VACCINI

Le malattie infettive sono causate da diversi microrganismi (virus, batteri, protozoi, miceti) che possono trasmettersi da un individuo a molti altri e che, una volta penetrati nel soggetto infettato (detto ospite), si moltiplica ripetutamente causando la malattia. L’ospite, dal canto suo, attiva un complesso meccanismo di difesa, detta immunitaria, producendo proteine specifiche (gli anticorpi) finalizzate […]



Le malattie infettive sono causate da diversi microrganismi (virus, batteri, protozoi, miceti) che possono trasmettersi da un individuo a molti altri e che, una volta penetrati nel soggetto infettato (detto ospite), si moltiplica ripetutamente causando la malattia. L’ospite, dal canto suo, attiva un complesso meccanismo di difesa, detta immunitaria, producendo proteine specifiche (gli anticorpi) finalizzate a eliminare l’agente infettante e determinando così la guarigione.

Per alcune malattie infettive gli anticorpi, permanendo a lungo nell’ospite, impediscono che questo si ammali se infettato nuovamente dal medesimo microrganismo. In questo caso il soggetto può definirsi immune dalla malattia che ha superato.

L’aver reso l’uomo artificialmente immune da molte malattie infettive rappresenta un importantissimo traguardo raggiunto dalla medicina moderna con la pratica delle vaccinazioni.


Cos’è un vaccino

I vaccini sono prodotti farmaceutici costituiti da piccole quantità di un certo microrganismo in grado di causare una malattia infettiva (e in qualche caso solo da una porzione del microrganismo) trattati in modo da far perdere loro la capacità infettante (quindi di generare la malattia) ma non quella immunogena (cioè la capacità di scatenare la reazione di difesa immunitaria). In questo modo, una volta somministrato, un vaccino non solo non provoca la malattia ma, al contrario, determina nella persona vaccinata una valida difesa nei confronti della malattia stessa.


Vaccini a uso umano

I vaccini usati nell’uomo sono numerosi: attualmente, in Italia, per tutti i nuovi nati sono obbligatorie le vaccinazioni contro la difterite, il tetano, la poliomielite e l’epatite virale B. Altre importanti vaccinazioni sono raccomandate e comprese nel calendario delle vaccinazioni per l’età evolutiva.

L’obbligo di legge, anche se ha sicuramente prodotto risultati considerevoli come l’eliminazione della difterite e l’eradicazione della poliomielite, andrebbe in effetti superato, in quanto la distinzione tra obbligatorie e raccomandate non ha alcun senso e tutte le vaccinazioni di comprovata efficacia dovrebbero essere ugualmente eseguite non tanto per imposizione legale ma per scelta consapevole.


Significato del termine

Vaccino significa letteralmente “derivato da una vacca”. Sin dai tempi più antichi il vaiolo cagionava estese e spaventose epidemie. Le persone colpite, nella maggioranza dei casi, morivano; i sopravvissuti rimanevano con il corpo deturpato da numerose cicatrici ma non erano più soggetti a quella malattia. Alla fine del Settecento in Inghilterra Edward Jenner, un dottore di campagna, osservò che le mungitrici di latte venivano colpite da una forma più lieve di vaiolo che guariva senza lasciare cicatrici: si trattava del vaiolo bovino e secondo la tradizione popolare chi aveva contratto quella forma molto lieve di vaiolo risultava poi protetto contro il ben più grave vaiolo umano. Jenner volle verificare tale ipotesi, così inoculò un bambino di 8 anni con materiale proveniente da pustole vaiolose bovine. Questo si ammalò di una lieve forma di vaiolo e dopo 6 settimane guarì completamente senza alcuna cicatrice. Successivamente il dottore inoculò nuovamente il ragazzo, ma questa volta con materiale proveniente da pustole umane: non comparve alcun segno di malattia, e ciò significava che l’immunizzazione con vaiolo bovino l’aveva reso immune dal vaiolo umano. Jenner chiamò tale pratica vaccinazione e il nome è rimasto tuttora in vigore.


