hero image

Farmaci antiobesità: come funzionano e come si prendono

Combinati a dieta e attività fisica, sono un valido supporto per perdere peso. Scopri come agiscono

credits: iStock




Taglio delle calorie e incremento dell’attività fisica? Non solo. Per chi soffre di obesità moderata (vedi qui di seguito) possono essere prescritti da medici specializzati in scienza dell’alimentazione, medicina interna, diabetologia, cardiologia ed endocrinologia dei farmaci specifici, che non vanno visti come una scorciatoia per taglie forti, ma ocme valido supporto alla buona volontà di mettersi a dieta.

Ottimizzano infatti gli sforzi e assicurano una più rapida perdita di peso, a condizione che si sia determinati a dimagrire, altrimenti, non c’è pillola che tenga.

Come agiscono? E quali sono i pro e i contro? Ce lo spiega il dottor Giuseppe Rovera, specialista in scienza dell’alimentazione a Bergamo e Torino, segretario nazionale Sio (Società italiana obesità) e professore a contratto dei disturbi del comportamento alimentare all’università di Torino.


1 Se soffri di fame nervosa

Autorizzato dalla Fda americana dal 2015, è arrivato da poche settimane anche in Italia un nuovo farmaco basato sull’associazione di due molecole: T bupropione e naltrexone.

«Inizialmente usato come antidepressivo per i suoi effetti psicostimolanti (viene prescritto anche a chi vuole smettere di fumare), il bupropione agisce sul centro dell’appetito situato nell’ipotalamo, smorzando la fame, e sul sistema limbico legato alle emozioni e agli stati d’animo.

Inibendo la ricaptazione della dopamina e della noradrenalina, i neurotrasmettitori del piacere e della gratificazione, tiene sotto controllo i meccanismi che  spingono a mangiare per “consolarsi”», spiega il dottor Giuseppe Rovera.

«Il naltrexone, invece, è un antagonista dei recettori degli oppioidi, coinvolti anch’essi in prima linea nel controllo della fame e nel senso di appagamento derivante dal consumo di cibo. Insieme, le due molecole migliorano il tono dell’umore e riducono il cosiddetto craving, l’alimentazione compulsiva legata a stati di ansia».

Il farmaco, che viene dispensato dietro ricetta non ripetibile (quindi obbliga a tornare periodicamente dallo specialista), va preso con dosi a crescere, in modo da raggiungere il dosaggio pieno nell’arco di 4 settimane. «Gli studi clinici dimostrano che, associato a una dieta ipocalorica, il nuovo farmaco “due in uno” assicura una riduzione del 12% del peso iniziale nel giro di un anno», prosegue Rovera.

«Se dopo tre mesi il paziente non ha perso almeno il 5% del peso è meglio sospendere il trattamento perché nel 20% dei casi dei casi il farmaco non funziona». È controindicato a chi soffre di forte depressione e ha chi ha un’ipertensione non controllata dai farmaci.

Inoltre, specie nelle prime settimane, può dare stipsi, bocca secca, nausea, vomito, insonnia e agitazione.


2 Se mangi molti grassi

Introdotto in Italia nel 1999, l’orlistat è un farmaco antiobesità prescritto dallo specialista con ricetta ripetibile. Si tratta di una molecola sintetica che “cattura” e lega a sé i grassi a livello intestinale, riducendone l’assorbimento del 30%.

«Aumentando l’escrezione di grassi animali e vegetali, determina delle feci molli e untuose e, se si esagera con i condimenti, anche scariche diarroiche dopo i pasti», avverte Giuseppe Rovera.

«Un inconveniente imbarazzante che funge da deterrente a mangiare troppi grassi e induce ad autolimitarsi a tavola. Si prende un’ora prima di pranzo e cena e, a parte le feci oleose, non presenta effetti collaterali. 

È, però, controindicato a chi soffre di colon irritabile e morbo di Crohn. Può essere preso per lunghi periodi, avendo cura di integrare le vitamine liposolubili: la A, la D e la K».

