Infezione urinaria

Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano una delle più comuni patologie infettive dell’uomo, seconda per frequenza solo alle infezioni delle vie respiratorie; più precisamente, con questa espressione si indica un processo infiammatorio che interessa in modo parziale o completo il tratto urinario (uretra, vescica, prostata, ureteri, reni) ed è causata da batteri, funghi o, […]



Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano una delle più comuni patologie infettive dell’uomo, seconda per frequenza solo alle infezioni delle vie respiratorie; più precisamente, con questa espressione si indica un processo infiammatorio che interessa in modo parziale o completo il tratto urinario (uretra, vescica, prostata, ureteri, reni) ed è causata da batteri, funghi o, eccezionalmente, da virus.

A seconda della sede prevalentemente interessata l’infezione prende nomi diversi: si parla allora di cistite, uretrite, prostatite e pielonefrite.


Soggetti a rischio

La maggiore frequenza di IVU si riscontra nelle donne in età fertile e negli uomini sopra i 50 anni di età. Nel primo caso va tenuto in considerazione il fatto che l’uretra femminile è più breve (circa 4 cm) e prossima a siti ad alta probabilità di contaminazione (vagina e ano). Gli uomini, invece, presentano più frequentemente patologie di tipo ostruttivo legate all’ipertrofia della prostata, che determina un ostacolo al deflusso urinario; in generale, tuttavia, nel maschio tale patologia è più rara e associata ad anomalie anatomiche o funzionali dell’apparato urinario.


Agenti causali

Sono costituiti prevalentemente da batteri (nel 75-85% dei casi da Escherichia coli), più raramente da funghi (Candida), eccezionalmente da virus.

Questi microrganismi possono raggiungere le vie urinarie per lo più
per via ascendente (penetrazione dall’esterno dall’uretra sino ai reni), in secondo luogo per via discendente (dal sangue, in corso di infezione sistemica, attraverso i reni e poi verso la vescica).


Definizione, segni e sintomi

Sono differenti a seconda della sede interessata.

Cistite acuta Il termine cistite (dal grecoκυστιξ, vescica) è stato a lungo usato in maniera impro +pria e così ha finito per screditarsi; la definizione più corretta sarebbe infatti sindrome uretrale acuta, intendendosi per tale la disuria acuta e le minzioni frequenti in pazienti le cui urine siano sterili o con carica batterica non significativa.

In realtà la cistite, intesa come espressione localizzata di un’infezione urinaria ascendente che non si sia diffusa al tratto urinario superiore, seppure molto limitata, esiste certamente: consiste nell’infezione della vescica e si manifesta con bruciore e/o dolore a urinare (stranguria), minzioni frequenti (pollachiuria) con sensazione di svuotamento incompleto della vescica, emissione di urine maleodoranti e torbide (piuria), in qualche caso macroematuria (sangue nelle urine color “lavatura di carne”), raramente febbre.

Uretrite acuta Infezione dell’uretra, si manifesta con sintomi simili alla cistite, ma in teoria non coinvolge la vescica; di solito la trasmissione si verifica per via sessuale.

Prostatite acuta Consiste nell’in-
fezione della ghiandola prostatica dell’uomo e frequentemente si accompagna a una cistite acuta; i sintomi sono anche in questo caso simili a quelli della cistite.

Prostatite cronica Più silente della prostatite acuta, si può presentare con febbricola e infezioni ricorrenti delle vie urinarie.

Pielonefrite acuta Consiste nell’infezione delle alte vie urinarie (pelvi urinaria e rene); si presenta con una compromissione clinica talora anche severa a causa del possibile stato setticemico (infezione sistemica). I sintomi più frequenti sono costituiti da febbre con brividi scuotenti, dolore lombare o dorsale, urine maleodoranti, associati o meno ai segni clinici di una cistite; occasionalmente, come complicanza, si può osservare lo sviluppo di un ascesso renale.

