmente alla riduzione degli estrogeni, quella iatrogena sopraggiunge all’improvviso, con sintomi spesso più intensi e un impatto immediato sulla vita quotidiana: vampate di calore, insonnia, sbalzi d'umore e una percezione del corpo profondamente mutata.
Che derivi da una scelta preventiva per ridurre il rischio di tumori, da un intervento chirurgico o da terapie oncologiche, questa condizione rappresenta una vera rivoluzione nella vita di chi la vive, influenzando non solo il corpo, ma anche il senso di sé, la salute e l’equilibrio quotidiano.
Perché si chiama menopausa iatrogena
La menopausa è una fase naturale della vita di una donna, che segna la fine della fertilità e del ciclo mestruale, definita come l’assenza di mestruazioni per 12 mesi consecutivi. In genere si manifesta tra i 45 e i 55 anni, con un’età media intorno ai 50-52 anni. «La menopausa naturale deriva dal graduale declino della funzione ovarica, con una progressiva riduzione di estrogeni e progesterone, ormoni fondamentali per il ciclo e la fertilità, alla base dei cambiamenti fisici ed emotivi che molte donne sperimentano», indica Mombelli.
In alcuni casi, però, la menopausa non segue questo percorso graduale, ma si manifesta in modo “forzato” a causa di interventi medici, chirurgici o terapie farmacologiche: si parla allora di menopausa iatrogena. Il termine deriva dal greco “iatros” (medico) e “genos” (generato) e indica una sospensione improvvisa della funzione ovarica provocata dall’azione del medico, con effetti immediati e spesso più intensi rispetto alla menopausa naturale.
Menopausa indotta, quali trattamenti e farmaci
La menopausa iatrogena può insorgere quando la funzione ovarica viene interrotta bruscamente sia attraverso la rimozione chirurgica delle ovaie sia per effetto di trattamenti medici come radioterapia, chemioterapia o ormonoterapia.
«La chirurgia ovarica può essere necessaria in caso di patologie benigne gravi, come un'endometriosi resistente alle terapie, per motivi oncologici o come misura preventiva nelle donne portatrici di mutazioni genetiche ad alto rischio», illustra la ginecologa. «In particolare, nelle pazienti con mutazioni BRCA1 o BRCA2, l’asportazione profilattica delle ovaie è raccomandata per ridurre significativamente il rischio di tumore ovarico, con interventi consigliati tra i 35 e i 40 anni per BRCA1 e tra i 40 e i 45 anni per BRCA2, riducendo fino al 96% il rischio di sviluppare la malattia».
La chemioterapia può provocare menopausa iatrogena danneggiando direttamente le ovaie: i farmaci possono distruggere le cellule follicolari o compromettere la funzione ovarica ormonale, un effetto che si riscontra in trattamenti per leucemie, linfomi di Hodgkin e carcinomi mammari. «Allo stesso modo, la radioterapia, soprattutto se ad alte dosi e localizzata nella pelvi, può danneggiare permanentemente le ovaie e determinare menopausa precoce», aggiunge Mombelli.
Anche l’ormonoterapia, utilizzata nei tumori ormono-dipendenti come il carcinoma mammario, può indurre menopausa iatrogena. «Questi trattamenti agiscono bloccando l’attività ovarica e riducendo l’azione degli estrogeni, stimolatori della crescita tumorale», indica l’esperta. «La terapia viene generalmente avviata dopo l’intervento chirurgico e, se necessario, dopo radioterapia o chemioterapia, con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidive e migliorare la sopravvivenza. La scelta del farmaco e la durata del trattamento dipendono dallo stato menopausale della paziente e dalle caratteristiche del tumore».
I farmaci impiegati nell’ormonoterapia includono antiestrogeni come il tamoxifene, che bloccano l’azione degli estrogeni sulle cellule tumorali, inibitori dell’aromatasi come anastrozolo, letrozolo ed exemestano, che riducono la produzione di estrogeni nel corpo, analoghi dell’LH-RH che sopprimono la produzione ovarica di estrogeni nelle donne più giovani, e infine i SERD, farmaci di nuova generazione che degradano il recettore degli estrogeni, utilizzati anche nei tumori metastatici.
Menopausa iatrogena: a volte è reversibile
La menopausa iatrogena causata dall’asportazione chirurgica delle ovaie è definitiva, perché le ovaie non sono più presenti e la funzione ovarica non può riprendere. Diversamente, la menopausa indotta dalla chemioterapia può essere temporanea, se le ovaie non hanno subito danni permanenti: in questo caso, al termine del trattamento, la funzione ovarica può riprendersi e le mestruazioni possono tornare.
