AnalgesicIE aNTINFIAMMATORI

Gli analgesici sono farmaci finalizzati a sopprimere o attenuare il dolore. Possono essere periferici, cioè agire localmente, o centrali, se intervengono sul sistema nervoso centrale (midollo spinale, cervello). Gli analgesici periferici, alcuni dei quali esercitano anche un effetto antipiretico, sono rappresentati sostanzialmente dal paracetamolo e dall’acido acetilsalicilico. Quelli centrali, che derivano in genere dalla morfina, […]



Gli analgesici sono farmaci finalizzati a sopprimere o attenuare il dolore. Possono essere periferici, cioè agire localmente, o centrali, se intervengono sul sistema nervoso centrale (midollo spinale, cervello).

Gli analgesici periferici, alcuni dei quali esercitano anche un effetto antipiretico, sono rappresentati sostanzialmente dal paracetamolo e dall’acido acetilsalicilico. Quelli centrali, che derivano in genere dalla morfina, comprendono morfinici minori (quali codeina, destropropossifene e tramadolo), e morfinici maggiori (morfina, buprenorfina, pentazocina e petidina).Gli antinfiammatori sono farmaci utilizzati nel trattamento dei disturbi conseguenti ai processi infiammatori che insorgono a carico di diversi organi. Sono normalmente assunti per alleviare il dolore (cefalea, dolori mestruali, mal di denti, mal di schiena ecc.) o per contrastare infiammazioni a livello di muscoli e tendini causate da malattie reumatiche e così via. Alcuni di essi hanno anche attività antipiretica, ovvero riducono la febbre (aspirina, nimesulide, ketoprofene).

Gli antinfiammatori si dividono in due categorie principali: steroidei e non steroidei i cosidetti FANS (Farmaci antinfiammatori non steroidei), il più noto dei quali è l’aspirina.

Gli antinfiammatori steroidei (più noti come cortisonici) sono stati introdotti in commercio negli anni ’50 del ‘900. Essi derivano dal cortisone e sono molto efficaci nel trattamento di patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide, l’asma o la colite ulcerosa, ma anche nel caso di affezioni acute molto gravi.

L’uso di questi farmaci, specialmente se prolungato, è peròlimitato dai loro gravi effetti collaterali, tra cui ipertensione arteriosa, diabete, osteoporosi e ulcera peptica. Tra gli antinfiammatori steroidei più comunemente utilizzati vi sono il prednisone, il metilprednisolone e il betametasone.

I FANS hanno un effetto farmacologico inferiore rispetto agli antinfiammatori steroidei, ma hanno anche minori effetti collaterali. Per tale ragione, alcuni di essi (inclusi aspirina, ibuprofene, ketoprofene) sono acquistabili senza ricetta medica per l’automedicazione del dolore lieve o moderato. Tuttavia, anche questi farmaci hanno precise controindicazioni, esempio patologie gastriche, insufficienza renale o epatica e allergie individuali.

A differenza degli analgesici derivati dall’oppio (morfina o codeina), i FANS alleviano il dolore senza produrre sedazione, depressione respiratoria o dipendenza.

È infine da rilevare che il paracetamolo, che ha un’ottima azione antipiretica e analgesica, non ha azione antinfiammatoria e pertanto non è classificato tra i FANS, sebbene sia spesso accomunato a questi ultimi.

Un po’ di storia L’invenzione e lo sviluppo dei farmaci antinfiammatori attualmente in commercio trae le sue origini dalla scoperta delle proprietà antinfiammatorie della pianta del salice, molti secoli fa. Già Erodoto nelle Storie narrava di un popolo stranamente più propenso di altri a non ammalarsi; tale popolo usava mangiare le foglie di salice. Ippocrate, considerato il padre della medicina, descrisse nel V secolo prima di Cristo una polvere amara estratta dalla corteccia del salice utile per alleviare il dolore e abbassare la febbre. Un rimedio simile è citato anche dai Sumeri, dagli antichi Egizi e dagli Assiri; anche i nativi americani lo conoscevano e lo usavano per curare mal di testa, febbre, traumi muscolari, reumatismi e brividi.

La sostanza attiva dell’estratto di corteccia del salice bianco (Salix alba), chiamata salicina, fu isolata in cristalli nel 1828 da Henri Leroux, un farmacista francese, e da Raffaele Piria, un chimico italiano.