Vaccino contro il papillomavirus Umano (HPV)

Il Papillomavirus umano (HPV), molto diffuso, si trasmette per via sessuale: si stima che circa l’80% della popolazione sessualmente attiva contragga l’infezione almeno una volta nella vita. Esistono oltre 100 tipi di HPV: essi possono provocare lesioni della cute e delle mucose dell’apparato genitale ma anche di altre parti del corpo originando, per esempio, le verruche delle mani e dei piedi. Tra i virus responsabili delle infezioni genitali, quelli “a basso rischio” sono responsabili dei cosiddetti condilomi floridi della cute del perineo, delle mucose della vagina e del collo dell’utero. Quelli “ad alto rischio” (un gruppo ristretto di 13 virus) possono causare il carcinoma del collo dell’utero (la cosiddetta cervice uterina). L’HPV 16 e l’HPV 18 sono responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma della cervice uterina; l’HPV 6 e l’HPV 11, invece, determinano il 90% dei condilomi genitali. L’infezione da HPV è molto frequente nelle donne giovani, e oltre il 50% delle donne sessualmente attive si infetta con HPV ad alto rischio di provocare tumori: tuttavia meno dell’1% di esse sviluppa lesioni pre-tumorali e tumorali. L’infezione è frequentemente transitoria e solo nei casi di persistenza si possono sviluppare (dopo circa 5 anni) lesioni pre-tumorali e (dopo decenni) cancro.

Attualmente sono disponibili due vaccini costituiti da particelle simil-virali ottenute in laboratorio (denominate Virus-Like Particles o VLP), le quali mantengono la capacità immunogena del virus ma non quella infettante. Esistono oggi due tipi di vaccino: uno quadrivalente (che cioè protegge da HPV 16, 18, 6 e 11), l’altro bivalente (protegge da HPV 16 e 18). L’efficacia del vaccino è stata dimostrata nelle donne fino a 26 anni di età.

I vaccini sono sicuri: la loro efficacia nel prevenire le lesioni precancerose e il cancro della cervice è di circa il 95% nelle donne mai infettate da HPV, ma scende intorno al 40% se è già avvenuta l’infezione.

Il vaccino deve essere somministrato per via intramuscolare, nel muscolo deltoide, in 3 dosi a tutte le ragazze nel corso del dodicesimo anno di vita, in quanto la vaccinazione in questa fascia d’età garantisce la possibilità di far acquisire l’immunità prima dell’inizio dell’attività sessuale, e di ottenere una risposta anticorpale ottimale al vaccino. Comunque la vaccinazione può essere estesa a fasce d’età superiori, fino ai 26 anni.

Il vaccino non ha effetto curativo e la durata della protezione conferita non è attualmente nota; è stata comunque osservata un’efficacia protettiva prolungata per 4-5 anni dopo il completamento del ciclo delle 3 dosi.

Questa vaccinazione potrebbe determinare una falsa sicurezza verso altre infezioni sessualmente trasmesse che non possono essere prevenute dal vaccino anti HPV. Inoltre lo screening del carcinoma uterino mediante PAP test deve essere assolutamente mantenuto e bisogna evitare una minore adesione. Il 30% circa dei cervicocarcinomi sono causati da virus HPV non contenuti nel vaccino, che è efficace completamente solo se somministrato prima dell’inizio dell’attività sessuale.


Vaccinazioni per gli adulti

La strategia vaccinale per l’adulto, a differenza di quella universale adottata per l’età pediatrica, è normalmente di tipo individuale, cioè specificamente orientata alla selezione di gruppi di popolazione a rischio definibili secondo i seguenti indicatori:

La vaccinazione antinfluenzale L’influenza è una malattia infettiva acuta causata dai virus influenzali A, B o C. Il virus A determina forme epidemiche e talvolta pandemiche, il B provoca più frequentemente forme sporadiche o piccole epidemie, il virus C ha scarsa rilevanza clinica e non è incluso nei vaccini. I virus influenzali, in particolare quello di tipo A, hanno come caratteristica peculiare quella di poter modificare le proprie caratteristiche antigeniche, con la conseguente riduzione o annullamento dell’immunità precedentemente acquisita dalla popolazione. Questo meccanismo determina l’andamento epidemiologico della malattia influenzale, caratterizzato dal susseguirsi di pandemie e di episodi interpandemici. Alta contagiosità e breve periodo d’incubazione rendono conto del gran numero di ammalati che ogni anno si concentrano in un arco temporale limitato determinando un consistente problema di sanità pubblica. Normalmente l’infezione si autolimita e la guarigione si verifica in media entro una settimana, ma possono insorgere complicazioni importanti quali quelle respiratorie e cardiache, potenzialmente mortali in particolare negli anziani e nei soggetti affetti da patologie croniche. In oltre il 90% dei casi, la letalità da influenza si verifica nei soggetti di età superiore a 60 anni. La vaccinazione rappresenta lo strumento più efficace per la prevenzione della malattia influenzale ed è un intervento di sanità pubblica caratterizzato da un rapporto costo-beneficio e rischio-beneficio favorevole. L’immunità acquisita contro i virus influenzali viene definita tipo-specifico, pertanto i vaccini contengono ceppi virali di tipo A e B che vengono periodicamente aggiornati.

La strategia vaccinale attuale non mira all’interruzione della trasmissione della malattia, obiettivo difficilmente praticabile dato che ogni anno sarebbe necessario vaccinare l’intera popolazione, bensì principalmente alla prevenzione delle complicanze cliniche e dei decessi nelle fasce più a rischio. La vaccinazione è mirata agli anziani con più di 65 anni e ai soggetti di qualsiasi età affetti da patologie croniche.

Il piano sanitario nazionale pone come obiettivo delle campagne di vaccinazione annuali il raggiungimento della copertura di almeno il 75% della popolazione di età superiore a 65 anni. Oltre ai soggetti affetti da patologia cronica, devono essere vaccinati anche i soggetti particolarmente esposti alla malattia, tra cui:

  • donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza;
  • individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegenti;
  • medici e personale sanitario di assistenza;
  • familiari e contatti di soggetti ad alto rischio;
  • soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo;
  • personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani (allevatori, addetti al trasporto di animali vivi, macellatori e vaccinatori, veterinari).

I vaccini antinfluenzali sono sicuri e gli eventi avversi del tutto trascurabili nella popolazione generale: in particolare, si osservano quasi esclusivamente reazioni locali, mentre molto limitata è la frequenza di fenomeni allergici e di febbre. Si somministrano con un’unica iniezione intramuscolare al deltoide, da ripetere annualmente prima dell’inizio della stagione epidemica.

Possibile la somministrazione associata con il vaccino antipneumococcico iniettato in altra sede del corpo.

Vaccinazione antitetanica La vaccinazione è indicata per tutti. Se l’adulto non è mai stato vaccinato devono essere somministrate tre dosi : al tempo 0, dopo 1-2 mesi, dopo 6-12 mesi. Per le prime due dosi si utilizza il vaccino monocomponente con 40 UI di anatossina tetanica, mentre per la terza dose e per i richiami che devono essere eseguiti ogni 10 anni si può usare convenientemente il vaccino per adolescenti e adulti dTpa, che contiene quantità ridotte di anatossina difterica, tetanica e di antigeni della Bordetella pertussis rispetto a quello usato per i bambini. La formulazione per adulti va comunque usata dopo il compimento dei 6 anni di età al fine di evitare l’insorgenza di reazioni avverse.

L’uso del dTpa per la terza dose e per i richiami permette di mantenere la protezione contro la difterite e di ridurre la circolazione della pertosse nell’adolescente e nell’adulto, strategia che ha peraltro, in aggiunta al vantaggio individuale, anche la positiva ricaduta comunitaria di proteggere i nuovi nati non ancora vaccinati contro la pertosse.