«L’entità del danno dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di farmaci impiegati, la dose, la durata della terapia e l’età della donna al momento del trattamento», precisa Mombelli. «Nelle pazienti più giovani è frequente una ripresa parziale o completa della funzione ovarica, mentre nelle donne sopra i 40 anni la menopausa diventa permanente nel 95% dei casi».
Anche la radioterapia pelvica può provocare menopausa temporanea o permanente, a seconda dell’età e dell’intensità del trattamento: nelle donne giovani può trattarsi di un blocco transitorio, mentre dosi elevate o terapie aggressive tendono a causare danni irreversibili.
La menopausa indotta dall’ormonoterapia, ad esempio nel trattamento del tumore della mammella, può invece essere reversibile, soprattutto nelle donne ancora in età fertile, perché la terapia agisce bloccando temporaneamente l’attività ovarica senza determinare una sospensione definitiva della funzione.
Gli esami utili per capise se è menopausa
Quando si sospetta l’inizio della menopausa, alcuni esami del sangue possono fornire indicazioni preziose, perché misurano ormoni chiave della funzione ovarica. Tra questi l’FSH, prodotto dalla ghiandola ipofisi, tende ad aumentare notevolmente man mano che le ovaie rallentano la loro attività, perché il corpo cerca di “stimolarle” a funzionare. Un valore elevato di FSH è quindi spesso un segnale che la menopausa è iniziata.
«Anche l’LH, un altro ormone ipofisario, aumenta durante la menopausa, sebbene in misura minore rispetto all’FSH, confermando il progressivo calo della funzione ovarica», illustra Mombelli. «L’estradiolo, principale estrogeno prodotto dalle ovaie, diminuisce significativamente, rappresentando un indicatore chiave del ridotto funzionamento ovarico».
Un altro parametro utile è l’ormone anti-Mulleriano (AMH), che riflette il numero di follicoli residui nelle ovaie e può aiutare a prevedere l’arrivo della menopausa. Valori molto bassi di AMH, generalmente sotto 0,1-0,2 ng/ml, indicano che la riserva ovarica è quasi esaurita e che la menopausa è vicina o già iniziata.
Le differenze rispetto alla menopausa naturale
I sintomi della menopausa iatrogena sono simili a quelli della menopausa naturale, ma nella forma indotta possono comparire all’improvviso e risultare più intensi. «Nella menopausa naturale, il calo di estrogeni e progesterone avviene lentamente nel corso di diversi anni, permettendo al corpo di adattarsi gradualmente», tratteggia Mombelli. «Quando invece la menopausa è provocata da interventi chirurgici o trattamenti medici, il cambiamento ormonale è repentino e l’organismo si trova a dover affrontare all’improvviso una condizione per cui non è preparato».
La radioterapia al piccolo bacino, ad esempio, può causare sintomi vaginali più marcati rispetto alla menopausa naturale, perché danneggia direttamente i tessuti vulvari e vaginali, amplificando gli effetti della carenza di estrogeni. «L’interruzione improvvisa della funzione ovarica, come avviene con la rimozione chirurgica delle ovaie, ha conseguenze più gravi: aumenta il rischio di mortalità generale, tumore al colon-retto, malattie cardiovascolari, ictus e problemi cognitivi rispetto alle donne che mantengono le ovaie», sottolinea la ginecologa.
Le donne con tumori ormono-sensibili affrontano una sfida ulteriore, perché devono seguire terapie antiestrogeniche prolungate, spesso per 5-10 anni dopo interventi chirurgici, chemioterapia o radioterapia, gestendo contemporaneamente gli effetti della menopausa indotta e i trattamenti oncologici.
Menopausa indotta, gli effetti su salute e umore
La menopausa indotta può avere un impatto profondo sulla vita quotidiana e sul benessere emotivo. A differenza della menopausa naturale, in cui i cambiamenti ormonali avvengono lentamente, nella forma indotta il calo degli estrogeni è improvviso, senza permettere al corpo di adattarsi gradualmente. Questo provoca sintomi fisici più intensi, che possono interferire con le attività di tutti i giorni, e sintomi emotivi come sbalzi d’umore, irritabilità, ansia, tristezza e difficoltà di concentrazione.
«Se non adeguatamente supportata dal punto di vista medico e psicologico, la menopausa indotta può compromettere la qualità della vita, influire sui rapporti personali e sulla percezione di sé, aumentando il rischio di depressione», avverte l’esperta.
