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Vitamina D: i vantaggi per la salute

Indispensabile per le ossa, protegge anche il cuore e gioca un ruolo fondamentale in tante altre funzioni dell’organismo

Foto: iStock




Quasi il 60% degli adulti (e addirittura l’80% degli anziani) ha una carenza di vitamina D. Lo dicono i dati allarmanti della Fondazione internazionale di osteoporosi e della Società italiana osteoporosi. Ma la questione non riguarda solo la resistenza alle fratture, collegata al fatto che questa sostanza è indispensabile per fissare il calcio nelle ossa.

Gli studi più recenti hanno infatti chiarito che i benefici per l’organismo sono diversi e spesso inaspettati, con la vitamina D che va ad agire a 360 gradi sulla nostra salute. Ecco tutto quello che devi sapere per farne la scorta giusta a favore di tante funzioni dell'organismo.


Robustezza delle ossa a parte, a che cosa serve la vitamina D?
«Le ricerche hanno dimostrato che, oltre a essere un potente stimolatore del sistema immunitario, la vitamina D protegge il cuore, riducendo il rischio di sviluppare aterosclerosi e ipertensione», risponde la dottoressa Carmen Madio, biologa nutrizionista a Milano.

«Uno studio italiano, uscito su Medicine, e una ricerca condotta dall’Harvard Medical School di Boston (Usa), pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, hanno messo in evidenza che nelle persone con livelli normali di vitamina D l’incidenza dell’infarto è più bassa e che, al contrario, l’80% dei pazienti colpiti da eventi cardiovascolari ha un deficit più o meno importante.

Inoltre, questa vitamina è efficace per prevenire il diabete, perché regola la produzione di insulina, ormone da cui dipende il controllo del livello di zuccheri nel sangue». Non è tutto: «La vitamina D è di supporto nelle terapie per le malattie reumatiche autoimmuni, come l’artrite reumatoide, dal momento che riduce la produzione di autoanticorpi e delle citochine infiammatorie.

Stando ai dati di un autorevole studio della Emory University School of Medicine di Atlanta (Usa), inoltre, potrebbe perfino difenderci da patologie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, oltre a essere efficace nella prevenzione e nella cura di alcune neoplasie, poiché riesce a indurre la morte delle cellule malate.

Infine, è fondamentale per lo sviluppo dei muscoli e per contrastare la riduzione della massa magra tipica della terza età, e aiuta a tenere in equilibrio il microbiota intestinale, impedendo la crescita dei cosiddetti batteri “accumulatori” da cui può dipendere, tra l’altro, l’aumento di peso».


La vitamina D è utile anche per la cura dell’infertilità?
La conferma arriva da un’indagine dell’Australian fertility centre: un terzo degli uomini che non riesce ad avere figli soffre di carenza di vitamina D. «Questa sostanza migliora la qualità degli spermatozoi, ne aumenta il numero e ne favorisce la motilità. Naturalmente accade se non sono presenti patologie concomitanti che ostacolino la fecondazione, come per esempio il varicocele», chiarisce la dottoressa Madio.

La vitamina D può inoltre essere efficace anche nei casi di infertilità da stress. Numerosi studi, tra cui una ricerca dell’Università di Edimburgo (Gb), hanno infatti chiarito che stimola la sintesi di serotonina, il neurotrasmettitore del buonumore, e riduce la secrezione di cortisolo, l’ormone dello stress.


Ma è vero che esiste più di un tipo di vitamina D?
«L’espressione vitamina D indica, in effetti, un gruppo di cinque sostanze differenti (D1, D2, D3, D4 e D5), tutte liposolubili: vengono assorbite dall’organismo grazie alla presenza di grassi. Di queste, sono due quelle considerate importanti per la salute del nostro organismo: la D2, detta anche ergocalciferolo, che è presente nei vegetali; e la D3, o colecalciferolo, di cui sono ricchi alcuni alimenti di origine animale e che il corpo è anche in grado di produrre da sé (a livello della pelle) durante l’esposizione alla luce solare», puntualizza l’esperta.


Perché viene spesso considerata come un pro-ormone?
«La vitamina D è un precursore di alcuni ormoni e, nell’organismo, si comporta come tale: un messaggero chimico che regola il metabolismo del calcio», chiarisce l’esperta.

«Come accennato, viene sintetizzata partendo dal cibo o grazie all’azione dei raggi ultravioletti. Ma per diventare biologicamente attiva (e garantirci tutti i suoi benefici) la vitamina D deve essere “trasformata” (“idrossilata” è il termine scientifico) prima dal fegato e poi dai reni».