Il più grande studio sull’effetto dimagrante di orlistat è stato pubblicato su The Lancet nel luglio 1998. Condotto su 743 pazienti, reclutati in 15 centri europei, dimostra una riduzione media del 10,2% del peso corporeo a due anni di trattamento.


3 Se hai problemi di diabete 

Per chi è obeso e soffre di diabete (o di resistenza periferica all’insulina, anticamera della malattia) può essere indicato il liraglutide: nato come farmaco per tenere bassa la glicemia, vanta anche un’azione riducente nei confronti del tessuto adiposo.

Il suo meccanismo d’azione? «Imita le funzioni di un ormone prodotto dall’intestino chiamato GLP-1 (Glucagon-like peptide 1) che ha il compito di inviare al cervello un precoce senso di sazietà, avvertito anche se si mangia poco», spiega il dottor Giuseppe Rovera.

«Quindi, si è automaticamente portati a mangiare di meno. Il farmaco viene prescritto in dosi graduali, da somministrare sottocute con una penna, per abituare l’organismo a tollerare la molecola. Inizialmente, infatti, può causare un forte senso di nausea e, a volte, vomito.

Uno studio pubblicato nel luglio 2016 sul New England Journal of Medicine, condotto su 4800 partecipanti, ha dimostrato che nel 62% dei casi dopo 40 settimane di trattamento si perde almeno il 5% del peso corporeo iniziale. Inoltre, migliora la sensibilità insulinica e aiuta a ridurre il grasso addominale viscerale, responsabile delle malattie cardiovascolari.

Ma quali sono i pazienti candidati al trattamento farmacologico? Non tutti quelli definiti obesi, ma coloro che hanno un Bmi (il famoso body mass index,
calcolato dividendo il peso in chili per l’altezza in metri al quadrato) compreso tra 30 e 35.

«Se invece hanno un Bmi tra 35 e 40, dipende dal quadro clinico e dall’anamnesi eseguita da un’équipe multidisciplinare, psicologo compreso», spiega il dottor Alessandro Giovanelli, chirurgo bariatrico e direttore di Inco (Istituto nazionale per la chirurgia dell’obesità), nato nel 2010 all’interno del Gruppo Ospedaliero San Donato, alle porte di Milano.


A chi sono indicate le pillole


Ma quali sono i pazienti candidati al trattamento farmacologico? Non tutti quelli definiti obesi, ma coloro che hanno un Bmi (il famoso body mass index, calcolato dividendo il peso in chili per l’altezza in metri al quadrato) compreso tra 30 e 35.

«Se invece hanno un Bmi tra 35 e 40, dipende dal quadro clinico e dall’anamnesi eseguita da un’équipe multidisciplinare, psicologo compreso», spiega il dottor Alessandro Giovanelli, chirurgo bariatrico e direttore di Inco (Istituto nazionale per la chirurgia dell’obesità), nato nel 2010 all’interno del Gruppo Ospedaliero San Donato, alle porte di Milano.

 Se il paziente è spinto da fame nervosa ed emotiva, si può comunque tentare con l’associazione di bupriopione e naltrexone. In alcuni casi, è sufficiente a raggiungere un peso accettabile, in altri serve a perdere quel tanto utile a programmare un intervento di chirurgia bariatrica più agevole».

Per il paziente con un Bmi tra 35 e 40, obeso e affetto da malattie cardiovascolari, è sicuramente indicato il trattamento chirurgico. La tecnica più innovativa?

Si chiama sleeve gastrectomy e consente di ridurre  longitudinalmente il volume dello stomaco di ¾ al fine di dare un precoce sazietà. In questo modo, infatti, vengono eliminati gli “ormoni dell’appetito” prodotti dal fondo gastrico.


 Fai la tua domanda ai nostri esperti

Articolo pubblicato sul n.3 di Starbene in edicola dal 03/01/2018


Leggi anche

Obesità: l’importanza della prevenzione

Obesità e salute delle articolazioni

Obesità: le nuove cure

Come contrastare l’obesità infantile?