Pielonefrite complicata Si manifesta in pazienti con fattori predisponenti anatomo-funzionali (reflusso vescicoureterale, calcolosi urinaria, vescica ipocontrattile per ragioni neurolo-giche, malformazioni, trapianto renale, diabete mellito, gravidanza) o dopo manovre mediche invasive (cateterismo vescicale, procedure endoscopiche).

Pielonefrite cronica Spesso rappresenta l’esito di pielonefriti acute ricorrenti, frequentemente consegue a un reflusso vescicoureterale o ad altre cause predisponenti.


Diagnosi

La diagnosi basata sui sintomi clinici deve essere avvalorata da dati di laboratorio e/o strumentali. La semplice disuria (difficoltà a urinare) può infatti essere correlata anche ad altre condizioni cliniche, per esempio la vaginite nella donna; inoltre spesso una sintomatologia compatibile con un’infezione delle basse vie urinarie (vescica, uretra) non esclude il coinvolgimento renale (presente in circa il 30% dei casi). Di seguito vengono elencati gli esami da eseguire per le diverse infezioni urinarie fin qui presentate, da effettuare in base alla sintomatologia avvertita dal paziente e per escludere l’eventualità di un’altra infezione (diagnosi differenziale).

Cistite

  • Sintomatologia: disuria, stranguria, pollachiuria, frequentemente macroematuria, urine torbide e maleodoranti.
  • Indagini di laboratorio e strumentali: l’esame delle urine rivela leucocituria (presenza di globuli bianchi nelle urine) e l’urocoltura conferma la presenza di batteri o funghi in carica significativa (più di 100.000 batteri per millilitro); una carica batterica non significativa associata a una sintomatologia clinica attiva non esclude un’IVU; tra i batteri più frequentemente coinvolti ci sono Escherichia coli (circa l’80% dei casi), Proteus vulgaris e Pseudomonas aeruginosa (specialmente nei pazienti ospedalizzati), tra i funghi varie specie di Candida.
  • Diagnosi differenziale: vaginite, uretrite, prostatite nell’uomo.

Uretrite

  • Sintomatologia: disuria, pollachiuria, stranguria; nella donna spesso si associa a vaginite; nell’uomo si può osservare lo scolo purulento.
  • Indagini di laboratorio e strumentali: l’esame delle urine non è particolarmente significativo e può rivelare una modesta leucocituria; l’urocoltura (ricerca dei batteri in carica significativa) è negativa, mentre il tampone uretrale è spesso positivo; i microrganismi più frequentemente in causa sono Neisseria gonorrheae (responsabile dell’uretrite gonococcica), Chlamydia trachomatis o Ureaplasma urealyticum (responsabile dell’uretrite non specifica e non gonococcica).
  • Diagnosi differenziale: vaginite, cistite.

Prostatite

  • Sintomatologia: disuria, stranguria, pollachiuria; se vi è batteriemia (spesso determinata da cateterismo vescicale o da massaggio prostatico) possono essere presenti sintomi sistemici come febbre elevata associata a brividi.
  • Indagini di laboratorio e strumentali: l’esame delle urine rivela leucocituria e talora macroematuria; l’urocoltura può risultare positiva per l’agente patogeno in causa che proviene dalla prostata e non dalla vescica, anche se quest’ultima frequentemente è interessata da una cistite; nelle forme croniche è necessario effettuare il massaggio prostatico per ottenere il secreto da cui isolare il microrganismo responsabile; in quest’ultima condizione la radiografia diretta dell’addome può rivelare calcificazioni prostatiche; l’ecografia prostatica transrettale può documentare modeste alterazioni non dirimenti per la diagnosi.
  • Diagnosi differenziale: cistite; talora (in presenza di stato settico) è associata a pielonefrite.

