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Emorroidi: i nuovi interventi

Per curare questo diffuso disturbo non occorre sempre il bisturi e anche gli interventi sono meno invasivi. Ecco tutte le novità

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Oltre 1/3 degli italiani ne soffre almeno una volta nella vita e, in modo cronico, ne sono afflitti ben 3,7 milioni dei nostri connazionali. Eppure, sono spesso considerate un “tabù”, anche perché la paura più grande è quella di doverle risolvere con la chirurgia. In realtà, non tutti i tipi di emorroidi vanno affrontate con il bisturi e, anche quando è necessario ricorrervi, oggi ci sono interventi mininvasivi e conservativi.


Piccole o grandi?

«Le emorroidi tappezzano le pareti del retto inferiore e del canale anale e “ammortizzano” il passaggio delle feci», spiega il dottor Angelo Stuto, responsabile del reparto di Chirurgia colonproctologica e pavimento pelvico del Policlinico di Abano Terme.

«Simili a cuscinetti, sono formate da un tessuto pieno di vasi sanguigni (il plesso emorroidario) che possono dilatarsi e sfiancarsi, formando varici, che provocano fastidio, prurito, senso di peso, bruciore e sensazione di “umido”.

Con il tempo, durante il passaggio delle feci, possono sanguinare. Oppure, prolassare verso l’esterno, trascinando con sé la mucosa rettale». Se sono piccole, si possono risolvere con interventi ambulatoriali della durata di pochi minuti: la legatura elastica e la scleroterapia con il laser.

«Nel primo caso, il medico posiziona un laccetto di gomma alla base del pacchetto di emorroidi sfiancate, riducendo la circolazione al loro interno», spiega l’esperto. «A corto di sangue, il nodulo si sclerotizza, si riduce di volume e non crea più fastidi. Oppure, si raggiunge lo stesso obiettivo coagulandole con il laser.

I trattamenti sono indolori (i pacchetti emorroidari sono insensibili) e spesso non è necessaria neppure l’anestesia locale. Si può tornare al lavoro già il iorno successivo».

Per le emorroidi voluminose e ormai fuoriuscite dal canale anale, invece, ci sono la prolassectomia e la pessia manuale del prolasso mucoso, due interventi conservativi: non eliminano i cuscinetti “malati”, ma riportano la mucosa del retto e il tessuto emorroidario nella loro sede naturale.


Modi e tempi

«La prima tecnica si avvale di uno strumento (lo Stapler) che “taglia e cuce “ in simultanea: introdotto nell’ano, elimina un anello della parete del retto prolassata e la rabbocca con punti di sutura a quella ancora “sana”, sollevandola. Le emorroidi tornano così nella loro postazione», piega il dottor Stuto.

«Stesso risultato con la pessia manuale del prolasso mucoso: lo specialista effettua una pences della mucosa rettale, accorciandola, e poi la sutura manualmente, ottenendo una sorta di lifting del plesso emorroidario.

I due interventi, della durata di 30-40 minuti, vengono effettuati in anestesia locoregionale (rende insensibile la parte, senza spegnere lo stato di coscienza), in day surgery o con una notte di ricovero.

Il dolore post operatorio è gestibile con i normali antidolorifici e non sono necessarie medicazioni in quanto la sede dell’intervento è a livello del retto e non dell’ano. Si può tornare al lavoro dopo 7-10 giorni». 


No a cure fai da te

Meglio rivolgersi al proctologo che può suggerire quando sono necessarie “solo” buone abitudini per evitare che peggiorino. Le regole doc: combattere la stipsi con 20 minuti di camminata al giorno e un’alimentazione ricca di fibre, eventualmente arricchita con integratori a base di Psyllio.

Ok a una buona igiene anale con abbondanti lavaggi con acqua tiepida. No, a bidet con acqua fredda o spugnaturegelate. Sì a integratori a base di farmaci nutraceutici, come escina, diosmina, speridina o bromelina:  rinforzano le pareti dei vasi, migliorano la circolazione, riducono l’infiammazione e i disturbi. 


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Articolo pubblicato sul n. 37 di Starbene in edicola dal 29/8/2017

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