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Sensibilità al glutine e celiachia: quali sono le differenze

Diversa dalla celiachia, la gluten sensitivity scatena una lunga serie di disturbi. Mettiamo a fuoco le differenze tra i due disturbi con l’aiuto del nostro specialista che risponde ai dubbi più comuni

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È stata considerata a lungo un disturbo senza riscontri precisi, una sorta di malattia immaginaria da liquidare tra i disturbi intestinali generici. Poi, studi alla mano, a partire dal 2010 la sensibilità al glutine (o gluten sensitivity) è stata riconosciuta come un problema clinico che riguarda una fetta consistente della popolazione: almeno il 6% degli italiani, soprattutto donne, ha reazioni al grano che sono simili, ma non del tutto uguali, a quelle della celiachia.

Purtroppo però c’è ancora molta confusione su questa forma di intolleranza. Per far chiarezza abbiamo rivolto tutti i dubbi più comuni al dottor Herbert Rainer, specialista in gastroenterologia ed endoscopia digestiva a Tradate (Varese).


Dottor Rainer, che differenza c’è tra celiachia e sensibilità al glutine?

«In entrambi i casi la causa scatenate è il glutine, un complesso proteico presente in alcuni cereali, primo fra tutti il frumento, contenuto anche in farro, kamut, orzo, segale e avena. In caso di celiachia la sua ingestione attiva il sistema immunitario, che aggredisce i villi intestinali come fossero dei nemici, sino a distruggerli. La sensibilità, invece, non innesca la formazione di autoanticorpi che hanno come bersaglio l’intestino. Alla sua base c’è un assorbimento anomalo della gliadina, una delle proteine del glutine che l’intestino non riesce a degradare correttamente. Colpa di un deficit degli enzimi deputati a rompere i legami fra i diversi aminoacidi della catena proteica, oppure di un’alterata permeabilità delle pareti intestinali che, essendo porose, perdono la loro funzione di barriera e rimangono preda di processi infiammatori. Sensibilità e celiachia sono due problemi ben distinti, tanto che non ci sono rischi che la prima possa evolvere con il tempo nella malattia autoimmune, a meno che non ci sia una predisposizione genetica alla celiachia».


Quindi la sensibilità non è una forma di allergia al grano?

«Esatto: in chi è “solo” sensibile, l’ingestione del glutine non provoca la formazione di anticorpi specifici (le IgE) e la liberazione dei classici mediatori dell’allergia, tipo leucotrieni e istamina, come capita a chi è allergico al grano. Inoltre, i sintomi della sensibilità non si manifestano subito dopo avere consumato le farine “proibite”, ma dopo qualche ora, o anche dopo diverso tempo. I frammenti indigeriti del glutine diventano materia prima per i processi fermentativi messi in opera dalla flora batterica, determinando così una maggior produzione di gas, di metaboliti acidi o di acidi grassi che mandano in tilt il benessere e le funzioni dell’intestino».


I disturbi riguardano solo l’intestino?

«No. Accanto a spasmi, piccoli fastidi addominali, meteorismo, diarrea e stipsi, che sono sicuramente i sintomi più frequenti, la sensibilità può provocare anche cefalea, stanchezza, mente annebbiata e dolori articolari. Se il glutine non viene ben metabolizzato e assorbito, entra nel circolo sanguigno, stimolando il sistema immunitario che innesca dei processi infiammatori di cui sono bersaglio anche organi e funzioni extraintestinali».


Una dieta ricca di glutine può favorire la sensibilità?

«Certamente, ma è altrettanto facile che la gluten sensitivity si faccia strada se la nostra alimentazione è sempre sbilanciata o all’insegna degli eccessi calorici. La quota di nutrienti non assorbita o non degradata correttamente, infatti, aumenta in maniera considerevole, mettendo di conseguenza sotto stress, o addirittura mandando in tilt, i sistemi enzimatici intestinali. E allora, anche piccole quote di glutine, possono causare problemi».


Un’anemia da carenza di ferro può essere una conseguenza dell’ipersensibilità?

«Sì: se si è sensibili al glutine l’intestino ha problemi di alterata funzionalità enzimatica, o addirittura di malassorbimento. Di conseguenza, anche il microbiota che lo colonizza non è perfettamente equilibrato e perde la sua capacità di proteggere l’organo della digestione e di mantenerne attive le funzioni. Può dunque succedere che l’intestino non riesca ad assorbire a sufficienza il prezioso minerale presente negli alimenti e che l’organismo ne vada a corto, con tutti i problemi che ne derivano: stanchezza, fiato corto al minimo sforzo e pallore».


C’è un test in grado di rivelare se si è sensibili?

«Sì, ma prima è necessario escludere la celiachia. Per questo occorre effettuare un esame del sangue per la ricerca di anticorpi specifici, soprattutto la transglutaminasi-IgA, la cui presenza depone per la malattia autoimmune. La presenza di anticorpi antigliadina IgG, diretti contro una proteina del glutine, invece, può già orientare verso una sensibilizzazione, ma per averne maggior certezza conviene fare un ulteriore prelievo per la ricerca delle IgG4 contro il glutine, ovvero di immunoglobuline che l’organismo produce per difendersi da un alimento non perfettamente digerito. La presenza di questi marcatori è una spia più attendibile, ma purtroppo non assoluta, di una gluten sensitivity».


Quali sono le cure da seguire?

«Occorre eliminare il glutine dalla dieta per almeno quattro settimane. Poi, sotto la supervisione del medico, vengono valutati i benefici e si può decidere se reintrodurlo o meno. Perché a differenza della celiachia la sensibilità è spesso reversibile, ma le farine proibite non vanno rimesse in tavola prima di avere spento totalmente l’infiammazione della mucosa intestinale. Inoltre, il loro consumo deve essere moderato o addirittura ridotto a 1-2 porzioni la settimana. In alcuni casi, invece, l’esclusione dei cereali mal tollerati è permanente perché, quando vengono reintrodotti, scatenano nuovamente i classici disturbi legati alla sensibilità. In commercio esiste d’altra parte una ricca gamma di alimenti gluten free che si possono consumare in sicurezza. Oppure, ci si può orientare su cereali alternativi (come mais, riso, grano saraceno, miglio), o su alcune leguminose come la soia, la quinoa e l’amaranto».


L’integratore specifico

Oggi c’è un aiuto in più per chi è sensibile al glutine (ma anche per chi soffre di celiachia) e teme, soprattutto mangiando fuori casa, di assumere involontariamente la proteina incriminata. È un integratore a base di un mix di Tolerase® G, un enzima specifico in grado di degradare la gliadina a livello gastrico e intestinale, e di estratto di carvi, pianta nota fin dall’antichità per le sue proprietà antispastiche e digestive.

L’integratore, clinicamente testato, resiste agli acidi dello stomaco e va assunto prima del pasto (1 o 2 compresse a seconda dell’intensità dei disturbi correlati al glutine). Oltre a facilitare la digestione delle farine proibite, migliora la funzionalità dell’apparato digerente, regolando la motilità intestinale e la produzione di gas.


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Articolo pubblicato sul n. 5 di Starbene in edicola dal 14 gennaio 2019

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