Anche gli effetti a lungo termine sulla salute sono significativi. La riduzione degli estrogeni accelera la perdita di massa ossea, aumentando il rischio di osteoporosi e fratture. Sul piano cardiovascolare, la menopausa precoce comporta la perdita della protezione degli estrogeni su cuore e vasi sanguigni, raddoppiando il rischio di malattie come infarto, ictus e scompenso cardiaco. Questo rischio aumenta nelle donne che entrano in menopausa prima dei 40-45 anni, con una mortalità cardiaca più elevata rispetto a chi attraversa la menopausa naturalmente in età più avanzata. Spesso si osservano alterazioni del profilo lipidico, con aumento del colesterolo “cattivo” (LDL) e riduzione di quello “buono” (HDL), peggiorando il rischio aterosclerotico.
«Il calo degli estrogeni influisce anche sul metabolismo, favorendo l’accumulo di grasso viscerale nella zona addominale, metabolicamente attivo, che contribuisce all’infiammazione e alla resistenza all’insulina, aumentando il rischio di diabete di tipo 2 e sindrome metabolica», rimarca Mombelli. «Infine, la menopausa precoce può avere effetti sul cervello: le donne che la vivono prima del previsto hanno maggiori probabilità di sviluppare difficoltà cognitive nel tempo, con problemi di memoria, orientamento e ragionamento, determinando un calo più evidente delle capacità mentali rispetto a chi attraversa questa fase in età più avanzata».
Cosa fare in caso di menopausa indotta
Per la menopausa indotta, soprattutto se precoce, la terapia ormonale sostitutiva (TOS) rappresenta uno strumento fondamentale per alleviare i sintomi intensi e proteggere la salute a lungo termine. È indicata principalmente nelle donne che sperimentano vampate di calore, sudorazioni notturne, disturbi del sonno, irritabilità, secchezza vaginale, dolore durante i rapporti o dolori articolari, tutti fattori che compromettono significativamente la qualità della vita.
«La TOS è particolarmente raccomandata nelle donne che entrano in menopausa prima dei 45 anni, perché contribuisce a ridurre il rischio di osteoporosi, malattie cardiovascolari e disturbi cognitivi», racconta l’esperta. «Non tutte le donne possono assumere la terapia ormonale: è controindicata in chi ha avuto tumori ormono-dipendenti, come quelli della mammella, dell’utero o delle ovaie. Per questo motivo, prima di iniziare la TOS è fondamentale una valutazione ginecologica approfondita, che permetta di bilanciare benefici e possibili rischi in base alle caratteristiche individuali».
La terapia può essere formulata con soli estrogeni o con estrogeni combinati a progestinici. L’uso di soli estrogeni è riservato alle donne che hanno subito isterectomia, mentre nelle donne con utero la combinazione con progestinico protegge dall’iperplasia endometriale e dal rischio di cancro dell’utero. La durata della terapia di solito si mantiene fino all’età in cui la menopausa si verifica naturalmente, intorno ai 50 anni, oppure finché i benefici superano i rischi.
«Negli ultimi anni sono state introdotte terapie innovative che combinano estrogeni con modulatore selettivo del recettore degli estrogeni, come il bazedoxifene», dice Mombelli. «Questo approccio blocca l’azione proliferativa degli estrogeni sull’endometrio e esercita un effetto protettivo sul tessuto mammario, riducendo potenzialmente il rischio oncologico rispetto alle terapie tradizionali estro-progestiniche».
Accanto alla terapia sistemica, la terapia locale con estriolo o prasterone offre sollievo mirato per i disturbi della sindrome genito-urinaria, come secchezza vaginale, irritazione, dolore durante i rapporti, incontinenza o cistiti frequenti. L’estriolo, considerato un “ormone amico”, viene assorbito in quantità minime e raramente causa effetti collaterali, risultando sicuro anche per donne che non possono assumere estrogeni sistemici.
Dopo l’asportazione delle ovaie, la produzione di testosterone diminuisce, influenzando desiderio sessuale, lubrificazione e piacere durante i rapporti. In questi casi, può essere utile un cerotto a base di testosterone bioidentico, applicato sulla pelle due volte alla settimana. Gli effetti non sono immediati: di solito si avverte un miglioramento dopo 4-6 settimane, con benefici massimi intorno ai tre mesi.
