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Come funziona il sistema immunitario e come potenziarlo

Il massimo esperto italiano di difese immunitarie, Alberto Mantovani, ci spiega come funziona l’esercito che protegge il nostro organismo e cosa fare per aumentare il sistema di difesa

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Prima del Coronavirus molti di noi avevano una vaga idea di che cosa fossero gli anticorpi. “Sono i difensori dell’organismo”, rispondevano i cultori delle ricerche online; “sono lo scudo del sistema immunitario”, spiegavano le mamme, forgiate da anni di infezioni scolastiche. Oggi conosciamo il significato di termini come IgG e IgM: “io ci sono passato, avevo tante IgM nel sangue”, “io sono guarito, le IgG provano che sono immune”.

Saperne di più su queste proteine sta facendo e farà la differenza non solo nella lotta contro il nuovo virus, ma anche in quella che si combatte contro quasi tutte le malattie più gravi e diffuse. Ne parliamo con il massimo esperto italiano, il professor Alberto Mantovani, una delle stelle della ricerca mondiale e autore del nuovo Il fuoco interiore (Mondadori, 192 pagine, 19 €).


Professore, che cosa sono gli anticorpi?

Sono una delle manifestazioni della risposta immunitaria e possono essere loro stessi un meccanismo di difesa. Appartengono a diverse “famiglie” che svolgono mestieri differenti: insomma, gli anticorpi si dividono il lavoro di difesa dell’organismo. Certi si limitano a segnalare l’ingresso del nemico, altri si attivano subito per distruggerlo. Quindi servono come spia della risposta anticorpale ma anche come cura.


Oltre a IgM e IgG ci sono altri “difensori” importanti?

Le IgA: hanno un ruolo fondamentale anche se non sono “famose”. Sono gli anticorpi presenti nelle mucose, nella saliva e nel tratto intestinale. Vengono prodotte in queste sedi e hanno il ruolo di neutralizzare virus e batteri alla porta di entrata dell’organismo. Sono tanti i guardiani del nostro corpo, ma questi ne vigilano proprio gli ingressi. Nel centro di ricerca di Humanitas, la professoressa Maria Rescigno sta lavorando su un test che li misuri nella saliva, e che rappresenta il futuro della diagnostica. Le IgA sono importanti per il Covid ma per mille altre malattie.


Si possono utilizzare anche per curare le malattie?

Certo: per esempio con trasfusioni di plasma ricco di anticorpi dei guariti, una pratica ora oggetto di sperimentazione, ma è una terapia che risale a 100 anni fa. Oggi utilizziamo anche anticorpi monoclonali che riconoscono la chiave con cui il Covid riesce a entrare nell’organismo, quella specie di antenna che si chiama spike e si vede nelle immagini al microscopio del virus. Questi “soldati” sono stati generati partendo dalle cellule che producono gli anticorpi: si è isolato il gene di quello che appunto riconosce lo spike, e dal gene isolato si producono anticorpi specializzati uno identico all’altro e in quantità illimitata. Utilizziamo i monoclonali anche contro il cancro, le malattie infiammatorie e infezioni come il virus respiratorio sinciziale.


Esiste una relazione fra mente e difese immunitarie?

È una frontiera delle ricerche in immunologia. Nel nostro organismo i due sistemi più complicati sono quello nervoso centrale e quello immunitario: sono i due massimi sistemi. Da molto tempo sappiamo che dialogano fra di loro. È un linguaggio che conosciamo ancora poco. Ma ci sono molti dati che provano questa connessione. Alcuni studi mostrano come certe fibre nervose specializzate arrivano a contatto con le cellule sentinella del sistema immunitario. Alcune cellule del sistema immunitario, poi, sono fondamentali per la genesi del cervello. Usando le tecnologie diagnostiche più avanzate abbiamo visto che chi ha una vita sociale intensa e ricca ha un tono infiammatorio sotto controllo (l’infiammazione è il nostro “fuoco interiore” immunitario). Sappiamo poi che la depressione è associata a una risposta infiammatoria inappropriata.


Cosa c’entra il sistema immunitario con le infiammazioni?

La risposta del sistema immunitario si manifesta come infiammatoria, tipo quella che proviamo quando ci scottiamo al sole. Molte malattie, che apparentemente non hanno niente a che fare con il “fuoco interiore”, hanno invece una componente infiammatoria. Il cancro per esempio. Ma anche l’obesità, che sta dilagando in Italia.


