FLEBITE e tromboflebite
Con il termine flebite si intende un processo infiammatorio che coinvolge la parete interna di un vaso venoso e che si ripercuote sul sangue in esso contenuto determinandone la coagulazione con formazione di un “trombo”. A seconda della sede interessata da questo fenomeno patologico si distinguono: Flebiti del circolo venoso superficiale (rappresentato dalle vene safena […]
Con il termine flebite si intende un processo infiammatorio che coinvolge la parete interna di un vaso venoso e che si ripercuote sul sangue in esso contenuto determinandone la coagulazione con formazione di un “trombo”. A seconda della sede interessata da questo fenomeno patologico si distinguono:
- Flebiti del circolo venoso superficiale (rappresentato dalle vene safena interna, safena esterna e dalle vene comunicanti):
- Flebiti che interessano il sistema venoso profondo (vene del polpaccio, vene tibiali, vena poplitea, vene femorali, vene iliache).
Tromboflebiti superficiali Possono interessare, ma è un’evenienza piuttosto rara, una vena sana, in quanto di solito coinvolgono le vene affette da alterazioni strutturali evidenti (vene varicose).
In questi casi la vena varicosa interessata dalla flebite appare ingrossata, turgida con gonfiore che si estende anche ai tessuti circostanti; la cute sovrastante si presenta calda e arrossata, molto dolente, e non è infrequente che alla palpazione si riesca anche a percepire il trombo. Può essere presente un modesto rialzo febbrile.
Meno frequentemente la flebite può interessare una vena sana, spesso come conseguenza di traumi o di sforzi muscolari importanti; talvolta invece la flebite di un vaso sano rappresenta la manifestazione di altre patologie, per esempio alterazioni della coagulazione (trombofilia), emopatie, malattie autoimmuni, tumori, infezioni coinvolgenti i tessuti vicini alla vena o arteriopatie infiammatorie.
Terapia
A seconda di vari fattori (in particolare dell’estensione, della localizzazione e dell’intensità del quadro infiammatorio venoso, dell’entità del quadro varicoso coesistente e così via) il medico sceglie se avvalersi di anticoagulanti somministrati per via sottocutanea (eparine a basso peso molecolare), antinfiammatori (utili per attenuare la componente infiammatoria e il dolore) oppure di una contenzione elastica mediante apposite bende. Il paziente con flebite superficiale può camminare e deve riposare mantenendo l’arto un po’ sollevato. L’antibioticoterapia è riservata ai rari casi di comprovata origine infettiva.
In alcuni casi, per favorire una più rapida guarigione si ricorre all’evacuazione delle formazioni trombotiche in anestesia locale. Nel caso di flebiti ascendenti di varici della vena grande safena, con pericolo di estensione del fenomeno al circolo venoso profondo, il medico può decidere per un intervento chirurgico di asportazione delle varici (safenectomia).
Nei casi di flebite che colpiscono una vena sana, superata la fase acuta è necessario un attento studio del paziente per diagnosticare la malattia che può aver scatenato il fenomeno.
Trombosi Venosa Profonda (TVP) Si tratta di una trombosi che interessa un tratto del circolo venoso profondo, del quale la totale o parziale chiusura (obliterazione).
Rispetto alle forme superficiali i sintomi sono più eclatanti.
Nel caso della localizzazione alla gamba o all’arto inferiore, il dolore è intenso e talvolta tale da compromettere il cammino.
I sintomi sono tanto più eclatanti quanto più l’obliterazione è completa e quanto più essa è vicina alla radice dell’arto; la sintomatologia può variare da un vago senso di indolenzimento fino a un dolore conclamato e accentuato dal movimento.
Il gonfiore dell’arto colpito (edema) può essere di entità variabile, ma di solito è abbastanza importante e l’arto interessato presenta un diametro aumentato rispetto al lato opposto; nel caso di una flebite profonda della gamba, per esempio, il polpaccio si presenta ingrossato, teso e dolente. Le vene superficiali talvolta si presentano turgide poiché assumono il ruolo di “bypass naturale”, ossia di vie laterali di scarico attraverso le quali il sangue cerca di superare l’ostacolo al suo deflusso provocato dall’ostruzione della vena conseguente alla flebite; con il tempo esse possono dilatarsi in modo permanente e diventare varicose (si parla allora di varici secondarie).
In alcuni pazienti, tuttavia, la trombosi venosa profonda può essere del tutto priva di sintomi, con possibilità di ritardo del ricorso al medico, quindi della diagnosi e in ultima analisi con possibile insorgenza improvvisa e imprevista di complicazioni.