Se il ciclo vaccinale di base con 3 dosi è stato completato, non sarà necessario ricominciare dall’inizio, qualunque sia l’intervallo trascorso dopo la terza dose, tuttavia permane la raccomandazione di effettuare il richiamo con dTpa ogni 10 anni.

La vaccinazione antitetanica nei soggetti di età superiore ai 65, dove le coperture sono più scarse e il rischio di tetano maggiore, si presta a essere eseguita in co-somministrazione durante la campagna vaccinale antinfluenzale.

Vaccinazione contro morbillo e rosolia I soggetti di qualunque età che non si siano ammalati di morbillo e non siano stati vaccinati devono essere sottoposti a 2 dosi di vaccino MPR (morbillo-parotite-rosolia), lo stesso usato per i bambini, alla distanza di almeno un mese l’una dall’altra. Questi soggetti sono ragionevolmente da ricercarsi nelle persone di età inferiore a 50 anni e in quelle a rischio per condizioni di vita o presenza di determinate patologie.

Tutte le adolescenti e le donne in età fertile, senza una documentazione di vaccinazione o di sierologia positiva per rosolia, devono essere vaccinate con 2 dosi di MPR con un intervallo di almeno un mese. La vaccinazione per la rosolia deve essere eseguita, inoltre, nelle puerpere e nelle donne che effettuano un’interruzione di gravidanza e siano suscettibili alla malattia prima della dimissione ospedaliera. Infine, devono essere vaccinati tutti gli operatori sanitari non immuni e le donne esposte a elevato rischio professionale, come le insegnanti e il personale delle scuole materne ed elementari.

Il vaccino combinato MPR, contenente virus vivi e attenuati, può essere tranquillamente utilizzato anche se il soggetto è esposto a una sola delle 3 malattie prevenute dal vaccino. MPR è controindicato in gravidanza e nei pazienti immunocompromessi, ed è efficace nella profilassi di queste malattie nei soggetti che sono stati esposti a un possibile contagio post-esposizione del morbillo, purché somministrato entro 72 ore dall’esposizione. Si tratta, come per il vaccino contro la varicella, di un’eccezione in quanto di solito per risultare protetti nei confronti di una malattia infettiva si deve essere già stati vaccinati prima dell’esposizione.

Vaccinazione contro la varicella I soggetti che non si sono ammalati di varicella devono essere vaccinati con 2 dosi alla distanza di 4-8 settimane l’una dall’altra. Particolare indicazione è da riservare alle donne in età fertile che non abbiano avuto la varicella. Queste dovrebbero vaccinarsi prima di un’eventuale gravidanza. Il vaccino, costituito da virus vivi e attenuati, è quello in uso anche per i bambini, e risulta efficace nella profilassi post-esposizione, se somministrato entro 72 ore. La via di somministrazione e le controindicazioni sono uguali a quelle di MPR.

Vaccinazione contro lo pneumococco La vaccinazione deve essere offerta a tutti i soggetti appartenenti alle categorie a rischio, con particolare attenzione a coloro ai quali è stata asportata la milza per trauma o malattia, ai soggetti che vivono in casa di riposo e a tutti gli ultrasessantacinquenni. Il vaccino in commercio si somministra per via intramuscolare in regione deltoidea. Sono previste rivaccinazioni, che devono essere eseguite a intervalli non inferiori a 5 anni. Anche questa vaccinazione si presta a essere eseguita in co-somministrazione agli anziani durante la campagna antinfluenzale. Il vaccino che si usa per l’adulto è diverso da quello generalmente usato per i bambini e determina una risposta immunitaria più debole e di minore durata.

Vaccinazione anti-epatite B In Italia, tutti i nati dopo il 1980 dovrebbero essere stati vaccinati perché soggetti all’obbligo di immunizzazione (legge 165/1991). La vaccinazione è indicata nei soggetti adulti a rischio per patologia o condizioni di vita, di qualsiasi età, che non siano mai stati vaccinati in precedenza. Tuttavia va ricordato che negli ultimi anni si è verificato un incremento di casi di epatite B negli adulti non vaccinati non appartenenti a definite categorie di rischio. Questo fenomeno è da attribuirsi a una minore attenzione alla trasmissione sessuale dell’infezione conseguente alla migliorata prognosi dell’infezione da HIV grazie alle migliori terapie anti-HIV.

