hero image

Grassi saturi, non sono tutti uguali: che cosa dicono gli ultimi studi

Uno studio olandese mette in guardia da quelli “a catena lunga”. Questo non significa che vanno banditi dall’alimentazione. Leggi qui

iStock



I grassi saturi non sono tutti uguali. Lo sostiene, dati alla mano, un nuovo studio della Utrecht University pubblicato sull’International Journal of Cardiology. I ricercatori hanno visto che il consumo di quelli a catena lunga (come il palmitico e lo stearico, presenti principalmente nelle carni rosse e nei latticini) è spesso collegato con un aumentato rischio di infarto, a differenza di altri (tipo il butirrico, presente soprattutto nei latticini), che non sembrano avere alcuna influenza diretta sulla salute del cuore e delle arterie. Ma lo studio non deve indurre a bandire intere categorie di alimenti. Vediamo perché.


Solo i più buoni si sciolgono

«I grassi saturi possono avere un numero di atomi di carbonio variabile da 4 a 24. Ognuno di questi atomi è legato ad altri 2 di idrogeno in modo da formare una struttura molto stabile, solida, resistente all’azione sia dei radicali liberi sia delle temperature elevate», spiega il professor Benvenuto Cestaro, biochimico e per anni direttore della Scuola di specializzazione in scienza dell’alimentazione dell’Università Statale di Milano. «Più la catena è lunga, più il grasso è “stabile” e tende a depositarsi sulle pareti dei vasi sanguigni. Più è corta, più si scioglie nell’acqua presente nel sangue e quindi non si accumula nelle arterie».


Anche i peggiori fanno del bene

Ma anche i più temibili grassi a catena lunga possono risultare meno cattivi di quello che sembrano. Prendiamo per esempio lo stearico. «Una volta introdotto nell’organismo, viene in buona parte trasformato nel fegato in acido oleico (quello tipico dell’olio di oliva), che innesca una riduzione del colesterolo cattivo e totale, lasciando invariata la frazione buona (o Hdl)», spiega la dottoressa Diana Scatozza, medico specialista in scienza dell’alimentazione e in farmacologia a Milano.

«Persino l’acido palmitico, che promuove la crescita delle placche aterosclerotiche, ha un’azione positiva: abbassa la colesterolemia. Non va poi dimenticato che tutti i grassi saturi favoriscono l’utilizzo della vitamina D e, di conseguenza, il deposito di calcio nelle ossa. E danno solidità alle membrane cellulari, che sono costituite da proteine e lipidi».


Tutto dipende dalle dosi

L’importante, come sempre, non è eliminare in toto una categoria di nutrienti (e i cibi che li contengono), ma evitare di abusarne. «La dose di grassi consigliata per una persona normopeso è di circa 50-60 grammi al giorno», afferma il professor Cestaro.

«Di questi un terzo al massimo deve essere rappresentato da quelli saturi, un terzo dai monoinsaturi e un terzo dai polinsaturi». Gli alimenti di origine animale, più ricchi di lipidi “cattivi”, non vanno demonizzati. «Semplicemente, occorre portarli in tavola con moderazione, e senza ansie, sapendo che un consumo eccessivo può attentare al nostro benessere», conclude la dottoressa Diana Scatozza.


Mix diversi, alimento per alimento

Un cibo può contenere 10 e più tipi di acidi grassi. I tre grandi gruppi (saturi, monoinsaturi e polinsaturi) comprendono lipidi differenti per numero di atomi di carbonio. Se vuoi scoprire il profilo lipidico esatto delle uova, del latte o di un filetto di manzo puoi consultare le Tabelle di composizione degli alimenti che trovi nel sito del Centro di Ricerca alimenti e nutrizione.

Fai la tua domanda ai nostri esperti

Articolo pubblicato nel n° 9 di Starbene in edicola dal 12 febbraio 2019

Leggi anche

Colesterolo: via libera ai formaggi grassi

Grassi saturi: dove si nascondono

Tante fibre e pochi grassi? Mangia così

Olio, guida ai grassi vegetali