Poiché la salicina è acida quando viene sciolta in acqua, essa venne ribattezzata acido salicilico. L’uso dell’acido salicilico era tuttavia limitato dal fatto che provocava disturbi gastrici, in particolare vomito e ulcera.

Nel 1897 Felix Hoffmann, chimico impiegato presso la Friedrich Bayer & Co, modificò la molecola dell’acido salicilico formando l’acido acetil-salicilico (noto con la sigla ASA). Tale composto presentava gli stessi effetti terapeutici dell’acido salicilico, ma con minori effetti collaterali sullo stomaco. Nacque così il primo farmaco sintetico – una molecola nuova, non una copia di una molecola già esistente in natura – e con esso anche la moderna industria farmaceutica. Il nome aspirina fu brevettato dalla Bayer nel 1899, componendo il prefisso a- (per il gruppo acetile) con -spir- (dal fiore Spiraea ulmaria, da cui si ricava l’acido spireico, ovvero l’acido salicilico) e col suffisso -ina (generalmente usato per i nomi dei farmaci all’epoca).

Da allora l’acido acetilsalicilico è diventato, insieme agli altri FANS, sviluppati soprattutto a partire dagli anni sessanta del Novecento, un componente importante per la gestione del dolore lieve e moderato, anche se il suo esatto meccanismo di azione fu scoperto solamente nel 1970.

Come funzionano gli antinfiammatori In una ricerca che gli valse nel 1982 il premio Nobel per la medicina, l’inglese John Vane dimostrò che l’aspirina nell’uomo blocca la sintesi delle prostaglandine in quanto inibisce la produzione della ciclo-ossigenasi, enzima coinvolto nella loro produzione. Le prostaglandine sono veri e propri ormoni locali che assolvono a svariate funzioni, tra le quali la trasmissione del segnale del dolore al cervello e la modulazione dei processi infiammatori e di regolazione della temperatura corporea.

Il blocco delle prostaglandine determina anche l’inibizione di altre funzioni, per esempio il controllo della produzione del muco gastrico (che normalmente protegge lo stomaco) e la normale motilità dell’utero.

Ricerche più recenti condotte da P. Needleman hanno dimostrato che esistono due tipi di ciclo-ossigenasi (note con le sigle COX-1 e COX-2) e che solo la seconda è responsabile della produzione delle sostanze chimiche coinvolte nell’infiammazione, mentre la COX-1 controlla altre importanti funzioni come la secrezione del muco gastrico e l’aggregazione delle piastrine.

I farmaci antinfiammatori tradizionali e l’aspirina inibiscono entrambi i tipi ma negli anni novanta è stata prodotta una nuova famiglia di FANS – chiamati inibitoriselettivi della COX-2 o Coxib – con l’obiettivo di ottenere un’attività antinfiammatoria paragonabile a quella dei FANS tradizionali, ma con effetti dannosi minimi a carico del sistema gastrointestinale.

Questi nuovi farmaci (celecoxib, rofecoxib, etoricoxib ecc), indicati per le malattie infiammatorie croniche, hanno mantenuto la promessa di una minore gastrolesività, anche se per alcuni di essi è stato rilevato che i minori effetti collaterali a livello dello stomaco sono controbilanciati da maggiori e più gravi problemi cardiocircolatori (per esempio infarto cardiaco e ictus) o cutanei. Per tale ragione, due di essi sono stati ritirati dal commercio (rofecoxib e valdecoxib) e quelli ancora in commercio sono attualmente sotto attenta sorveglianza da parte delle autorità sanitarie.

Per quel che riguarda gli antinfiammatori cortisonici, essi agiscono con un differente meccanismo di azione, hanno un maggiore effetto rispetto ai FANS e posseggono caratteristiche che ne giustificano i numerosi impieghi in situazioni quali l’asma, le reazioni allergiche ecc.


Quale antinfiammatorio scegliere

La scelta tra FANS o cortisonici dipenderà dalle caratteristiche e dalla gravità della malattia da trattare.

I cortisonici sono generalmente utilizzati nelle patologie croniche con componenti autoimmuni, quali artrite reumatoide, rettocolite ulcerosa ecc; tuttavia, i rischi connessi al loro uso prolungato (riduzione della densità minerale ossea, distruzione delle cartilagini, ipertensione arteriosa, iperglicemia e maggiore suscettibilità alle infezioni) ne limitano fortemente l’utilizzo che viene affidato sempre ad attente valutazioni del medico il quale ne vaglia di volta in volta l’opportunità di impiego. I FANS vengono invece preferiti negli stati infiammatori acuti (mal di denti, cefalea, dolore da trauma ecc.) e in parte anche in quelli cronici, spesso associati ad altre terapie.

