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Incontinenza urinaria: le nuove soluzioni

Per dire addio alle piccole perdite involontarie oggi puoi ricorrere a metodi mininvasivi. Scopri quali sono

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Se fai parte di quel 17% di donne in menopausa che si ritrovano a fare i conti con l'incontinenza urinaria, piccole perdite involontarie, ogni volta che ridono, starnutiscono o sollevano una valigia, probabilmente ti prescriveranno uno dei farmaci antimuscarinici, indicati per combattere la “sindrome da vescica iperattiva”.

Sappi, però, che non sono mutuabili e che vanno presi tutti i giorni, con il rischio di sovraccaricare fegato e reni (specie se assumi già altri farmaci) e di incorrere in poco simpatici effetti collaterali: sonnolenza, mal di testa, secchezza della bocca, nausea e stipsi.

Prima di diventare schiava della tua pillola quotidiana, quindi, prova a vagliare altri metodi mininvasivi mirati a rinforzare in modo naturale i muscoli del perineo che danno sostegno all’uretra  (il canalino che trasporta l’urina) e alla vescica. Ecco i più efficaci.


La terapia transdermica mirata

Farmateb (farmaforesi trans epidermal barrier) è un metodo innovativo per combattere l'incontinenza urinaria. Permette di diffondere i principi attivi alla profondità necessaria (fino a 12 cm) direttamente nella zona interessata: l’apparato genito-urinario. «Così si aumenta l’efficacia delle sostanze veicolate, che agiscono in modo localizzato dove serve, senza interessare altri organi o tessuti come avviene con una terapia sistemica per bocca», premette il dottor Fabrizio Locatelli, specialista in uroginecologia a Mirandola (Modena).

«In caso di prolasso iniziale della parete anteriore della vagina che, scivolando in avanti, “trascina” con sé l’uretra e la vescica, si esegue una specie di “iniezione virtuale” senza aghi ma a opera di due piccoli manipoli a rullo: uno endovaginale e l’altro esterno, per lavorare nell’ area uretrale.

Entrambi emettono microcorrenti diverse per frequenza, ampiezza, forma e impulso, che consentono di superare la barriera epidermica e trasportare gli attivi in profondità». 

Che cosa si veicola, sotto forma di un gel molto fluido? Sostanze rigeneranti come il collagene e l’acido ialuronico, vascolarizzanti come il gingko biloba, il ginseng e il picnogenolo, aminoacidi ramificati (beta alanina) che ristrutturano i tessuti, la polidatina derivata dalla pianta della Sophora Japonica (un antiossidante 50 volte più potente del resveratrolo) e la capsaicina del peperoncino che ha un’azione antinfiammatoria e tonificante.

«In caso di incontinenza grave, per alterazione funzionale del muscolo dello sfintere uretrale, si possono diffondere anche gli antimuscarinici». Si consiglia un ciclo di 6 sedute (50 € l’una).


La tossina botulinica per ringiovanire la vescica

L’ipercontrattilità vescicale si cura efficacemente anche con microdosi di tossina botulinica. Il suo compito? Ridurre gli impulsi nervosi al detrusore, il muscoletto interno alla vescica che, contraendosi, le consente di svuotarsi.

«In menopausa la vescica diventa sclerotica, perdendo via via elasticità», spiega il professor Giuseppe Sito, specialista in urologia e chirurgia plastica a Napoli, Torino e Milano e vicepresidente Aiteb (Associazione italiana terapia estetica botulino).

«Di conseguenza, non dilatandosi più come una volta, appena si riempie un po’ si contrae e parte lo stimolo a urinare. La tossina botulinica, che viene iniettata in anestesia locale o leggera sedazione
generale con l’ausilio di un cistoscopio (strumento ottico che consente di visualizzare bene la vescica), blocca la trasmissione alle placche neuromuscolari.

Di conseguenza la vescica si distende, riacquistando elasticità e capienza. In un un certo senso, “ringiovanisce” perché le pareti perdono rigidità e ritrovano il tono precedente all’avvento della menopausa».

Le infiltrazioni di botulino possono essere eseguite in day-hospital, anche in convenzione con il Ssn  nei centri urologici all’avanguardia. «L’effetto di queste microiniezioni, che richiedono 20 minuti, comincia a manifestarsi dopo 6-7 giorni e ha una durata variabile da uno a due anni», precisa il professor Sito. «Dopodiché, si può ripetere il trattamento senza alcuna controindicazione».


La radiofrequenza quadripolare per rassodare il perineo

Eva è il nome dell’apparecchio che utilizza un manipolo endovaginale per rassodare tessuti e muscoli perineali attraverso una nuovissima tecnologia: la radiofrequenza quadripolare dinamica.

«Il campo elettromagnetico creato dalle onde radio, emesse da 4 elettrodi che “dialogano” costantemente tra loro, consente quella cessione di calore necessaria a denaturare le vecchie fibre elastiche e a stimolare la sintesi di nuovo collagene, elastina e acido ialuronico, il miglior idratante naturale», spiega il dottor Francesco Deltetto, responsabile della ginecologia dell’Ospedale San Camillo di Trento.

«La temperatura controllata (massimo 42 °C) aumenta lo spessore delle pareti dell’uretra, che con la menopausa diventa sottile e anelastica. Tornando a essere “robusta”, diviene più resistente allo stimolo della minzione».

Non solo. Seduta dopo seduta (una ogni 15 giorni, per un ciclo di 4 applicazioni che costano 100 € l’una), si ricompattano anche le pareti vaginali, la zona peiuretrale e i muscoli del pavimento pelvico, che danno sostegno alla vescica.

Un recente studio, condotto su 30 donne e pubblicato sulla rivista scientifica Minerva ginecologica, dimostra che Eva migliora il trofismo di tutto l’apparato genito-urinario nell’87% dei casi, constrastando efficacemente il problema dell’incontinenza urinaria lieve e moderata


Il “pace-maker” per le forme più serie

Per l’ “incontinenza da urgenza” grave, caratterizzata dall’impossbilità di trattenere lo stimolo impellente, se le comuni terapie (farmacologiche e non) non hanno successo, oggi si ricorre alla “neuromodulazione sacrale”.

«Consiste nell’applicare un piccolo pace-maker sottocute, in anestesia spinale, in grado di agire sulle radici sacrali», spiega il dottor Francesco Deltetto, ginecologo. «Rilasciando una sequenza programmata di impulsi elettrici, blocca gli stimoli nervosi inappropriati (quelli che fanno fare spesso pipì) riuscendo a regolare il meccanismo di “riempimento/svuotamento”».

Il controllo della minzione è affidato a un piccolo telecomando a distanza, che il paziente porta sempre con sé.


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 Articolo pubblicato sul n. 26 di Starbene in edicola dal 13/06/2017



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