L’atrofia vulvo vaginale (AVV) è una condizione cronica molto comune in post menopausa: si stima che il disturbo compaia in concomitanza con la menopausa interessando una donna su due. La carenza estrogenica tipica di questa fase della vita della donna determina infatti un assottigliamento delle pareti vaginali che diventano più fragili e meno lubrificate; ecco perché compare secchezza e dolore durante il rapporto intimo.
Pur essendo un disturbo così comune, capace di minare seriamente l’intimità di coppia (basti pensare che il 67% delle donne con AVV evita l’intimità con il partner), l’atrofia vulvo vaginale è ancora un disturbo sottostimato da medici e pazienti. Le donne tendono a credere che l’AVV sia semplicemente un sintomo connesso con la menopausa, come le vampate o gli sbalzi d’umore, e destinato quindi a mitigarsi con il tempo.
L’AVV, invece, è una condizione che tende a cronicizzarsi se non trattata adeguatamente: il disturbo si caratterizza per il prurito, la secchezza, talvolta possono comparire anche piccole perdite ematiche e la vagina diventa il terreno ideale per lo sviluppo di microorganismi responsabili di fastidiose infezioni intime. L’intimità con il partner diventa difficile, tanto da poter mettere in crisi il rapporto.
L’AVV insieme al calo della libido (anch’essa conseguenza della carenza estrogenica tipica della menopausa) sono gli ostacoli più grandi alla sessualità felice e appagante in questa fase della vita della donna: la secchezza della condizione tipica dell’atrofia vulvo vaginale inoltre, spesso impedisce la penetrazione, causando anche dei problemi di disfunzione erettile nel partner maschile. Senza la giusta lubrificazione c’è dolore per lei e mancato piacere e difficoltà nella penetrazione per lui.
Le donne dovrebbero parlare di questo disturbo con il ginecologo o il medico di fiducia, perché se il problema non viene affrontato può solo peggiorare: l’AVV può trovare sollievo seguendo una terapia ormonale sostitutiva o, quando non ci sono altre problematiche di sorta, anche solo con l’impiego di estrogeni da applicare localmente.
In commercio sono disponibili anche presidi a base non estrogenica che migliorano l’idratazione vaginale: questi rimedi possono non risultare efficaci come quelli a base di ormoni, ma possono sicuramente aiutare a ridurre la sintomatologia.
Come chiarisce la dottoressa Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica del San Raffaele Resnati di Milano «dopo tre anni dall’ultimo ciclo, soffre di secchezza vaginale il 47% delle donne, e dopo dieci anni dalla menopausa quasi tutte. Le donne però spesso non collegano i sintomi che sperimentano alla carenza di estrogeni. Basti pensare che solo il 4% delle donne attribuisce all’atrofia vaginale la secchezza vaginale, il dolore durante i rapporti ed il bruciore, solamente il 12% li attribuisce a cambiamenti ormonali e solo il 24% li attribuisce alla menopausa. Ben il 63% pensa invece che i disturbi passeranno con l’età, senza rendersi conto che, senza estrogeni, l’invecchiamento accelerato dei tessuti continuerà».
«Da settembre poi – prosegue la dottoressa Graziottin – sarà disponibile in Italia un nuovo farmaco da assumere per bocca, l’ospemifene, un rimedio indicato per tutte le donne e le coppie che non amano le terapie locali. Tale molecola è stata approvata anche per le donne con tumore al seno che abbiano completato le cure ormonali: finalmente una risposta efficace anche alla secchezza vaginale che devasta la vita di molte donne colpite da questo tipo di tumore».