Dal punto di vista dell’efficacia clinica non esistono grandi differenze tra i vari FANS, sebbene sia comunque possibile una diversa risposta individuale nei confronti dei singoli principi attivi. Differenze anche significative nel profilo di efficacia, ma soprattutto di tollerabilità, possono invece esistere tra le varie molecole a seconda del dosaggio utilizzato e della durata del trattamento. Poiché il problema maggiore è l’azione lesiva sullo stomaco, nei soggetti a rischio (per esempio soggetti con pregresse malattie gastrointestinali) può essere utile scegliere i principi attivi con maggiore selettività per la COX-2 – e quindi teoricamente meglio tollerati – come ibuprofene, diclofenac e naprossene, e i più recenti coxib. Inoltre, nei casi in cui si voglia ottenere un effetto analgesico, soprattutto nell’anziano, è preferibile ricorrere al paracetamolo; quest’ultimo ha infatti un’efficacia analgesica sovrapponibile a quella dei FANS, ma con minori effetti indesiderati.

Al contrario, nel caso di una terapia del dolore cronico di tipo infiammatorio (per esempio nelle artriti infiammatorie o nell’artrite reumatoide), sebbene il paracetamolo possa fornire un controllo analgesico adeguato, i FANS sono più indicati del paracetamolo e degli stessi analgesici oppioidi. Di solito, nel trattamento delle malattie osteoarticolari croniche, l’effetto antalgico pieno si raggiunge dopo una settimana e quello antinfiammatorio dopo circa tre settimane. Se entro tale termine non si ottiene una risposta soddisfacente, il medico può prendere in considerazione la possibilità di cambiare FANS.


Effetti avversi da FANS

L’ampio utilizzo di questi farmaci e la facilità con cui si riesce ad acquisirli pone i pazienti a rischio di possibili effetti indesiderati anche gravi, soprattutto se l’assunzione avviene per lunghi periodi o in dosaggi elevati o se non viene dichiarata al proprio medico curante. Gli effetti avversi gravi più comuni dei FANS riguardano il tratto gastrointestinale (come già accennato) e l’apparato renale. È stato stimato che circa un quinto delle persone che usano cronicamente i FANS, soffra di un danno dello stomaco, che può essere silente (cioè non provoca alcun disturbo), ma comunque determinare un rischio, seppur basso, di ulcere, emorragia e perforazione. Il sanguinamento gastrointestinale, proprio perché è spesso asintomatico, se non viene riconosciuto può determinare gravi anemie. Le cause dei disturbi gastrointestinali da FANS sono da attribuire alla ridotta produzione delle prostaglandine che proteggono la mucosa gastrica, ma per alcuni tipi.(per esempio indometacina o aspirina) vi può anche essere un’irritazione diretta della mucosa gastrica.

Sono state proposte diverse strategie per ridurre i rischi gastrointestinali dei FANS (per esempio, alcune nuove formulazioni dell’aspirina sono state dotate di un rivestimento gastroresistente) ma i vantaggi di queste formulazioni sono ancora controversi. In altri casi il FANS è stato associato al misoprostolo, un analogo delle prostaglandine, che però è esso stesso in grado di provocare disturbi, in particolare diarrea e crampi intestinali.

Infine, in caso di assunzione irrinunciabile del FANS per lunghi periodi, è possibile associarlo a farmaci inibitori della secrezione gastrica, quali gli inibitori della pompa protonica.

Tutti i FANS possono inoltre causare danni renali, con maggiore ritenzione di liquidi che porta all’aumento della pressione sanguigna; questo problema è di particolare gravità nei soggetti con pressione arteriosa alta, i quali tra l’altro potrebbero avere anche una minore efficacia della terapia farmacologica contemporaneamente assunta per abbassare la pressione. Nei casi più gravi si può andare incontro a insufficienza renale, soprattutto nei pazienti che assumono anche diuretici e ACE-inibitori (farmaci impiegati per ridurre la pressione arteriosa alta). Altre gravi malattie a carico dei reni e causate dai FANS sono: nefrite interstiziale, sindrome nefrosica e insufficienza renale acuta. Le reazioni a livello cutaneo sono il secondo effetto indesiderato più comune dei FANS, variabile dalle forme più lievi (prurito), a quelle via via più importanti, come l’orticaria, le reazioni di fotosensibilitá (aumento dei problemi conseguenti a esposizione ai raggi solari), fino ad arrivare a malattie molto più gravi e potenzialmente mortali quali la necrolisi epidermica tossica o la sindrome di Stevens-Johnson. Nei soggetti allergici, inoltre, i FANS possono scatenare reazioni tipo angioedema e broncospasmo o peggiorare un’asma bronchiale preesistente.


