Soia: i benefici e le controindicazioni

Aiuta a rinforzare le ossa, ma contiene sostanze che possono alterare l’equilibrio ormonale. Ecco cosa dicono gli esperti



di Francesca Soccorsi

Va di moda la soia. La portano in tavola i vegani, per via dell’elevato contenuto proteico, ma anche tanti onnivori, perché, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di alimentazione sana e salutare. E non a caso: in passato è stata spesso additata come cibo miracoloso, per le sue presunte proprietà salva cuore e antitumorali.

Ne mangiamo addirittura più degli asiatici: 70-80 grammi di proteine di questo legume al giorno, contro i 10-12 dei giapponesi. Di fronte al boom, però, gli esperti fanno marcia indietro: la soia può comportare seri rischi per la salute, dicono. Insomma, sebbene aiuti a rinforzare le ossa e a prevenire la formazione di placche aterosclerotiche, non bisogna abusarne: i possibili ffetti collaterali superano di gran lunga i benefici. Cerchiamo di capirne di più.


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NON SOLO SEMI E GERMOGLI

Basta dare un’occhiata agli scaffali dei supermercati per accorgersi che la soia è un po’ ovunque. Oltre che nel tofu, nel gelato, nelle bevande, nello yogurt, nel pane e negli hamburger, è presente in molti prodotti trasformati, sotto forma di farina, olio e lecitina. In più, serve per alimentare gran parte degli animali di cui ci nutriamo.

La soia che arriva sulle nostre tavole, però, ha ben poco a che fare con quella delle ricette tradizionali: «In Oriente si utilizza solo fermentata, mentre da noi abbondano cibi industriali a base di proteine isolate, ovvero di polveri», nota la dottoressa Sara Cordara, biologa nutrizionista (nutrizionismi.it).

Una differenza non di poco conto: «Anche se ben lavata e cotta a lungo, la soia non fermentata contiene composti “antinutrienti” che ostacolano la sintesi delle proteine e l’assorbimento di minerali come calcio, ferro e zinco, e di alcune vitamine, quindi non si addice alla nostra alimentazione», aggiunge. Ma i dubbi maggiori sono legati alla presenza di isoflavoni.

IL RISCHIO DEI FITOESTROGENI

«La genisteina è strutturalmente analoga al 17ß-estradiolo, un estrogeno in grado, per esempio, di ridurre i sintomi della menopausa», chiarisce la professoressa Adriana Bonifacino, responsabile dell’Unità di senologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma.

«Rispetto a qualche anno fa, oggi sappiamo molto di più sui pericoli che le donne corrono se nel corpo circolano troppi ormoni, tanto che il Report 2014, curato dall’Associazione italiana di oncologia medica e dall’Associazione italiana registri tumori, ha messo in relazione la terapia sostitutiva con l’aumento del rischio di ammalarsi di cancro della mammella. Ebbene, gli isoflavoni della soia hanno un effetto simile a quello della cura post menopausa: favoriscono la proliferazione cellulare e aumentano la produzione dei nostri ormoni naturali». 

Le controindicazioni non riguardano solo le donne. «I fitoestrogeni hanno un’attività biologica mille volte inferiore a quella delle sostanze prodotte dalle nostre ghiandole endocrine, ma interagiscono comunque con l’asse ipofisi-gonadi, influenzano la secrezione di due ormoni sessuali, l’LH e l’FSH, e disturbano l’attività della tiroide, delle ovaie e dei testicoli», chiarisce il professor Andrea Lenzi, Ordinario di endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Società italiana di endocrinologia.

«Nell’uomo riducono la produzione di testosterone e, nella donna, favoriscono la sindrome dell’ovaio policistico. Inoltre, un’eccessivo consumo di soia durante la gravidanza, può interferire con lo sviluppo endocrino del feto, specie se il nascituro è un maschietto. Ecco perché le future mamme non dovrebbero mangiare questo legume».

UNA QUESTIONE DI QUANTITÀ

Come facciamo a capire se la nostra dieta è troppo ricca di soia? Da alcuni sintomi. «Il sospetto di un “sovradosaggio” è forte se nell’uomo compaiono ginecomastia, cioè gonfiore delle mammelle, o problemi di fertilità e se, nella donna, sono presenti alterazioni del ciclo mestruale o cisti ovariche non spiegabili in altro modo», precisa Lenzi.

Questo vuol dire che dobbiamo bandire la soia dalle nostre tavole? «No, ma bisogna usare il buonsenso ed evitare gli eccessi, anche perché, mangiando questo legume, il rischio di assumere Ogm è molto elevato», puntualizza Adriana Bonifacino. Sulla stessa lunghezza d’onda il professor Lenzi: «Negli adulti una dose di isoflavoni pari a 30 mg al giorno può bastare ad alterare le funzioni tiroidee. Tale quantità è contenuta in 150-200 ml di latte di soia o in 46 grammi di miso, quindi è bene non superare queste porzioni».

Insomma, dovremmo prendere esempio dagli Orientali, che usano la soia soprattutto come condimento e non come sostituto delle proteine animali. «Peraltro, se adottiamo una dieta sana e variata, ricca di frutta e verdura, anziché di cibi che in natura non esistono, non corriamo pericoli se ci concediamo tofu, tempeh o i semplici semi ogni tanto.

Ancora meglio se li mangiamo ben cotti, perché i fitoestrogeni sono termolabili e, quindi, si distruggono con il calore», chiarisce la dottoressa Sara Cordara. E, per ridurre ulteriormente i rischi, conviene adottare alcuni escamotage dietetici: «Consumare prodotti a base di soia insieme alla carne o al pesce: riduce l’effetto degli “antinutrienti” presenti nel legume asiatico e migliora l’assimilazione dei minerali», conclude l’endocrinologo Andrea Lenzi.

FAGIOLI...DA BERE

Il boom del consumo di soia è dovuto principalmente alle bevande, tanto che anche alcune aziende produttrici di latte vaccino, come la Centrale di Torino, hanno iniziato a proporre drink ai legumi asiatici. Dati Ac Nielsen rivelano che in Italia le bevande alla soia entrano nelle case di 4,2 milioni di famiglie: i consumatori vivono per lo più in città (13%), sono professionisti in posizione dirigenziale (25%) e laureati (17%). Il 58% sono donne e il 28% adulti tra i 45 e i 54 anni.

A fare impennare i consumi sono soprattutto i vegani, insieme alle persone intolleranti al lattosio e a chi ha bisogno di ridurre l’assunzione di grassi per motivi di salute o di peso. «Fermo restando che è bene non eccedere, è meglio optare per le formule addizionate con calcio e senza edulcoranti», come suggerisce la nutrizionista Sara Cordara.

Articolo pubblicato sul n.21 di Starbene in edicola dal 10/05/2016

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