Scompenso cardiaco o cuore stanco: i sintomi, le cause, cosa fare subito

Improvvisamente la solita camminata o il piano di scale diventano un’impresa. Il primo pensiero va alla stanchezza. Ma se si tratta di scompenso cardiaco non è così. E il tempo diventa cruciale



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Mancanza di respiro, stanchezza, nausea e mancanza d'appetito, dolore toracico o sensazione di oppressione, palpitazioni, gonfiore delle gambe e della zona addominale, tosse e respiro sibilante, aumento di peso improvviso: sono questi i più comuni sintomi dello scompenso cardiaco, termine tecnico che indica il più popolare “cuore stanco”.

Il problema sta proprio nella scarsa specificità e nella varietà delle sensazioni che il muscolo cardiaco “affaticato” può dare, perché questo ritarda la diagnosi corretta e quindi una cura tempestiva. «È un problema attuale e rilevante, visto che si stima ne soffra circa un milione di italiani e che risulta essere la prima causa di ricovero dopo i 65 anni e, purtroppo, anche la prima causa di morte tra le patologie cardiovascolari», precisa il professor Matteo Montorfano, primario dell’Unità operativa di Cardiologia Interventistica ed Emodinamica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Un tempo corretto di reazione alla malattia, ancora una volta, salva la vita. In presenza di sintomi, questa condizione va sospettata anche sotto i sessant’anni, visto che non è raro che persone al di fuori della terza età inizino ad avere le prime manifestazioni dello scompenso cardiaco.


Tutto inizia con un rampa di scale o la rituale passeggiata

Il primo sintomo, il più diffuso e riconoscibile, è la mancanza di respiro. «Lo proviamo facendo le solite scale di casa o una camminata abituale, qualcosa insomma che fa parte delle nostre abitudini e che di colpo non va più via liscio come l’olio», spiega il professor Montorfano.

«Il problema è la reazione a questo prezioso segnale: invece di insospettirci al punto da richiedere un consiglio del proprio medico, rallentiamo. Facciamo meno sforzo, in modo che il sintomo respiratorio si attenui o scompaia: prendo l’ascensore e il gioco è fatto. Il giretto vicino a casa lo faccio più breve ed è tutto dimenticato. Peccato che, limitando i nostri sforzi, lo scompenso avanzi silenziosamente, ma inesorabilmente».

Anche la stanchezza è un altro sintomo potenzialmente rivelatore, soprattutto se l’attività che la provoca oggi non la scatenava ieri. Ma si sa, sentirsi stanchi per molti può essere una condizione quasi “naturale” e con mille colpevoli, dal segnale della fine di una lunga giornata allo stress che connota almeno parte della nostra vita.


Destra o sinistra? Il “partito” cambia la diagnosi

Il cuore è costituito da due pompe: quella destra, che immette sangue nel polmone per ossigenarlo e farlo tornare nel muscolo cardiaco, e quella sinistra che veicola il sangue ossigenato a tutto l’organismo. «Uno scompenso che riguarda il cuore destro porta a un accumulo di liquidi e quindi alla presenza di gonfiore delle caviglie, le cosiddette “gambe pesanti”», spiega il nostro esperto.

«Lo scompenso sinistro, invece, è più frequente, ed è responsabile soprattutto della stanchezza e della mancanza di respiro, dovuta a un accumulo di liquidi nei polmoni. Aggiungo che un problema di sinistra trascurato farà disfunzionare anche l’altra parte. È quindi la forma più grave: in questi casi se si ha un’età al di sopra dei 65 anni si cerca di gestire la malattia con i farmaci; nei più giovani si può decidere persino di candidare il paziente al trapianto di cuore».


Si presenta all’improvviso se ti sembra di soffocare

Ma il cuore che nel tempo si è “stancato” può dare segni repentini e acuti, ben diversi dal semplice fiato corto. «In certi casi la sensazione è così forte che sembra di affogare, e questo può rappresentare il primo evento che poi porta a una serie di indagini e alla scoperta appunto dello scompenso», racconta il professore.

«Le cause sono molteplici: una valvola cardiaca disfunzionante, che perde o si è ristretta, può sfiancare alla lunga il muscolo cardiaco. Ma anche un infarto pregresso può portare a questo evento, perché la cicatrice che si è formata sulla parete del cuore non la fa contrarre a dovere; il cuore, allora, progressivamente si dilata, si sfianca e non pompa più bene. Anche una crisi ipertensiva può dare questi sintomi: ecco perché è fondamentale diagnosticare l’ipertensione ai suoi esordi e tenerla poi bene sotto controllo. In tutti questi casi è possibile che i liquidi si accumulino nei polmoni acutamente, provocando un edema polmonare che richiede un accesso tempestivo in Pronto Soccorso».

