Qual è la dieta che fa dimagrire di più?

Fra le tante diete in circolazione, scegliere quella giusta per perdere peso può essere complicato. Ogni proposta promette risultati rapidi, ma non tutte sono adatte per noi. Trovare l’approccio più efficace richiede consapevolezza e personalizzazione



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Low-carb o low-fat? Digiuno intermittente o chetogenica? Dieta vegetariana, vegana, paleo, Dukan oppure a Zona? Le opzioni per chi vuole perdere peso sono numerose. Basta una rapida ricerca online per ritrovarsi sommersi da mille promesse, testimonianze appassionate e consigli (spesso contraddittori). In mezzo a questa giungla di proposte, una domanda sorge spontanea: qual è la dieta che fa dimagrire di più? Come scegliere? E, soprattutto, esiste una risposta che vada bene per tutti?

L'importanza di personalizzare la dieta

Come dicono gli inglesi, “one size doesn’t fit all”. Tradotto: non esiste una soluzione che vada bene per tutti. Inutile mordersi le mani se la dieta seguita dalla vicina di casa non sortisce alcun effetto su di noi e nemmeno se, mangiando solo insalata, non abbiamo lo stesso vitino di vespa dell’amica che pranza esattamente così.

Ogni corpo è diverso e ciò che funziona per qualcuno può non essere adatto per qualcun altro. Non basta ridurre le calorie in modo generico: servono equilibrio, attenzione alle abitudini quotidiane e rispetto per la propria routine.

«Qualsiasi dieta, anche la più assurda, ci fa dimagrire se andiamo in deficit calorico», spiega la dottoressa Flavia Bernini, biologa nutrizionista. Tuttavia, per dimagrire, non è sufficiente dare qualche sforbiciata casuale a ciò che mangiamo: dobbiamo considerare il nostro stile di vita complessivo, fatto di preferenze alimentari, famiglia, lavoro, attività fisica e relazioni sociali. È da qui che si parte per costruire un piano alimentare ipocalorico sì, ma anche gestibile e personalizzato.

«Su queste basi, la dieta migliore è quella più sostenibile nel tempo», tiene a precisare l’esperta. «Di conseguenza non deve essere troppo rigida né complicata da seguire, altrimenti rischia di diventare una fonte di stress e frustrazione. Inoltre deve integrarsi bene con i ritmi della nostra vita, senza richiedere sacrifici estremi o rinunce permanenti: la flessibilità è l’elemento chiave per gestire gli imprevisti e i momenti sociali, come una cena fuori, un compleanno o una vacanza».

Pensare di “essere a dieta” non deve mai significare isolarsi o rinunciare a vivere pienamente. È solo quando l’alimentazione si incastra armoniosamente nella quotidianità che il cambiamento diventa davvero duraturo.

Quali sono le diete che non funzionano

Ricapitolando: la sostenibilità è la chiave, perché dimagrire in modo sano e duraturo richiede tempo, pazienza e costanza. Le scorciatoie, anche se allettanti, raramente portano a risultati stabili nel lungo periodo.

«Non esiste davvero la dieta dei sette chili in sette giorni, che dà titolo a un famoso film», precisa la dottoressa Bernini. «Una perdita di peso sana dovrebbe limitarsi circa allo 0,5% del proprio peso corporeo alla settimana. Si arriva fino all’1% quando si parte da un sovrappeso importante. Questo significa, ad esempio, che per una donna di 60 chili una perdita di 300 grammi in sette giorni è un ottimo risultato».

Numeri che possono sembrare deludenti rispetto alle promesse delle diete lampo, ma che sono fondamentali per preservare la massa muscolare, la salute metabolica e l’equilibrio psicologico. Al contrario, quando si punta a perdere peso troppo in fretta, si rischia di innescare un pericoloso circolo vizioso fatto di frustrazione, demotivazione e abbandono precoce del percorso.

Per questo motivo, alcune diete non potranno mai funzionare davvero, almeno non nel lungo periodo. Magari portano a una perdita di peso iniziale, ma sono talmente rigide, squilibrate o poco realistiche da risultare insostenibili nel tempo. In particolare, è bene diffidare di:

 

  • diete monotematiche o eccessivamente monotone, basate su un unico alimento o gruppo alimentare, come la dieta del gelato, del minestrone o della pizza. Non soltanto sono sbilanciate, ma possono anche generare carenze nutrizionali;
  • regimi drastici o troppo restrittivi, che promettono risultati veloci e spettacolari. Oltre a essere difficili da seguire, aumentano il rischio di effetto yo-yo: il peso perso viene recuperato appena si riprende a mangiare normalmente;
  • diete focalizzate solo sull’aspetto estetico, come quelle per la “prova costume”, che trascurano completamente la salute metabolica, il benessere psicologico e l’educazione alimentare;
  • strategie basate su scorciatoie o “alimenti miracolosi”, come integratori dimagranti, pillole brucia-grassi o cibi presentati come magici (zenzero, tè verde, cannella). Nessun alimento, da solo, può farci dimagrire;
  • modelli alimentari che dividono i cibi in “buoni” e “cattivi”, demonizzando determinati alimenti. Questo approccio può generare sensi di colpa, rigidità mentale e rapporto distorto con il cibo.