Menopausa iatrogena, i rimedi naturali e non ormonali
Recentemente in Italia è stato approvato un nuovo farmaco non ormonale che rappresenta un’importante novità nel trattamento delle vampate di calore e delle sudorazioni notturne legate alla menopausa. «Si chiama Fezolinetant e agisce direttamente sulle cellule nervose responsabili dell’innalzamento improvviso della temperatura corporea, modulandone l’attività», espone Mombelli. «Uno dei principali vantaggi rispetto alla terapia ormonale è il profilo di sicurezza favorevole, che lo rende utilizzabile anche da donne con controindicazioni agli estrogeni, come chi ha avuto tumori ormono-dipendenti o problemi cardiovascolari».
Un altro trattamento non ormonale approvato è l’Ospemifene, indicato per le donne che soffrono di secchezza vaginale e dolore durante i rapporti, disturbi tipici della sindrome genito-urinaria. Questo farmaco orale appartiene alla classe dei modulatori selettivi dei recettori estrogenici (SERM) e agisce stimolando i recettori estrogenici nei tessuti vaginali e vulvari, migliorando lubrificazione, elasticità e riducendo dolore e bruciore, mentre blocca l’azione degli estrogeni in mammella e utero, proteggendo questi organi dal rischio di tumori.
L’effetto massimo si raggiunge in circa tre mesi e persiste solo continuando il trattamento. «L’Ospemifene è l’unico farmaco orale approvato per questa indicazione anche nelle donne con pregressi tumori mammari che hanno completato le cure ormonali», indica l’esperta.
Accanto ai farmaci, esistono numerosi rimedi naturali utili a migliorare il benessere quotidiano e a convivere positivamente con i sintomi della menopausa. Tra questi, l’estratto di polline si è dimostrato sicuro ed efficace anche nelle donne che non possono assumere ormoni, come chi è in trattamento con tamoxifene per il cancro al seno. Grazie a una tecnologia brevettata, l’estratto garantisce purezza, biodisponibilità e assenza di allergeni, stimolando il rilascio di serotonina, l’ormone del benessere, il cui deficit è legato a vampate di calore, ansia, irritabilità, stanchezza e insonnia.
Per i disturbi genito-urinari, chi preferisce evitare farmaci o non può assumerli può trovare sollievo con ovuli, creme e gel arricchiti con acido ialuronico, vitamina E e polinucleotidi. Questi prodotti contribuiscono a ridurre la secchezza, a migliorare la salute della mucosa e a diminuire il disagio durante i rapporti, garantendo comfort e benessere.
Le strategie pratiche
Affrontare la menopausa, soprattutto quando indotta, richiede un approccio globale che integri stile di vita, cura del corpo e supporto emotivo. Una dieta equilibrata, ricca di calcio, vitamina D, proteine magre, fibre e acidi grassi omega-3, e con l’inserimento di fitoestrogeni naturali presenti in soia, legumi, frutta secca, cereali integrali e ortaggi come broccoli e cavoli, aiuta a proteggere ossa, cuore e metabolismo, riducendo il grasso viscerale e stabilizzando la glicemia. È altrettanto importante limitare sale, alcol, caffeina, grassi saturi e cibi piccanti, che possono peggiorare i sintomi.
«L’attività fisica, combinando esercizi aerobici come camminata veloce, nuoto o ciclismo a esercizi di resistenza e allenamenti mirati alla forza muscolare, contribuisce a preservare massa ossea e muscolare, migliorare l’equilibrio, la coordinazione e ridurre il rischio di cadute», suggerisce Mombelli. «Tecniche di rilassamento come yoga, pilates, respirazione profonda e meditazione aiutano a gestire stress, ansia e irritabilità, favorendo il sonno e il benessere emotivo».
Anche piccoli accorgimenti quotidiani, come vestire abiti a strati leggeri, dormire in ambienti freschi e traspiranti, mantenere orari regolari e gestire la temperatura corporea, possono attenuare vampate e sudorazioni notturne. Inoltre, coltivare un atteggiamento positivo e considerare la menopausa come una fase naturale della vita, sviluppando un sano equilibrio tra cura di sé e degli altri, contribuisce a gestire meglio questa transizione.
«Infine, il supporto psicologico individuale o di gruppo può rivelarsi fondamentale», conclude Mombelli. «Condividere esperienze con altre donne, confrontarsi e ricevere guida professionale aiuta a comprendere e accettare i cambiamenti, migliorando il benessere emotivo, la qualità della vita e la capacità di affrontare con serenità questa nuova fase della vita».
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