Le condizioni che favoriscono l’insorgenza di una trombosi venosa profonda sono varie, ma legate più frequentemente al rallentamento della circolazione venosa (immobilizzazione protratta a letto, interventi chirurgici in particolare ortopedici, addominali o pelvici, gravi cardiopatie, gravidanza e puerperio, traumi agli arti inferiori o al bacino, obesità) o ad alterazioni della coagulazione (emopatie, disordini della coagulazione, uso di estroprogestinici).
I pazienti con precedenti trombosi venose profonde presentano un aumentato rischio di recidiva. Una flebite superficiale può, anche se non frequentemente, estendersi al circolo venoso profondo attraverso le vene perforanti o le “crosse” safeniche.
Terapia
In ragione della maggiore gravità di questo quadro di flebite, il trattamento va seguito in modo rigoroso con l’impiego di farmaci anticoagulanti (sia per iniezioni sottocutanee sia per via orale), trombolitici, antinfiammatori.
In particolare, la terapia con anticoagulanti dovrà essere protratta nel tempo (almeno 3 mesi) per evitare sia le ricadute sia, principalmente, le gravi complicazioni (sindrome post-flebitica, ma soprattutto la temibile embolia polmonare).
Il paziente inoltre verrà sempre trattato con bendaggio dell’arto o calza elastica terapeutica e potrà camminare, tranne nel caso di trombosi venosa profonda che interessi anche la vena iliaca (nel bacino).
Complicanze della trombosi venosa profonda
Sindrome post-flebitica Dopo la fase acuta di una trombosi venosa profonda, si determina una insufficienza venosa cronica che si instaura nel tempo e che è dovuta alle lesioni delle valvole presenti nelle vene del circolo venoso profondo e delle vene perforanti.
La sindrome postflebitica è caratterizzata da un’aumentata pressione sanguigna presente nelle vene situate “oltre” la zona interessata dalla flebite (ossia in sede più periferica rispetto al cuore o, in termini tecnici, distale), dalla formazione di varici secondarie, da gonfiore più o meno vistoso dell’arto (edema), da colorazione (pigmentazione) brunastra della cute, da fastidioso senso di peso o da un vero e proprio dolore dell’arto.
Embolia polmonare È la complicanza più temuta, in quanto può essere mortale. È dovuta al distacco di un trombo dalla parete di una vena interessata da tromboflebite profonda. In generale, un trombo che viaggia all’interno del sistema circolatorio si definisce embolo.
Nel caso della tromboflebite profonda questo embolo, seguendo il flusso del sangue lungo l’albero venoso, giunge al cuore, entra nell’atrio destro, da qui al ventricolo destro e, attraverso l’arteria polmonare, giunge nel polmone ove può determinare l’occlusione totale o parziale dei vasi polmonari, con conseguente gravissimo rischio di morte.
Sindrome della classe economica Una varietà di tromboflebite è la cosiddetta sindrome della classe economica, che insorge in rapporto a un viaggio aereo di durata superiore alle 4-6 ore e colpisce soggetti predisposti (obesi, persone molto alte, pazienti con insufficienza venosa superficiale o profonda oppure con precedenti flebitici, pazienti con alterazioni della coagulazione, donne in gravidanza o che assumono farmaci estroprogestinici) e sembra essere dovuta alla prolungata immobilizzazione in posizione seduta con le ginocchia flesse, alla scarsa distanza tra i sedili esistente in classe economica e alla disidratazione corporea dovuta alla scarsa assunzione di liquidi. In caso di precedenti episodi di flebite, il medico potrebbe ritenere utile far eseguire una profilassi farmacologica mediante eparina.
Diagnosi
La diagnosi di flebite può essere semplice se i segnali rilevabili sul paziente e i disturbi sono conclamati, ancor più se nella storia del paziente si riscontrano fattori predisponenti.
In ogni caso chi notasse un improvviso gonfiore di una sola gamba o, peggio ancora, un arrossamento e dolorosa tensione del polpaccio, deve immediatamente consultare il medico. Allo stesso modo si impone un controllo medico qualora si noti gonfiore e indurimento di una vena varicosa, con o senza arrossamento della pelle sovrastante, con o senza dolore.
Spesso la visita deve essere completata da un esame ecodoppler del distretto venoso interessato, che permette al medico di valutare la compromissione del circolo venoso profondo, l’estensione e le caratteristiche del trombo, in particolare se è ben adeso alla parete venosa o se si muove (si parla di trombo flottante) e quindi indica il rischio di un suo distacco con conseguente rischio di embolia.
L’ ecodoppler è un esame non pericoloso e può essere ripetuto più volte senza alcun rischio per il paziente, sicché può essere utilizzato anche per controllare l’evoluzione di una flebite.
Solo in alcuni particolari pazienti può essere necessario un esame radiografico con iniezione di mezzo di contrasto (flebografia). [M.A.B.S.]