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Paralisi del sonno: cos’è, le cause, le soluzioni

La paralisi del sonno è un disturbo del sonno: il soggetto è sveglio ma non riesce a muoversi e a parlare. Ecco perché accade e le soluzioni al momento e nel lungo periodo

Foto: iStock



Chi l'ha provata riferisce sensazioni da incubo. È la paralisi del sonnonota anche come paralisi ipnagogicastrano (e inquietante) fenomeno che avviene di notte, mentre si sta dormendo, e che è diventato di scottante attualità. Pare, infatti, che la paralisi del sonno sia uno dei sintomi associati alla variante Omicron, nell’infezione da Covid-19.

Di che cosa si tratta? E come fronteggiare a testa alta questo disturbo del sonno che, se frequente, rischia di peggiorare la qualità della vita? 


Paralisi del sonno: la paralisi muscolare

«Il principale sintomo della paralisi del sonno è l’impossibilità di muoversi e di parlare», spiega il professor Fabio Cirignotta, neurologo, docente all’Alma Mater-Università di Bologna. «Il soggetto è sveglio, vorrebbe alzarsi, muovere la testa, le braccia, le mani o le gambe ma avverte la muscolatura completamente irrigidita e paralizzata, al punto che non riesce a proferire parola. È come se il sistema muscolo-scheletrico andasse in blocco, se i muscoli non rispondessero più ai comandi del cervello. Una brutta sensazione che genera ansia, paura o terrore e che si accompagna spesso a senso di oppressione al petto e alla gola, tachicardia e difficoltà respiratorie.

A volte possono comparire delle vertigini o delle vere e proprie allucinazioni visive: chi ne è colpito avverte la presenza di una o più persone nella stanza e, non potendo reagire, si sente ancora più oppresso dalla situazione».

Va però detto che in  alcuni casi, piuttosto rari, le paralisi del sonno si associano a sensazioni tutt’altro che spiacevoli. A volte, chi si sveglia ed è impossibilitato a muoversi, non va in ansia ma si sente calmo, rilassato, pacificato con sé stesso e con il mondo (gli inglesi definiscono questo stato “bliss”, beatitudine).


Paralisi del sonno, tutta colpa dello stress

I neurologi che hanno indagato il fenomeno delle paralisi transitorie, hanno visto che si verificano più frequentemente in una precisa fase del sonno: quella che segna il passaggio dall’addormentamento allo stato di veglia. Più precisamente, si ha uno sfasamento tra la cosiddetta fase Rem del sonno (quella in cui si sogna, caratterizzata da atonia di tutti i muscoli del corpo tranne quelli degli occhi, che mantengono la loro mobilità) e lo stato di sveglia.

«Mentre si sta risvegliando, il cervello del paziente riattiva tutte le funzioni tipiche della vigilanza. Il corpo, però, resta ancora “addormentato” nella fase Rem, che si prolunga più del normale. Questo “gap” tra la mente sveglia e i muscoli inibiti, spaventa molto, anche se si tratta di disturbi passeggeri, quasi sempre senza un significato patologico», tranquilizza il professor Cirignotta.

«Le cause? Stati di ansia e di tensione nervosa prolungati, sindrome da stress post-traumatico (intendo per traumi sia quelli fisici com un incidente o una malattia sia quelli psicologici come un lutto o una separazione), ma anche abuso di caffeina, nicotina e altre sostanze eccitanti nelle ore serali, oppure sonno frammentato e disturbato dovuto a jet-lag o a turni professionali notturni».


Paralisi del sonno, le soluzioni al momento e nel lungo periodo

Ma cosa fare se, nel buio della notte o alle prime luci dell’alba, si sperimenta la paralisi del sonno, ovvero la brutta sensazione di avere un corpo paralizzato? Innanzitutto occorre mantenere la calma e pensare che si tratti di un disturbo passeggero, che dura 15-20 secondi al massimo.

Non cercare a tutti i costi di muoversi, divincolarsi o alzarsi dal letto ma respirare profondamente e attendere. Poi, passate le sensazioni più intense, si può provare a muovere le dita dei piedi o a stringere i pugni. Se si riesce, si è già fuori dal tunnel.

«Circa le terapie a lungo termine, non esistono dei farmaci specifici per le paralisi notturne», prosegue il professor Cirignotta.

«Tutto dipende dalla frequenza degli episodi: se si verificano 3-4 volte all’anno, ci si limita a tranquilizzare il paziente, senza bisogno di cure. Se invece le paralisi sono ravvicinate, anche diverse volte al mese, occorre studiare una terapia personalizzata, per aiutare il paziente a superare la causa dei frequenti episodi, cioè la psicopatologia che sta all’origine. Utile, in questi casi, è prescrivere per alcuni mesi degli antidepressivi appartenenti alla classe degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina): alleviano l’ansia, lo stress e gli stati depressivi associati. Anche per quanto riguarda i pazienti contagiati con la variante Omicron, allo stato attuale delle conoscenze, non sembra che vi siano degli effetti neurologici prodotti direttamente dal virus. Le strutture neuronali sono salve, ma anche in questo caso gioca a sfavore lo stress e la paura dell’avvenuto contagio».


Paralisi del sonno: quando esprimono una malattia

In rari casi, le paralisi del sonno non rappresentano un incubo passeggero, ma sono il segnale di una malattia neurologica che si esprime proprio attraverso di esse, insieme ad altri sintomi. È la narcolessia, un disturbo del sonno che colpisce prevalentemente i giovani tra i 15 e i 35 anni e che, se non curato, può portare a grave compromissione della qualità della vita.

«Oltre alle paralisi notturne, i sintomi tipici sono degli attacchi di sonno improvvisi e incontrollabili durante il giorno nonché la cataplessia, cioè la perdita del tono muscolare a seguito di un’emozione, come una risata o un’arrabbiatura», prosegue l’esperto. «I  muscoli si afflosciano, la gambe cedono e il giovane cade improvvisamente a terra. Se si manifestano questi tre disturbi, è bene rivolgersi subito a un neurologo per una diagnosi tempestiva e le terapie del caso».


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