Secondo la Società italiana dell’ipertensione arteriosa il problema colpisce in Italia in media il 33% degli uomini e il 31% delle donne, mentre il 19% degli uomini e il 14% delle donne sono in una condizione di rischio: è un bacino potenziale notevole anche per lo scompenso cardiaco.


Le regole di prevenzione sono le stesse che difendono dall’infarto

Tutti i fattori di rischio del più temuto degli eventi cardiovascolari, l’infarto, sono gli stessi che portano al progressivo indebolimento del muscolo più importante del nostro organismo.

«Chi segue una dieta sbagliata o carente di alcuni elementi salutari (vedi box a fianco) ed è in grave sovrappeso o addirittura obeso è di certo a maggior rischio», sottolinea il professor Montorfano. «Di sicuro avere un colesterolo alto può comportare la formazione di placche all’interno dei vasi coronarici e ciò può causare un ridotto apporto di nutrimento al cuore durante lo sforzo».

L’altra forma di prevenzione è monitorare la propria attività fisica: qualsiasi cambiamento nell’efficienza della nostra pedalata, passeggiata o sport preferito, se tende a ripresentarsi ogni volta e prima non c’era, deve portarci a fare una visita cardiologica, soprattutto se non l’abbiamo mai fatta o non la facciamo da anni. Non fermarsi al “faccio sempre meno, sto invecchiando”.

«È il momento di fare degli accertamenti», spiega lo specialista. «Prima di tutto gli esami del sangue, perché certi valori sono davvero rivelatori: per esempio se si è anemici, è ovvio che l’ossigeno non verrà trasportato al meglio nel sangue. In secondo luogo è importante eseguire accertamenti diagnostici quali un elettrocardiogramma a riposo (ECG), anche per vedere se il nostro cuore non abbia subito danni passati o per escludere che sia presente un’aritmia in atto. E poi un test da sforzo, fino a raggiungere la frequenza cardiaca massima e rivelatrice (120 meno l’età), per valutare come si comporta il cuore sotto “stress” e per escludere una cardiopatia ischemica. Per vedere, invece, la morfologia del cuore, le sue valvole e lo stato delle pareti occorre eseguire un ecocardiogramma. Bastano questi tre esami non invasivi per capire da cosa nascono la mancanza di respiro o la stanchezza: i primi due li consiglio comunque se ci sono fattori di rischio già a 50 anni».


La terapia è sempre “su misura” e parte dalla causa

Abbiamo visto quante siano le possibili cause del “cuore stanco”: da queste dipenderà la scelta della terapia. «Se è una valvola disfunzionante va cambiata con una nuova che si può impiantare anche per via percutanea, passando cioè attraverso i vasi femorali con una puntura inguinale, quindi senza praticare tagli toracici e con una sicurezza maggiore soprattutto per i pazienti più anziani», spiega il professore.

Se invece lo scompenso origina da una malattia delle coronarie, attraverso un’angioplastica (la dilatazione dell’arteria con un palloncino e l’impianto di uno stent, una specie di gabbietta metallica che la mantiene aperta) si ripristina il normale flusso sanguigno. Il cuore allora può migliorare la sua funzione contrattile.

«Se lo scompenso, invece, è in fase iniziale o non ha una causa diretta reversibile, c’è la terapia farmacologica che si basa su medicinali quali i diuretici, gli Aceinibitori o sartani e i betabloccanti. Insomma, abbiamo un ventaglio di cure che possono migliorare in modo significativo la funzione cardiaca. Gli effetti del buon esito della terapia si vedono sia clinicamente con la regressione dei sintomi, sia all’ecocardiogramma (un ventricolo molto dilatato può rimodellarsi ritornando alle dimensioni normali e recuperare la sua funzione).


Il test del Bnp e la nuova generazione di farmaci per lo scompenso cardiaco

La prima novità è un esame del sangue, il pro-Bnp. «Serve a confermare la presenza o meno dello scompenso, ma anche a darne un livello di gravità, e a misurare anche i benefici della terapia», spiega il cardiologo. «E poi c’è una nuova generazione di farmaci: hanno una specifica indicazione per i malati di scompenso cardiaco, perché sono in grado di alleggerire lo sforzo che il cuore fa per pompare sangue, migliorando la sua performance. Sono i derivati più recenti dei sartani».


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