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Alito cattivo: i migliori rimedi

Colpisce il 40% degli italiani e può dipendere da diverse cause. Scopri quali sono le più frequenti e come intervenire in modo mirato

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Il 40% degli italiani soffre di alitosi. Lo dimostra una ricerca del Centro per la diagnosi e la cura dell’alitosi dell’Ospedale Le Molinette di Torino, che ha identificato anche quali sono i problemi più spesso all’origine di questo disturbo.

Già, perché anche se molti cercano di camuffarlo con caramelle balsamiche e spray rinfrescanti, l’alito cattivo è spesso la spia di un problema di salute generale e i rimedi salvafreschezza spacciati come risolutori sono di breve durata. Per eliminare questo disturbo occorre invece intervenire sulle vere cause dell’alitosi.


Se dipende dai denti

«Nella gran parte dei casi le colpe sono di una scarsa igiene orale», spiega Massimo Mingardi, odontoiatra e docente in parodontologia all’Università Milano-Bicocca. «La placca batterica, combinandosi con i residui di cibo, dà il via a reazioni chimiche che producono gas di zolfo, responsabili di un odore sgradevole.

Inoltre, con il tempo, la placca si trasforma in tartaro, un cemento duro che infiamma e fa sanguinare le gengive: i globuli rossi si sedimentano nel solco gengivale e, degradandosi, alterano ulteriormente la freschezza dell’alito. Anche le carie possono sprigionare un odore acre e persistente».

  • Che cosa fare «Fissa una visita dal dentista per eliminare eventuali carie e per effettuare una pulizia con l’igienista dentale, utile a rimuovere il tartaro che si è infiltrato l di sotto delle gengive», consiglia il nostro esperto. «Poi, per mantenere i risultati, lavati i denti dopo ogni pasto.
  • La sera utilizza il filo interdentale e uno spazzolino morbido per detergere la lingua: i batteri orali si sedimentano anche sulla sua superficie. Durante la giornata, bevi spesso acqua e limone, o mastica chewingum senza zuccheri: stimolano la salivazione, meccanismo di detersione naturale della bocca. No alle sigarette: trasformano la placca in tartaro».


Se dipende da una faringite

L’alito può perdere la sua freschezza anche per colpa di disturbi che colpiscono le prime vie aeree. «Quelli più frequenti sono le tonsilliti e le faringiti croniche», spiega Enrico Brenna, specialista in otorinolaringoiatria. «In gola si formano sacche batteriche che, pur non dando sintomi come bruciore o dolore, sono all’origine del cattivo odore.

Possibile alitosi in agguato anche per colpa di un setto nasale deviato, soprattutto se questa malformazione impedisce il normale deflusso del muco. Questo ristagna all’interno delle narici e, poiché il retro del naso è in diretta comunicazione con la bocca, può riservare insospettabili effetti anche sulla freschezza dell’alito».

  • Che cosa fare Prendi appuntamento con l’otorino. «In caso di faringite e tonsillite cronica lo specialista può prescriverti un tampone orofaringeo (il prelievo di un piccolo campione del secreto presente in gola) che identifica i batteri colpevoli delle infezioni e poi consigliarti una cura antibiotica mirata», spiega l’otorinolaringoiatra.
  • «Se l’alitosi dipende invece da un setto nasale deviato, può suggerirti di utilizzare soluzioni saline da instillare nel naso (in farmacia): lo liberano dai ristagni a rischio. Se ciò non basta, può proporti un intervento chirurgico per “raddrizzare” il setto deviato: viene effettuato in ambulatorio, in anestesia locale e va seguito da una settimana di convalescenza».


I cibi da evitare

Cipolla, aglio, curry e alcolici: se soffri di alito pesante evitali. Una volta assimilati, questi cibi passano infatti nel sangue e una certa quota si trasforma in gas volatile, che viene poi eliminato con il respiro.

Se proprio non vuoi rinunciare a qualche spicchio d’aglio nei tuoi piatti (fa bene), per evitare sgradevoli “effetti collaterali”, subito dopo il pasto ti basta sgranocchiare una mela o consumare delle foglie di lattuga fresca. Una recente ricerca dell’Ohio State University, pubblicata sul Journal of Food Science, ha dimostrato che questi provvedimenti riducono del 50% l’alitosi.  


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Articolo pubblicato sul n. 1 di Starbene in edicola dal 20/12/2016

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