Pielonefrite acuta

Pielonefrite cronica

  • Sintomatologia: subdola, con febbre spesso di natura indeterminata, associata o meno a vaghi disturbi minzionali.
  • Indagini di laboratorio e strumentali: l’esame delle urine rivela spesso, anomalie urinarie isolate (leucocituria, microematuria e/o proteinuria di modica entità); l’urocoltura è spesso, ma non sempre, positiva (talora le positività si associano a una scarsa espressività clinica); gli esami ematochimici possono risultare nella norma; l’ecotomografia renale può evidenziare cicatrici sul profilo renale e/o dilatazioni dei calici o della pelvi urinaria che sono meglio visualizzabili con l’urografia (oggi sostituita dalla TC con pose urografiche); la TC (con mezzo di contrasto) o la RMN renale consentono di evidenziare con maggior precisione l’alterazione morfologica del parenchima renale e delle vie urinarie; frequentemente una cistografia minzionale documenta la presenza di un reflusso vescico-ureterale (passaggio di urina tra la vescica e l’uretere a causa dell’incontinenza della valvola uretero-vescicale) che può essere all’origine della patologia.
  • Diagnosi differenziale: tubercolosi genito-urinaria, talora con neoplasie renali.


Terapia

L’obiettivo terapeutico consiste nell’eradicazione dell’infezione urinaria, che talora non è possibile raggiungere esclusivamente con i farmaci: in caso di fattori anatomici o patologici predisponenti (malformazioni, reflusso vescico-ureterale, calcolosi, ipertrofia prostatica ecc.) può infatti essere necessario il ricorso a opzioni chirurgiche.

Cistite acuta Idratazione per via orale associata a terapia antibiotica ad ampio spettro (trimetoprim sulfametossazolo o fluorochinolonico di terza generazione) in attesa del risultato dell’urocoltura. In base all’antibiogramma dovrà essere scelto il farmaco più efficace e meno rischioso; nella cistite non complicata sono generalmente sufficienti cicli antibiotici di 3 giorni (anche in monodose); questa strategia terapeutica non va adottata in caso di cistiti recidivanti e/o di coinvolgimento del tratto urinario superiore.

Uretrite Terapia antibiotica ad ampio spettro (trimetoprim sulfametossazolo, fluorochinolonico o tetraciclina), quindi terapia mirata sulla base di eventuali isolamenti colturali; un ciclo antibiotico di 3-7 giorni è generalmente sufficiente per ottenere la risoluzione del quadro clinico.

Pielonefrite acuta Spesso è necessario il ricovero ospedaliero o una terapia antibiotica parenterale (almeno nella fase iniziale) con farmaco ad ampio spettro (cefalosporina di terza generazione, fluorochinolonico, carbapenemico) da adeguare successivamente sulla base del microrganismo isolato dalle indagini colturali; la durata della terapia è variabile a seconda dell’entità del danno renale evidenziabile dalle indagini strumentali (TC e/o RMN) e varia approssimativamente dalle 2 alle 4 settimane; talora e specialmente in caso di ascesso renale è necessario ripetere l’indagine strumentale per decidere se protrarre o meno la terapia; in caso di stato settico è spesso necessario attuare una politerapia antibiotica.

Infezioni urinarie recidivanti Spesso determinate da fattori predisponenti che, se possibile, dovrebbero essere bonificati chirurgicamente, le recidive di IVU sintomatiche vanno trattate con un ciclo antibiotico della durata di almeno due settimane che può essere esteso anche sino a 6-12 mesi in caso di recidiva ulteriore; farmaci a base di mirtillo hanno la proprietà di ridurre l’adesività batterica alle cellule che compongono le pareti delle vie urinarie e, negli ultimi anni, sono stati resi disponibili numerosi prodotti contenenti tale sostanza; in caso di IVU asintomatica, in assenza di condizioni favorenti, ci si può astenere dalla terapia; in caso di IVU in corso di gravidanza i farmaci maggiormente studiati e associati a minor rischio teratogeno sono l’amoxicillina e il ceftriaxone.

[A.M., M.Q., U.M.]