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Scompenso cardiaco: i segnali di rischio

Respiro affannoso, stanchezza e addome gonfio sono campanelli d’allarme da non trascurare. Ecco cosa fare

credits: iStock




Colpisce poco meno di un milione di italiani ed è la principale causa di morte per problemi cardiovascolari nel nostro Paese, più pericoloso di tumori al seno, intestino e prostata. Ma non solo: è la prima ragione di ricovero per gli over 65, mentre una persona su 10 è destinata a svilupparlo già dopo i 40 anni.

È lo scompenso cardiaco, condizione per cui il cuore non è più in grado di distribuire il sangue in maniera adeguata alle richieste dell’organismo. Chi ne soffre è costretto ad assumere molte medicine insieme, fattore che influisce negativamente sulla qualità della vita. Recentemente, però, è stato presentato un nuovo farmaco che permette di affrontare al meglio questa disfunzione cardiaca:

«Composto dalle molecole Sacubitril e Valsartan, riduce la mortalità del 20% rispetto alle cure usate fino a oggi e allunga la sopravvivenza fino a 2 anni. Rappresenta la prima grande innovazione terapeutica in questo campo negli ultimi 3 lustri e sarà rimborsato dal Servizio sanitario nazionale», sottolinea il professor Michele Senni, direttore di Cardiologia 1 dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.


Sintomi difficili da identificare

Le cause dello scompenso cardiaco? Vari tipi di cardiopatie (scatenate da problemi alle coronarie, alterazioni delle valvole, infezioni del cuore) e la cardiomiopatia dilatativa (cioè l’ingrossamento del ventricolo sinistro).

Riconoscere questo problema il prima possibile è determinante perché una diagnosi tardiva può complicare notevolmente le cure: «La difficoltà sta nel fatto che si può soffrire di scompenso senza saperlo, perché molti sintomi non sono per forza rivelatori», avverte l’esperto.

Qualche esempio? «Un diffuso senso di stanchezza che viene avvertito soprattutto nel pomeriggio. Perdita di appetito, addome ingrossato, gambe stanche e gonfie. Ma anche problemi di memoria e senso di confusione», avverte Senni.

Il segnale più frequente e indicativo, però, è la difficoltà di respirare: «Il cosiddetto affanno che prende già dopo una rampa di scale, una normale passeggiata oppure quando si è in posizione sdraiata e basta mettere un paio di cuscini sotto la testa perché il disturbo si attenui», elenca il cardiologo.

Nel momento in cui si avvertono questi segnali è sempre opportuno prenotare un controllo dal cardiologo: «Soprattutto se si considera che l’1% della popolazione italiana, cioè circa 600 mila persone, ha una disfunzione cardiaca che non presenta sintomi oppure ne dà pochi.

Sarà poi compito del medico valutarli, anche basandosi su esami diagnostici come un ecocardiogramma e una radiografia del torace», conclude il nostro esperto.


La scala di gravità del problema

La New York Heart Association ha individuato 4 gradazioni dello scompenso cardiaco. Eccole tutte secondo una scala di gravità crescente, dalla prima alla quarta.


Classe I (asintomatico)

Quando pratichi attività fisica non avverti difficoltà di respirazione, né sensazione di fatica. Il disturbo è rivelato solo dagli esami.


Classe II (lieve)

Fare attività moderata, come salire due rampe di scale oppure affrontare qualche gradino portando dei pesi, causa affanno o fatica.


Classe III (da moderato a grave)

A riposo stai bene ma risulta difficile anche semplicemente camminare per casa oppure salire mezza rampa di scale.


Classe IV (grave)

Ti risulta difficile respirare e ti senti affaticata anche quando sei tranquillamente seduta oppure sdraiata, a riposo.


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Articolo pubblicato sul n. 25 di Starbene in edicola dal 6/6/2017

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