Il vaccino anti-epatite B, prodotto con tecniche di ingegneria genetica (DNA ricombinante), si somministra in 3 dosi per via intramuscolare in regione deltoidea al tempo 0 dopo 1-2 mesi e dopo 4-6 mesi. Prima dei 16 anni si usa il dosaggio pediatrico. Non sono previsti richiami.

Vaccinazione antiepatite A La vaccinazione è indicata negli adulti a rischio, in particolare ai viaggiatori in aree in cui questa malattia è molto presente (cosiddette aree endemiche) e ai soggetti con malattie epatiche croniche. Il vaccino è costituito da virus interi inattivati, è somministrato in 2 dosi a distanza di 6-12 mesi l’una dall’altra, per via intramuscolare (nella regione deltoidea) e genera una buona reazione anticorpale protettiva dopo 3-4 settimane da una singola dose. Questo permette di vaccinare efficacemente i viaggiatori internazionali che si rivolgono al medico solo poco tempo prima della partenza. Dopo la seconda dose, la protezione dura per molti anni. La vaccinazione si è dimostrata efficace anche nella profilassi post-esposizione, per esempio in familiari di soggetti che hanno contratto un’epatite A acuta, se vaccinati entro 8 giorni dalla comparsa dell’ittero nella persona che si è ammalata per prima (definita caso indice).

Vaccinazione antimeningococco La vaccinazione antimeningococcica trova indicazione negli adulti ad alto rischio, e in particolare in pazienti ai quali sia stata asportata la milza. Devono essere vaccinati anche i militari e i viaggiatori verso aree in cui la malattia è molto presente. Sono disponibili il vaccino polisaccaridico tetravalente A-C-W135-Y e il vaccino coniugato contro il meningococco C. Quest’ultimo, usato anche per i bambini, ha un effetto protettivo di lunga durata. Il vaccino polisaccaridico ha un effetto protettivo relativamente breve (una rivaccinazione è necessaria dopo 3-5 anni), ma protegge anche da meningococchi appartenenti ai sierogruppi A, W 135 e Y che si ritrovano più frequentemente nei paesi in cui la malattia è molto presente (alta endemia), per esempio il continente africano. Quindi, è particolarmente indicato per i viaggiatori internazionali.


Controindicazioni

Controindicazioni temporanee:

  • malattie acute con febbre di grado elevato;
  • vaccinazioni con virus vivi attenuati, se nei 30 giorni precedenti è stato somministrato un altro vaccino a virus vivo;
  • terapia con farmaci immunosoppressori o cortisonici ad alte dosi;
  • donna incinta o che potrebbe diventarlo entro 1 mese (MPR, varicella);
  • HIV, fino a quando i CD4 + permangono inferiori a 200 (MPR, varicella). Per gli altri vaccini elencati nelle tabelle non sussiste pericolo nella somministrazione, ma eventualmente ridotta efficacia.

Controindicazioni definitive:

  • gravi reazioni a una precedente dose di vaccino;
  • deficit immunitari congeniti e acquisiti.


Reazioni collaterali a vaccini Reazioni locali nella sede di iniezione

Reazioni generali

  • Lievi: febbre superiore a 38 °C ma inferiore a 39,5 °C, disappetenza, mal di testa, vomito, diarrea, stitichezza, eruzioni cutanee, gonfiore dei linfonodi, irritabilità. Possono avere insorgenza precoce (poche ore) o tardiva (7-10 giorni), in relazione al vaccino specifico, con frequenza dal 5 al 20%
  • Gravi: febbre superiore a 39.5°, convulsioni, collasso, paralisi flaccida, manifestazioni allergiche generalizzate, shock anafilattico. Sono rarissime.

[M.R.]