Lo studio REVIVE (REal Women’s VIew of Treatment Options for Menopausal Vulvar/Vaginal ChangEs), condotto in quattro paesi europei, Italia inclusa, su mille donne italiane in menopausa con almeno un sintomo di atrofia vulvo-vaginale, ha rilevato come il 78% delle intervistate abbia indicato il fastidio provocato dalla secchezza vaginale e il dolore durante il rapporto sessuale, come uno dei sintomi più invalidanti dell’atrofia vulvo-vaginale stessa.
La menopausa porta con sé molto spesso atrofia vulvo-vaginale (AVV): lo studio EU REVIVE ha evidenziato come il 75% delle donne italiane in post menopausa sia sessualmente attivo nonostante il manifestarsi di uno o più sintomi legati all’AVV, e la riduzione dello stimolo o desiderio sessuale causati dal disturbo stesso.
I trattamenti principali per l’AVV, almeno fino ad oggi, comprendono la terapia ormonale sostitutiva (TOS) e la terapia estrogenica locale.
La terapia ormonale sostitutiva consiste nella somministrazione per bocca o via pelle di estrogeni: tale trattamento permette di ripristinare il normale pH vaginale, ispessire e rivascolarizzare l’epitelio, nonché migliorare la lubrificazione vaginale.
Quando questo trattamento però non è davvero indispensabile per curare solo l’AVV, è meglio ricorrere alla terapia estrogenica locale che non comporta nessuno degli effetti sistemici avversi determinati dalla terapia sostitutiva, avvalendosi in particolare di ovuli, creme, compresse, gel o anelli vaginali.
Molte donne però non sono disposte a utilizzare le terapie locali a base di estrogeni perché le considerano scomode (devono inserirle con regolarità in vagina) oppure perché sono preoccupate dagli effetti collaterali legati agli estrogeni contenuti nelle formulazioni, seppur applicate per via locale: tutte queste variabili possono compromettere negativamente l’aderenza al trattamento e determinare una gestione subottimale dell’AVV.
L’AVV si può affrontare anche mediante l’utilizzo di lubrificanti e trattamenti non ormonali: i lubrificanti servono essenzialmente per arginare il dolore durante i rapporti, ma non costituiscono una soluzione terapeutica.
Stesso discorso vale per gli idratanti vaginali, anche se alcuni dati suggeriscono che l’uso costante di agenti idratanti e di alcune sostanze nutrienti possano avere comunque un effetto più duraturo.
Come spiega la professoressa Rossella Nappi della Clinica Ostetrica & Ginecologica, IRCCS Policlinico San Matteo, Dipartimento di Scienze Cliniche, Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche dell'Università degli Studi di Pavia, «un nuovo approccio al problema è costituito dalla prescrizione dell’ospemifene per os, una molecola che non è un ormone, ma che esercita sulle cellule della vagina un’azione simile a quella esercitata da un estrogeno. È un farmaco che agendo sui tessuti vaginali ne migliora l’elasticità e la lubrificazione, riducendo conseguentemente il dolore in modo che la donna possa vivere il proprio rapporto con serenità e soddisfazione».
«Quando si prescrive una terapia per l’atrofia vulvo-vaginale è buona norma rivedere la paziente dopo tre/quattro mesi per verificare l’aderenza alla terapia e la tollerabilità, una regola generale quando si prescrive un farmaco in menopausa che vale anche per ospemifene – prosegue l’esperta – Per quanto riguarda la durata della terapia, si tratta di un trattamento cronico che può essere assunto in maniera continuativa, prevedendo controlli ginecologici annuali».