Effetti indesiderati esclusivi del paracetamolo

II paracetamolo è un farmaco ampiamente utilizzato per il dolore e la febbre, ma non ha attività antinfiammatoria. Nella pratica clinica, alle dosi terapeutiche consigliate, è ben tollerato e solo in rari casi possono manifestarsi reazioni allergiche, soprattutto di tipo cutaneo. In caso di assunzione protratta di dosi superiori a 4 grammi al giorno tuttavia esso può causare grave tossicità a carico del fegato che si manifesta con sintomi iniziali di nausea, vomito, anoressia, dolore addominale e che può essere fatale. In questi casi la diagnosi precoce è di vitale importanza per l’attuazione di un adeguato intervento terapeutico: se infatti passano più di 12 ore dall’ingestione di una dose molto elevata di farmaco, gli antidoti sono meno utili. Va precisato: il paracetamolo può determinare effetti avversi anche alle normali dosi terapeutiche, in soggetti con malattie del fegato (grave steatosi, cirrosi epatica) e negli alcolisti. Inoltre, l’abuso cronico di paracetamolo può danneggiare il rene, specie se associato ad altri FANS, come aspirina o propifenazone, spesso presenti in numerosi prodotti “da banco”, acquistabili quindi liberamente in farmacia anche senza ricetta medica.


Effetti indesiderati esclusivi dell’aspirina

Qualora nella terapia prolungata con aspirina siano necessarie dosi giornaliere molto elevate (6-8 grammi), possono manifestarsi effetti a carico del sistema nervoso centrale, quali cefalea, stordimento, vertigini, diminuzione dell’udito. Il tinnito (ronzio) e la riduzione dell’udito sono dovuti a un aumento della pressione nell’orecchio interno (labirinto) e all’effetto di costrizione esercitato sui minuscoli vasi sanguigni (microcircolo). I sintomi sono completamente reversibili entro 2-3 giorni dalla sospensione del farmaco. L’avvelenamento acuto da aspirina si verifica a seguito dell’assunzione accidentale o a scopo suicida di oltre 10 grammi e rappresenta un’emergenza clinica grave che può esitare nella morte del soggetto anche in presenza di un trattamento adeguato. La morte avviene per paralisi del centro respiratorio. Somministrato a bambini o adolescenti in coincidenza o subito dopo un’infezione virale, l’aspirina può scatenare la cosiddetta sindrome di Reye, grave affezione del fegato con sofferenza cerebrale ed esito spesso fatale. Per questa ragione l’impiego di aspirina è controindicato nei soggetti di età inferiore ai 16 anni. L’aspirina tende ad aumentare il tempo di sanguinamento, effetto caratteristico anche di altri FANS, ma che nel caso dell’aspirina è molto più spiccato e duraturo: è questo il motivo per cui il farmaco viene utilizzato in dosi molto basse e per periodi lunghissimi (anche per diversi anni) come antiaggregante delle piastrine, allo scopo di migliorare la circolazione sanguigna, per esempio nei soggetti cardiopatici.


Gli antinfiammatori in gravidanza

Le donne in gravidanza dovrebbero evitare di assumere FANS. Durante il terzo trimestre di gravidanza i FANS, e in particolare l’aspirina, possono prolungare la durata della gestazione, ritardare l’inizio del travaglio di parto, ridurre il peso del nascituro e favorire l’emorragia post-parto. I FANS (soprattutto l’indometacina) sono stati inoltre associati a chiusura prematura nel feto del dotto di Botallo, ad aumento del rischio di emorragia interventricolare ed endocranica, di enterocolite necrotizzante e altri effetti avversi renali nel feto. All’uso di FANS è stato inoltre associato un aumento della mortalità perinatale del feto. Nei casi in cui si renda indispensabile l’uso di un analgesico, il paracetamolo è considerato il farmaco di scelta in gravidanza. [G.P., A.C.]