Silvia Fascians, la fit girl che ha sconfitto l’anoressia

È una delle fitness influencer più seguite. Vorrebbe che si parlasse di quello che fa oggi e non del suo passato, ma sa che da quegli anni bui non si può prescindere. Perché la sua è una bellissima storia di rinascita. Che ci racconta qui




196073«Sono un tornado, lo vedi? Come posso essere stata una ragazza depressa», mi dice Silvia Fasciano, in arte Fascians, nel camerino dove si prepara per il nostro servizio di moda. «Eppure sono la stessa persona. È assurda la testa. Guarda». E mi mostra le foto di quando, lei che è alta 1,76 pesava 45 chili: uno scheletro irriconoscibile.

«Adesso non riesco a guardarmi, all’epoca, mi vedevo normale». Quelle foto le ha lasciate sul suo profilo Instagram perché è da lì che è cominciato tutto. È nel superamento di quei giorni bui che Silvia, 25 anni, ha posto le basi per diventare ciò che è adesso: una delle più amate fitness influencer italiane: con 147mila follower su Instagram e 58mila iscritti al suo canale Youtube, che la seguono ogni giorno per vedere come si tiene in forma, con l’allenamento e l’alimentazione.


Ti sei stancata di essere sempre presentata come la fit girl ex anoressica?

Sì, perché sui social porto ciò che sono oggi, una ragazza normale che ha la passione per il fitness e la vita sana, indipendentemente dal passato. Mi dà fastidio quando sento dire “mangia sano perché era anoressica”, come se non avessi il merito delle mie scelte. No, mangio così perché ho deciso di farlo e non c’entra con quello che ho vissuto. Però mi rendo anche conto che di quel passato si deve parlare».


Anche perché sei un esempio positivo per tante ragazze. E allora torniamo a quel 2011 in cui hai smesso di mangiare: che cosa era successo?

Avevo perso le mie basi. Giocavo a basket da 12 anni e per un diverbio con il presidente della società ero stata cacciata. Ero all’ultimo anno delle giovanili, la prima squadra era in A2, avrei avuto un futuro nel basket se avessi continuato, invece... Dopo 4 mesi senza sport mi sono spenta. Alla tristezza per non avere più una squadra, si è aggiunta quella per la perdita delle amicizie che avevo in quell’ambiente. Stavo malissimo, avevo istinti suicidi. E ho smesso di mangiare. Non avevo più il controllo sulla mia vita. Mi sono presa quello sul cibo.


I tuoi genitori come hanno affrontato la situazione?

Mi sono sempre stati vicini, ma si sentivano impotenti. All’inizio io non volevo guarire e non esiste nessuno che ti possa spingere a uscire dall’anoressia se non vuoi farlo.


Poi a un certo punto quella voglia ti è venuta. Che cosa era cambiato?

Semplicemente non ne potevo più. Ne avevo abbastanza di stare male. E ho cominciato a vedere e ad ascoltare i messaggi positivi che prima non riuscivo a cogliere. C’erano, ma non li vedevo perché non li cercavo. Finalmente mi accorgevo di ragazze sane che su Instagram dicevano “puoi allenarti, mangiare e stare bene”. Mentre io fino ad allora, sul mio profilo privato, avevo postato orgogliosa le foto della mia magrezza. Ero fiera quando scrivevo “oggi non ho mangiato” o “ho bruciato più calorie di quelle che sono entrate”.


In questo tuo percorso ti sei fatta aiutare da uno psicologo?

Ho iniziato ad andare da una psicologa nel 2014. Lei è stata la chiave. All’inizio mi sembrava inutile, mi pareva di non avere mai cose da raccontare, invece ne avevo tantissime. Ho fatto sedute per due anni.


È in quel periodo che hai iniziato ad andare in palestra?

Sì. Dalla psicologa curavo la mente e in palestra il corpo. Avevo un gruppo di amici che controllavano che non esagerassi, che non mi sfinissi sul tapis roulant e che lavorassi con spirito costruttivo. Dieci giorni dopo che avevo iniziato con la palestra ho conosciuto Jimmy, che è diventato il mio fidanzato. Non so come abbia fatto a innamorarsi di me che allora ero un mostro. Evidentemente è stato capace di vedere oltre l’apparenza. Ha visto la Silvia che sono adesso.


Nel frattempo cosa succedeva su Instagram?

Avevo cominciato a raccontare il mio percorso verso la guarigione. Sempre più persone mi seguivano per chiedermi come avessi fatto a sconfiggere l’anoressia, ma il profilo non era ancora pubblico. Poi, quando mi sono sentita pronta, guarita, l’ho aperto a tutti. Era la fine del 2015.


Avere così tanti follower espone a molte critiche. Quali sono quelle che ti fanno più male?

Sto male quando non vengo capita. Quando mi dicono che sono fissata e malata se faccio certe scelte, per esempio ridurre gli zuccheri. Ho iniziato a ridurli lentamente, e ho scoperto sapori che mi piacciono di più. E poi io non dico “non mangiate dolci”, li mangio anch’io!


La tua è una grande responsabilità, perché sei seguitissima. Come ti prepari per essere all’altezza, visto che hai una formazione di altro tipo?

Studio tanto, leggo libri di nutrizionisti, e sperimento su di me. E comunque per quello che faccio non c’è bisogno di una certificazione, non do consigli. Non dico “fate così”, ma “da quando mangio così mi succede questo”. E per quanto riguarda il fitness, i video sono gli allenamenti che svolgo sempre sotto la guida della mia personal trainer.


Quanto tempo dedichi alla cucina?

Dai social sembra che cucini tantissimo, in realtà lo faccio per circa una o due ore al giorno. Le cene sono molto semplici, perché quando arrivano le 8 di sera sono stanca. Quindi: pollo tandoori, yogurt di soia che mischio con spezia tandoori, verdure o patate (spesso gallette), tanto pesce, risotto alle zucchine con salmone, orata al forno... Uso dalle proteine più costose alle più economiche. A pranzo spazio di più. Ho la dispensa piena di prodotti basic, come i legumi e i cereali senza glutine (sono celiaca), e poi creo, mi diverte inventare abbinamenti.


Quanto tempo passi ad allenarti?

Un’ora al giorno quattro volte alla settimana. Due con la personal trainer. Una in palestra facendo un circuito cardio e una volta faccio idrospinning. Mi piace molto variare.


Se un giorno il tuo lavoro di influencer dovesse finire, cosa vorresti fare?

Non so, ma di sicuro vorrei un posto flessibile che mi permetta di mantenere la stessa indipendenza e libertà che ho con questo lavoro.


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Articolo pubblicato sul n. 15 di Starbene, in edicola dal 26 marzo 2019



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