Dieta e chili persi: perché poi li si recupera

«Un altro problema delle diete drastiche o squilibrate è che, una volta sospese, tendiamo a riprendere rapidamente i chili persi, spesso con un surplus», riferisce la dottoressa Bernini. «Questo accade perché, dopo un periodo di forte restrizione calorica, il corpo reagisce in modo naturale aumentando la fame e rallentando il metabolismo per un meccanismo di autodifesa».

Un esempio emblematico di questo fenomeno è il Minnesota Starvation Experiment, uno studio condotto durante la Seconda guerra mondiale dal fisiologo Ancel Keys. L’esperimento aveva lo scopo di capire gli effetti della denutrizione e di studiare come riabilitare i soggetti colpiti dalla fame durante la guerra.

Nel corso dello studio, 36 volontari sani vennero sottoposti a una dieta fortemente ipocalorica (circa 1.500 kcal al giorno, la metà del loro fabbisogno abituale) per sei mesi. I risultati furono sorprendenti e inquietanti: oltre alla prevedibile perdita di peso, i partecipanti manifestarono una serie di effetti collaterali importanti, tra cui l’ossessione per il cibo, il calo del metabolismo, la riduzione dell’energia disponibile, l’umore depresso, la perdita di massa muscolare e un rapido aumento di peso, superiore al livello iniziale, una volta reintrodotta un’alimentazione normale.

«Questo esperimento dimostra chiaramente che la restrizione calorica prolungata può avere effetti psicologici e fisiologici importanti», commenta l’esperta, «e che il corpo umano, se spinto in condizioni di “carestia”, cerca di compensare appena ne ha l’occasione, portando spesso a un rimbalzo di peso, il cosiddetto effetto yo-yo». Dimagrire non deve significare “resistere” finché si può, ma costruire un nuovo equilibrio, realistico e duraturo.


La dieta migliore? La "dieta del buonsenso"

Alla fine, l’unica dieta che vince su tutte è quella del buonsenso. Non promette miracoli, ma garantisce risultati realistici, sostenibili e duraturi. Come funziona? «Per due o tre settimane monitoriamo il nostro modo di mangiare, pesandoci ogni tre giorni», suggerisce la dottoressa Bernini. «Se il nostro peso resta pressoché costante, fatte salve le normali oscillazioni legate ai liquidi e al ciclo mestruale nelle donne, significa che grosso modo le calorie che introduciamo con l’alimentazione e che spendiamo con il movimento corrispondono al nostro metabolismo di mantenimento del peso».

A quel punto, se il nostro obiettivo è perdere qualche chilo, non serve stravolgere tutto: basta individuare piccole modifiche da introdurre per creare un modesto deficit calorico, senza complicarci la vita. Ad esempio, siamo abituati a bere un bicchiere di vino ogni sera? C’è sempre un gelato o un dolce dopo cena, anche senza fame? Condiamo l’insalata con quattro cucchiai d’olio quando ne basterebbero due? «Evitando queste abitudini superflue, o semplicemente correggendole, inizieremo a perdere peso gradualmente», assicura l’esperta, «senza bisogno di rinunce drastiche o calcoli ossessivi».

È un approccio semplice, ma efficace, perché parte dalla consapevolezza, non dal sacrificio. Non impone cibi proibiti né schemi rigidi, ma si basa sull’ascolto del proprio corpo, sull’osservazione delle proprie abitudini e sulla capacità di fare piccoli aggiustamenti quotidiani. «Qui torniamo alla domanda iniziale: qual è la dieta migliore per dimagrire?», riflette l’esperta. «La risposta, per quanto possa sembrare semplice, è che una dieta ipocalorica, bilanciata e ispirata al modello mediterraneo resta la scelta più solida e sostenibile».


Come comporre la dieta ideale

Si tratta di un’alimentazione che non elimina interi gruppi alimentari, ma punta sull’equilibrio tra i macronutrienti – carboidrati complessi, proteine di qualità e grassi buoni – e su un’abbondante presenza di fibre, provenienti da frutta, verdura, legumi e cereali integrali, che aumentano il senso di sazietà e aiutano a ridurre gli “sgarri” dettati dalla fame o dalla voglia improvvisa di dolci e snack.

«Un occhio di riguardo va riservato alla quota proteica», raccomanda Bernini. «Questo non significa esagerare, ma aumentarla leggermente in modo equilibrato, perché durante il dimagrimento, oltre al grasso, rischiamo di perdere anche massa muscolare». Per questo motivo, è importante garantire un apporto adeguato di proteine, scegliendo fonti diverse e variando il più possibile: carne magra, come pollo o tacchino; pesce, sia azzurro che bianco; uova, possibilmente cucinate in modo leggero; formaggi magri o stagionati, in quantità moderate; legumi, che forniscono anche fibre e carboidrati complessi.

«Proprio come le fibre, anche le proteine favoriscono il senso di sazietà», conclude l’esperta, «e ci aiutano a restare a dieta senza soffrire la fame, migliorando la composizione corporea e preservando il tono muscolare». Un’alimentazione bilanciata, completa di tutti macronutrienti, compresi i tanto demonizzati carboidrati, ci fornisce anche l’energia necessaria per associare alla dieta una sana a piacevole attività fisica che, nel tempo, ci permetterà di arrivare prima e meglio all’obiettivo. 


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