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Mal di schiena che non passa: cosa fare, sintomi e cure

Mille esami, visite, massaggi. E poi medicine, che danno sempre e solo sollievo temporaneo. Un grande esperto spiega come sconfiggere il mal di schiena che non passa

Foto: iStock



Da qualche mese, appena sveglia, ti alzi e sei rigida come la nonna. Solo che tu non hai ancora quarant’anni, e lei 80. Inoltre, la parte bassa della schiena ti fa vedere spesso le stelle, e riposare non basta. Anzi. Così comincia la giornata di tante persone affette dal mal di schiena infiammatorio, quello che caratterizza molte spondiloartriti assiali (ovvero le forme di artrite che possono colpire la colonna vertebrale) e che la differenzia, per gravità e terapia, dai mal di schiena meccanici, quelli più comuni e legati a problemi di legamenti, dischi e muscoli. Confonderla con questi ultimi significa non sbarazzarsene e, alla lunga, rischiare di arrivare al “blocco” della colonna come nel caso della spondilite anchilosante. Ci aiuta, in questo compito importante di chiarificazione Carlo Selmi, responsabile dell'UO di reumatologia e immunologia clinica di Humanitas e docente di Humanitas University.


Professor Selmi, quali sono i sintomi di questo tipo di mal di schiena?

Il mal di schiena di origine infiammatoria parte con una rigidità mattutina, che migliora gradualmente con il movimento o l'esercizio fisico. Il dolore è intermittente e a livello della fascia posta all'altezza dei glutei (nella zona delle articolazioni sacroiliache), dura per tre mesi o più e si ripresenta, nonostante l'uso degli antinfiammatori o antidolorifici. I sintomi peggiorano con il riposo, sono più fastidiosi al risveglio e durante la notte, costringendo chi ne soffre ad alzarsi più volte e a incorrere presto in disturbi del sonno. Inoltre, colpisce persone giovani, spesso sotto i quarant'anni.


Quindi quella caratteristica rigidità mattutina non è “colpa dell’età”?

Fare fatica ad allacciarsi le scarpe appena svegli è normale. Il “motore” deve scaldarsi per tutti, dopo essere stati stesi a letto per ore: sfido chiunque, appena sveglio, ad aprire senza alcuna difficoltà una caffettiera un po’ troppo avvitata o una bottiglietta d'acqua. Ma la rigidità “normale d’avviamento” deve durare al massimo il tempo di una doccia: se quella della colonna si prolunga per più di mezz’ora, fino a raggiungere diverse ore, è legittimo verificare che non si tratti di spondiloartrite.


Perché è importante distinguerlo subito dagli altri tipi di lombalgia?

Il mal di schiena infiammatorio è diffuso e dura parecchio: minimo tre mesi e spesso, se non curato adeguatamente, cronicizza, fino a impedire ogni piegamento. Invece, quello di tipo meccanico, che provano tutti almeno una volta all’anno, è il tipico dolore di fine giornata che passa dopo il riposo (mentre quello infiammatorio migliora con l’esercizio e peggiora quando si dorme a lungo). Il mal di schiena infiammatorio non passa e soprattutto non sparisce: ha un processo di peggioramento lento, insidioso, dura anni ma è inarrestabile, se non si provvede con la terapia giusta. In più colpisce i giovani, mentre il mal di schiena tradizionale prima dei quarant'anni si fa vedere poco. Purtroppo, per arrivare a una diagnosi corretta spesso si impiega troppo tempo e si prova veramente di tutto senza successo, mentre bisognerebbe andare dal reumatologo al più presto e, soprattutto, se ci si riconosce in alcuni dei sintomi che ho descritto.


Come mai non si pensa subito a una visita reumatologica?

Perché chi soffre di questo tipo di mal di schiena è giovane, e pensa che i “dolori da reumatologo” siano roba da terza età, da artrosi o simili. Ma pure i medici non sono tutti in grado di indirizzare subito allo specialista giusto, anche perché il mal di schiena è una tipologia enorme, che è difficile differenziare. Così, in genere, si perde tempo con gli antidolorifici da banco (che possono funzionare temporaneamente, ma non risolvono le spondiliti) e, se si è sfortunati, inizia un pellegrinaggio molto lungo fra tentativi, esami e visite varie. Per questo sono importanti le campagne di sensibilizzazione, per i pazienti ma anche per i medici.


Perché è importante curarsi correttamente al più presto?

Queste sono delle malattie infiammatorie croniche che progrediscono, fino ad arrivare appunto a quella che noi chiamiamo “colonna a canna di bambù”, ma che fortunatamente vediamo molto di rado con le terapie odierne. Col trascorrere degli anni, si formano dei ponti ossei fra le vertebre che portano a una struttura unica che non permette più la flessibilità. È come se venisse saldata la colonna vertebrale.


Come si cura questo tipo specifico di mal di schiena?

I trattamenti sono di due tipi: con gli antinfiammatori non steroidei (come i comuni diclofenac, ibuprofene, nimesulide) oppure con i farmaci biologici, cioè quelli che derivano o sono ottenuti per mezzo di organismi viventi o microorganismi. Questi ultimi sono farmaci all'avanguardia (inibiscono certi fattori infiammatori, come le citochine), spesso somministrabili con iniezioni sottocutanee o endovenose ma, a differenza di quello che si può comunemente pensare, non vengono prescritti ai casi più gravi: al contrario, sono efficaci anche in quelli dove la malattia è iniziata da poco, ma non risponde ai comuni antinfiammatori o lo fa al prezzo di doverne usare troppi. Non dimentichiamoci che in queste patologie l'abuso dei medicinali oggi è un grave problema: penso anche al cortisone spesso usato come fai-da-te, in modo prolungato e a dosi importanti soprattutto nei più giovani, mentre non dovrebbe essere utilizzato nelle spondiloartriti.


