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Neuroleptoanalgesia

Metodo anestetico consistente nell’associazione di un analgesico (farmaco attivo contro il dolore) con un neurolettico (farmaco ad azione sedativa sul sistema nervoso). Messa a punto nel 1959, la neuroleptoanalgesia permette di eseguire alcuni tipi di intervento chirurgico senza far ricorso all’anestesia generale. L’anestesia così ottenuta, subcosciente, viene detta vigile: il paziente è sveglio, ma calmo e indifferente, insensibile al dolore. I prodotti di impiego più frequente sono i morfinici (fentanil) per l’analgesia, e il droperidolo per l’azione neurolettica. In certi casi (soggetto ansioso, dolore intenso) si associa un ipnotico (protossido d’azoto ad alta concentrazione, barbiturico ad azione rapida, benzodiazepina a effetto ipnotico) per addormentare il malato: questa procedura prende il nome di narconeuroleptoanalgesia. L’impiego di un alcaloide del curaro permette eventualmente di ottenere un rilassamento muscolare.


Indicazioni e controindicazioni

La neuroleptoanalgesia viene praticata soprattutto come complemento dell’anestesia generale, in occasione di interventi chirurgici impegnativi (chirurgia cardiovascolare o addominale, neurochirurgia, inserimento di protesi ortopediche del rachide). È inoltre indicata quando lo stato generale del paziente è precario (anziani, soggetti con insufficienza cardiaca o respiratoria, malati di cancro con importante dimagrimento). Dato il tempo relativamente lungo (circa 15 minuti) che impiega per fare effetto, questa anestesia non può essere adottata in situazioni di emergenza; analogamente, a causa della lenta eliminazione del neurolettico, che può essere responsabile di sonnolenza dopo l’operazione, va praticata in ambito ospedaliero. Altre controindicazioni della neuroleptoanalgesia sono: morbo di Parkinson, perché questa tecnica rischia di aggravarne i sintomi; feocromocitoma (tumore della midollare del surrene), perché potrebbe causare una crisi di ipertensione arteriosa; ipovolemia (diminuzione del volume ematico), perché può provocare un abbassamento della pressione arteriosa e una diminuzione della frequenza cardiaca.

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Dott. Maurizio Hanke

E' probabile che la attività fisica che descrive possa essere all'origine del dolore, che va via via scemando. Comunque l'ecografia deve essere eseguita.

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