E le malattie autoimmuni?

Sono un mondo nuovo che conosciamo ancora in modo aprossimativo. Si pensa che malattie diffuse come l’artrite reumatoide, oltre al fattore genetico, siano legate alla teoria dell’igiene, siano cioè il prezzo da pagare per il nostro successo nel combattere le malattie infettive. Abbiamo esercitato il nostro sistema immune a un continuo gioco nell’uso di acceleratore e freni per rispondere agli attacchi esterni fino a che, in certi casi (come le allergie) perde il controllo. Riuscendo a controllare questo “gioco di pedali” della risposta immunitaria otteniamo oggi di far camminare gli affetti da artrite autoimmune.


È vero che essere in sovrappeso abbassa le difese?

Nel tessuto adiposo una parte molto importante delle cellule sono del sistema immunitario, perché fanno bruciare i grassi. Quando siamo in sovrappeso le cellule adipose lanciano tanti e tali messaggi a quelle che ci difendono dalle malattie al punto da disorientarle. Così queste iniziano a produrre mediatori infiammatori, le citochine, le stesse che producono la tempesta infiammatoria che porta alla polmonite da Covid. Ma l’infiammazione da sovrappeso è più subdola, perché subclinica: non dà febbre, dolori o altri sintomi. E gioca un ruolo importantissimo in tutte le malattie associate a eccesso di peso aumentandone il rischio. Non a caso l’Oms ha definito l’obesità una causa primaria di cancro. Nel diabete poi, il disfunzionare del sistema immunitario per l’eccesso di peso blocca l’azione dell’insulina. E poi c’è il cuore, il cervello, altri organi bersaglio di questo processo infiammatorio.


Si è parlato tanto di Coronavirus e smog: anche l’ambiente influisce sull’efficienza delle nostre difese?

Sì: il sistema immunitario rimane letteralmente disorientato da certi segnali che provengono dall’ambiente, per esempio con la produzione di nanoparticolato. Quando le centraline delle nostre città segnano rosso aumentano le patologie cardiovascolari e quelle respiratorie, lo sappiamo. Ma forse non tutti sanno che le cellule del sistema hanno dei sensori che si chiamano inflammasoma, i quali riconoscono particelle come l’asbesto, il silicio e il nanoparticoato, scatenando una reazione infiammatoria “da inquinamento”.


DONNE SESSO FORTE

Le donne in molti casi hanno migliori risposte immunitarie degli uomini. Ma c’è anche qualche eccezione

  • Articolazioni Il prezzo che le donne pagano per il loro supersistema di difesa è l’essere più esposte a maalattie autoimmuni cone l’artrite reumatoide, che le colpisce tre volte di più degli uomini.
  • Sistema Anticovid Durante la pandemia si è visto che il genere femminile (si pensa grazie a una maggiore produzione di anticorpi) è risultato più forte.
  • Procreazione Il sistema immunitario delle donne non solo accetta il “trapianto” di un elemento estraneo al suo corpo (quello che diventerà suo figlio), ma impara anche a proteggerlo. In più gli passa gli anticorpi, il primo dono al momento della nascita.


IL COVID E LA RISPOSTA ANTICORPALE

In Humanitas, l’ospedale di Alberto Mantovani, si è svolto anche il primo studio epidemiologico italiano sull’esposizione al Coronavirus. «È il nostro contributo allo sviluppo delle conoscenze sulla risposta anticorpale e sulla correlazione tra questa e la protezione dal virus», spiega l’immunologo.

È stato condotto su 4.000 persone tra operatori sanitari nei reparti Covid e personale di staff, anche in smartworking. Sottoposte a test sierologici e, in caso di IgG positive, a tampone, ha rivelato che il 15% di esse è entrato in contatto con il virus.

«Lo studio permetterà di chiarire la relazione esistente fra i diversi livelli di anticorpi e la resistenza al virus, aiutandoci a definire la quantità di anticorpi necessaria per avere una protezione efficace», aggiunge il professor Mantovani. «Inoltre, permetterà di capire quanto durano la risposta e la memoria immunologica e, quindi, l’eventuale protezione nel tempo, fattore basilare anche in attesa del vaccino. Inoltre, dallo studio emerge che l’ospedale, se ben protetto, può essere un luogo sicuro per i pazienti e per chi ci lavora».


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Articolo pubblicato sul n. 19 di Starbene, in edicola e nella app dal 16 giugno 2020



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