Dopo i sessant’anni, ben una persone su tre ne soffre in maniera cronica: la lombalgia infatti è il primo stadio della patologia degenerativa legata al fisiologico invecchiamento della colonna vertebrale, ecco perché il disturbo diventa così comune con l’invecchiamento.
Secondo le stime, i soggetti più a rischio sono quelli che, per lavoro, movimentano carichi o svolgono lavori sedentari, davanti al computer o al volante di un auto.
La lombalgia è una condizione tanto più frequente quanto maggiore è l’indice di massa corporea, mentre non mostra predilezione per il sesso maschile o femminile.
Inoltre è di più frequente riscontro nelle persone che praticano jogging, specie se sull’asfalto, poiché l’appoggio su un terreno duro, spesso terribilmente dissestato, determina una pressione tale sulla colonna che sul lungo periodo ne può facilitare la degenerazione.
In Italia come nel mondo, la lombalgia è anche una patologia con un impatto sociale non da poco se si pensa che, secondo l’INAIL, ogni anno si perdono mediamente trenta milioni di ore di lavoro a causa del mal di schiena.
Le stime poi evidenziano come ogni anno, in Italia, ci siano dai 7 ai 10 milioni di lavoratori che accusano lombalgia, con una richiesta media di tre giorni di astensione dal lavoro.
La lombalgia può manifestarsi con un forte mal di schiena, che nei casi più lievi trova sollievo e risoluzione con la prescrizione di un antidolorifico.
La situazione è più grave se, oltre al mal di schiena, compare anche un interessamento del nervo sciatico, oppure se ci si trova di fronte a lombalgia cronica e quindi afflitti da un dolore sordo che tende ad acutizzarsi improvvisamente; in questo caso è necessario ricorrere a provvedimenti che rechino benefici sull’immediato e sul lungo termine.
L’approccio coretto e risolutivo al problema non è assolutamente facile da individuare e neppure facilmente standardizzabile: se il problema colpisce prima dei quarant’anni e affligge persone abituate a praticare sport anche a livello agonistico, può essere utile e risolutivo avvalersi dell’artroplastica lombare ovvero andare a sostituire il disco non più funzionante con un disco artificiale.
Come spiega il dottor Raffaele Roperto, MD Dirigente Neurochirurgo, San Filippo Neri, «questo nuovo approccio si rivolge a pazienti giovani, al di sotto dei quanrant’anni, prevalentemente sportivi, ma anche non professionisti; se a sottoporvicisi sono i meno giovani, l’intervento mira a mantenere più o meno immodificata la normale funzionalità della colonna vertebrale, il più vicino possibile alla sua funzionalità fisiologica. La degenza media, tra ricovero e post operatorio, non supera i sei giorni: il paziente viene invitato ad alzarsi 24 ore dopo l'intervento. I tempi di recupero sono molto brevi, e non richiede riabilitazione, eccetto nei casi di professionisti sportivi che hanno bisogno di tonificare la massa muscolare».
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