Di quanta vitamina D abbiamo bisogno?
La “dose” stabilita dai Larn, i Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana, e dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, varia a seconda dell’età: «Servono ogni giorno 10 microgrammi (mcg) pari a 400 Unità Internazionali (UI) fino agli 11 mesi di vita; 15 mcg (600 UI) nei bambini e negli adulti sani, incluse le donne in gravidanza e in allattamento; e 20 mcg (800 UI) dopo i 75 anni.

Negli anziani il fabbisogno è superiore perché il metabolismo osseo rallenta e, quindi, occorre evitare che lo scheletro si impoverisca di calcio, migliorandone il più possibile l’assorbimento grazie appunto alla presenza di vitamina D. Si prevede che nel 2020 l’osteoporosi sarà la terza malattia, per incidenza, dopo le patologie cardiovascolari e i tumori», avverte la dottoressa Madio.


Quali sono le principali cause della carenza?
«A tutte le età il deficit può dipendere da un’esposizione solare non sufficiente, dallo scarso apporto attraverso l’alimentazione, dal malassorbimento intestinale dovuto, per esempio, a un’intolleranza, dalla presenza di disturbi renali o epatici che ne impediscano la sintesi, dall’obesità (si è visto che le persone in grave sovrappeso hanno pochissima vitamina D) o dall’assunzione di alcuni farmaci, in particolare corticosteroidi e antiepilettici».


Qual è la fonte principale di vitamina D?
«Senz’altro la luce del sole. Infatti, circa l’80% del fabbisogno viene sintetizzato attraverso la pelle: ecco perché stare all’aria aperta è importante, anche se oggi passiamo la maggior parte del tempo in ufficio, in casa o in palestra.

Anche le accese campagne sui pericoli dell’esposizione ai raggi ultravioletti hanno la loro responsabilità: hanno infatti favorito l’uso su larga scala di creme protettive a schermo totale, che hanno il vantaggio di aiutare a prevenire i tumori della pelle, ma lo svantaggio di inibire la sintesi di vitamina D. Se questi prodotti sono consigliabili e indispensabili nei bambini molto piccoli (e per tutti in estate nelle ore centrali della giornata), è invece consigliato prevedere delle “finestre” di esposizione sicura, al mattino presto e nelle ore a ridosso del tramonto, con filtri bassi o senza protezione, per permettere alla vitamina D di essere prodotta e accumularsi nell’organismo», raccomanda l’esperta.

«Per produrre la quantità di vitamina D necessaria, all’organismo sono sufficienti 15 minuti di esposizione quotidiana, mentre ai fototipi scuri serve qualche minuto in più, perché la pelle scura ne sintetizza di meno. Cerca poi di esporre al sole la maggior parte possibile del tuo corpo, perché più cmq di pelle vengono raggiunti dai raggi ultravioletti, più vitamina D produce il tuo corpo».


Quali sono i cibi da preferire per assumerla anche con la dieta?
Gli alimenti naturalmente ricchi di vitamina D non sono molti e contribuiscono solo per il 20% a coprire il fabbisogno. Quelli che ne contengono di più sono di origine animale: «Innanzitutto l’olio di fegato di merluzzo, poi il pesce e la carne, infine, sebbene in quantità inferiori, il tuorlo d’uovo e lo yogurt.

Nei vegetali, fatta eccezione per i funghi, che ne contengono parecchia (2,6 microgrammi pari a 104 UI in ogni etto), è pressoché assente: tracce trascurabili ci sono nelle verdure a foglia verde e nei semi di girasole.

Da non dimenticare, infine, che gli acidi grassi monoinsaturi, come quelli dell’olio extravergine d’oliva, ne migliorano l’assorbimento (la vitamina D, come detto all’inizio, è liposolubile)», afferma la dottoressa Madio.


Quando servono gli integratori?
«Dipende, come sempre, dallo stile di vita (in particolare dal tempo passato all’aria aperta) e dal menu», conclude la nutrizionista. Ma visto l’elevato numero di persone che hanno una carenza (in particolare dopo i 50 anni) è meglio rivolgersi al proprio medico: sarà lui a prescrivere un semplice esame per il dosaggio della vitamina e a suggerire, se necessario, un’integrazione.


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Articolo pubblicato sul n° 22 di Starbene in edicola dal 16 maggio 2017

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