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Reumatismi, i rimedi naturali

Articolazioni infiammate? Ecco le cure dolci che calmano il dolore e aiutano a risolvere il problema. In alternativa o a integrazione delle terapie convenzionali

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Mal di schiena, dolori a mani o ginocchia, cervicalgia, rigidità articolare appena svegli. Sono alcuni sintomi delle malattie reumatiche, oltre 200 secondo le stime della Società italiana di reumatologia.

Accomunate da dolori muscoloscheletrici, al punto da rappresentare la prima causa di disabilità nel nostro Paese, queste malattie sono in parte di origine autoimmunitaria, come l’artrite reumatoide o la sclerodermia. Le manifestazioni più comuni, però, sono dovute ad artrosi e artriti: in Italia ne soffrono almeno 4 milioni di persone.

Combattute a suon di antinfiammatori o di cortisonici (da prendere solo su prescrizione medica), queste patologie sono in genere legate all’invecchiamento, anche se certi disturbi compaiono già nei quarantenni. «Una valida alternativa viene dalla fitoterapia, eventualmente integrata con le terapie convenzionali: aiuta a contrastare dolori e infiammazione e ripristina la funzionalità articolare senza effetti tossici», sottolinea Fabio Rodaro, medico fitoterapeuta presso il Servizio di medicina integrata dell’Usl Toscana nord ovest. Ma vediamo quali sono le piante più indicate per le due diverse fasi della malattia reumatica, quella infiammatoria acuta e quella cronica a bassa intensità infiammatoria.


  • Artiglio del diavolo e salice quando il dolore è breve e intenso


L’articolazione si presenta gonfia, arrossata, calda: si tratta di artrite. Fortunatamente di solito dura solo qualche giorno, ma con forti dolori. «In questi casi si può ricorrere all’harpagophytum procumbens o artiglio del diavolo», consiglia l’esperto. «Questa pianta, originaria della Namibia, è raccomandata per la sua efficacia e la bassa tossicità. Contrasta l’azione delle molecole infiammatorie come la lipossigenasi e i leucotrieni; la posologia consigliata è di 600-1200 mg al giorno. L’importante è che il prodotto acquistato in farmacia sia titolato almeno al 4% in arpagoside, cioè che abbia un contenuto standardizzato del principale principio attivo».

Un’altra pianta utile, che agisce in sinergia con l’artiglio del diavolo (spesso le trovi associate nelle specialità fitoterapiche), è il salice. «Spegne l’infiammazione grazie alla salicina e il dosaggio suggerito è di 240 mg al giorno», continua Fabio Rodaro.


  • Curcuma e boswellia se l’infiammazione è cronica


Da tempo senti fastidi e scricchiolii alla spalla, oppure il ginocchio è rigido e fai fatica a fare le scale. Sono segnali dell’artrosi, patologia cronica che comporta la degenerazione della cartilagine e la diminuzione del liquido sinoviale, il lubrificante delle nostre articolazioni. Così si crea un attrito fra le diverse parti che provoca uno stato infiammatorio leggero ma costante. I dolori non sono lancinanti come nell’artrite, ma il bruciore si scatena di fronte a eventi come uno stress o uno sforzo improvviso.

«Nella terapia cronica sono utili piante come curcuma e boswellia», spiega il fitoterapeuta. «In uno studio pilota, pubblicato sulla rivista Phytoterapy, la curcuma è risultata più efficace del diclofenac, comune principio antinfiammatorio, ma senza gli senza effetti collaterali e con, in più, la capacità di proteggere la mucosa gastrica. Quanto alla boswellia, una resina ricavata dall’albero del guggul, ha dimostrato la capacità di migliorare rigidità mattutina e altri dolori muscoloscheletrici».

Attenzione, la curcuma non si assimila facilmente: arricchire i piatti o prenderla in polvere non basta. Occorre assumerla sotto forma di integratori in capsule o compresse, titolate in curcuminoidi al 95% e preferibilmente con aggiunta di piperina (sostanza che ne incrementa l’assorbimento). Prendine almeno 300 mg, 3 volte al giorno per un paio di mesi. La posologia della boswellia, invece, che deve essere titolata al 95% in acidi boswellici, è di 1 g al giorno.

«La cura con queste piante può protrarsi fino a 3 mesi, meglio se abbinando, su consiglio del medico, altri antinfiammatori di origine naturale come borragine, ribes e enotera, piante ricche di acidi grassi Omega 3», conclude l’esperto.

E per chi soffre di artrite reumatoide o altre malattie più gravi di origine autoimmunitaria, accertate dagli esami del caso? Fermo restando che lo specialista di riferimento deve essere il reumatologo, è possibile coadiuvare la terapia con rimedi naturali. «Si tratta di immunoterapici di origine vegetale, preparati in modo tale da riequilibrare lo stato infiammatorio», spiega Giuseppe Bova, reumatologo esperto di omeopatia e nutrizione a Desenzano sul Garda (BS). «Questi medicinali sono efficaci e si possono prendere per lunghi periodi ma la cura va personalizzata. La microimmunoterapia, infatti, non si sostituisce al sistema immunitario, non lo blocca e non ne sovverte le funzioni. Non è un vaccino dove gli anticorpi sono introdotti già preformati. È stimolante se si è iporeattivi e modulante quando si è iperattivi». Cure che vanno associate a una dieta corretta.



Attenta alla dieta

«L’alimentazione ha un ruolo fondamentale nel prevenire e curare l’infiammazione e, nei disturbi meno gravi, può portare alla guarigione», afferma Giuseppe Bova, reumatologo, omeopata ed esperto di nutrizione a Desenzano del Garda (BS). Con l’aiuto dell’esperto vediamo le regole principali.

  • 1. Evita i carboidrati raffinati (dolci, pizze, bibite zuccherate): aumentano l’insulina, ormone che attiva l’infiammazione. Preferisci i cereali integrali (a basso indice glicemico).

  • 2. Sì alle carni bianche e al pesce azzurro, ricco di acidi grassi Omega 3. Le carni rosse, invece, favoriscono i processi infiammatori.

  • 3. Via libera ai vegetali ricchi di polifenoli con potere antinfiammatorio, come more, mirtilli, maqui, agrumi e verdura in foglia verde scuro

  • 4. Assicurati un apporto costante di vitamina D, che innalza la soglia del dolore. Contenuta nei pesci, ne fai incetta esponendoti al sole.

  • 5. A ogni pasto porta in tavola un terzo (in valore calorico) di carboidrati, un terzo di proteine e un terzo di grassi. Non dissociare i nutrienti.




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Articolo pubblicato sul n. 2 di Starbene in edicola dal 27 dicembre 2018

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