Che risultati si riescono a ottenere con le terapie?

Si riesce a spegnere l’infiammazione, e quindi a prevenire la progressione della malattia verso un blocco della colonna sempre invalidante e doloroso. Però non basta prendere gli antinfiammatori al bisogno o per un po’. La terapia va tagliata su misura del tipo di spondilite potendo utilizzare anche i farmaci più tecnologici, quelli che hanno come bersagli mediatori dell'infiammazione come il Tnf alfa o l’interleuchina 17. Il primo è un bersaglio anche nel caso dell'artrite reumatoide, mentre l’interleuchina 17 è la novità specifica per le spondiloartriti. L’accesso a queste terapie non è possibile attraverso il medico di base ma ha bisogno di uno specialista come il reumatologo.


Ci sono esami particolari da fare in questi casi?

L'esame che aiuta di più è un test genetico, HLA-B27. Se uno degli antigeni HLA avuti dalla mamma e dal papà è il B27, si ha un maggiore rischio di sviluppare una spondilite, soprattutto quella anchilosante. In otto persone su 100 si trova la variante B27 ma, per fortuna, ciò non significa che si svilupperà la versione più grave della patologia. Anche per questo, il test si fa quando si ha già il sospetto dell'esistenza di questa malattia e non come screening di massa.


Fare esercizio fisico aiuta?

Mantenere nel tempo la flessibilità della colonna e il peso sotto controllo sono due elementi cardine della gestione di questi mal di schiena infiammatori, a tutti i livelli della malattia. Va però preferita l’attività fisica a basso impatto sulla colonna vertebrale, quindi la corsa non è ideale, come il tennis o la pallavolo. Si può invece camminare, anzi si deve! Però il nuoto è ottimo, perché ha un basso impatto e rinforza la colonna. Attenzione: chi accusa mal di schiena dopo aver fatto attività soffre probabilmente del tipo meccanico, non infiammatorio.


AUTOTEST: dedica 2 minuti e rispondi a queste domande 

1. Soffri di dal di schiena costante da più di 3 mesi?

2. Ti svegli durante la notte a causa del mal di schiena?

3  Hai mal di schiena dopo aver riposato?

4. Il tuo dolore si è sviluppato gradualmente nel tempo?

5. Hai notato un cambiamento della tua mobilità da più di 3 mesi?

6. Hai avuto episodi ricorrenti di rigidità mattutina per più di 30 minuti?

7.  I tuoi sintomi migliorano con l’esercizio fisico ma dopo ritornano?

8. I tuoi primi sintomi sono comparsi prima dei 45 anni?

9. Il tuo mal di schiena migliora con l’uso di antinfiammatori?


Se hai 3 o più di questi sintomi rivolgiti al tuo medico: potrebbe suggerirti una visita con un reumatologo (fonte: saichelasa.it)


GUARDATI DAL MAL DI SCHIENA DA INCUBO

È partita la campagna di sensibilizzazione “Mal di schiena da incubo” firmata Novartis, con il patrocinio delle associazioni dei pazienti (sono Anmar, Apmarr, Amrer e ONDA). L’obiettivo è sensibilizzare la popolazione sul problema delle spondiloartriti, i mal di schiena di tipo infiammatorio che vedono, ancora oggi, ritardi nelle diagnosi. In questo senso, chi soffre di un mal di schiena che non passa, può trovare tutte le informazioni in merito sul sito Saichelasa.it. Inoltre, visto che l’esercizio fisico in questi casi è parte della cura, nell’area “Programma da Incubo” del sito, si trovano dei videoesercizi per il mal di schiena proposti da Sara Compagni, chinesiologa specializzata in posturologia e terapia manuale, fondatrice di Posturadapaura.com.




GLI ESERCIZI PER UN BUON RISVEGLIO

Mal di schiena mattutino? Fai questi esercizi del Programma da Incubo studiati da Postura da Paura:

Si parte da distese a letto

Inizialmente fai movimenti piccoli che poi, piano piano, amplierai. Estendi le braccia sopra la testa, come se volessi prendere qualcosa lontano da te sopra il capo, per poi riportare le braccia lungo il corpo. Fai 5-10 ripetizioni.

Distesa, gambe piegate

Braccia aperte a croce sul letto, scendi prima col ginocchio destro verso la superficie del letto. Se riesci, piano piano, porta la coscia a toccare il materasso. Sempre 5-10 ripetizioni per gamba (finché il movimento è più fluido).

Ginocchia al petto

Sempre dalla posizione di partenza, porta le ginocchia verso il petto aiutandoti  con le mani e tirandole verso  di te. 5-10 ripetizioni per gamba senza forzare.

Gambe giù dal letto

Fatti gli esercizi precedenti, girati di fianco lentamente e, aiutandoti con le mani, siediti sul letto. Prima di appoggiare i piedi a terra mobilizzali, facendo su e giù con le punte e poi ruotando la caviglia. 5-10 ripetizioni per piede.

Piegati avanti e indietro

Ora, sempre da seduta, piega lentamente il busto avanti verso le ginocchia (attaccati pure con le mani) e torna in posizione eretta. La testa guarda il soffitto in verticale, non in diagonale, cioè troppo all'indietro. Fallo 3 volte.


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Articolo pubblicato sul n. 7 di Starbene in edicola e nella app dal 15 giugno 2021

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