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Pesce: 10 cose da sapere per mangiarlo senza rischi

Fa bene alla salute. Ti aiuta a mantenere la linea. È buono e versatile nelle ricette. Scopri le sue numerose virtù e come assicurarti il meglio della qualità quando lo acquisti e poi lo cucini

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I consumi di pesce, sia di acqua dolce sia di mare, sono in aumento. In media ne mangiamo ogni anno circa 24 kg a testa: il doppio rispetto a 50 anni fa. Secondo i dati dell’ultima indagine Eurobarometro sul mercato ittico, ben il 30% degli italiani lo porta in tavola almeno una volta alla settimana, mentre il 34% non meno di una al mese.

Le ragioni di questa passione? «Innanzitutto, una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori dei benefici nutrizionali del pesce, poi la rapidità con la quale può essere preparato. E infine la sua versatilità: esistono centinaia di specie con caratteristiche organolettiche diverse che si prestano a molteplici tipi di preparazione», risponde il dottor Domenicantonio Galatà, biologo nutrizionista e presidente dell’Associazione italiana nutrizionisti in cucina (Ainc). Con la sua consulenza, scopriamo i vantaggi di questo alimento.

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PROTEGGE IL CUORE E LE ARTERIE

Un recente studio condotto dall’Harokopio University di Atene ha evidenziato che una dieta ricca di pesce è in grado di abbassare del 47% il rischio di andare incontro a problemi cardiovascolari.

«In particolare, quello azzurro è una fonte eccellente di grassi buoni Omega 3, che non possono essere sintetizzati dall’organismo e devono essere necessariamente assunti con la dieta», spiega il nutrizionista. «Queste sostanze hanno eccezionali proprietà antinfiammatorie, utili per mantenere elastiche le arterie. Così migliorano la circolazione del sangue e contrastano l’ipertensione, abbassando i trigliceridi e il colesterolo cattivo (Ldl) a favore di quello “buono” (Hdl)».

Ma c’è di più: un’altra ricerca, questa volta dell’American Heart Association (Aha), evidenzia che consumare due porzioni alla settimana di pesce grasso riduce le probabilità di avere un infarto o un ictus.

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FA BENE AL CERVELLO E MIGLIORA L’UMORE

Il merito è ancora una volta degli Omega 3, come ha dimostrato un gruppo di ricercatori dell’Università di Amsterdam. Il loro studio, pubblicato su Nature, mostra che l’assunzione con la dieta (ovvero con i prodotti ittici) di questi grassi buoni contribuisce a curare tristezza e depressione. «Perché agiscono sulla fluidità delle membrane delle cellule nervose e sulla liberazione dei neurotrasmettitori del buonumore, come la serotonina», spiega l’esperto.

Inoltre, secondo i ricercatori dell’americana Columbia University il consumo di pesce allontana il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, come la demenza senile e l’Alzheimer. «Gli Omega 3, oltre a ridurre l’infiammazione, agiscono come sostanze “antiruggine” proteggendo i neuroni dai radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento e del declino cognitivo», puntualizza il nutrizionista. «E l’azione protettiva nei confronti del cervello dipende anche dai minerali di cui il pesce è fonte: selenio, fosforo e ferro sono essenziali per il corretto funzionamento del sistema nervoso».

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AIUTA A MANTENERE IL PESO-FORMA

Il pesce, in particolare quello pescato in mare, è ricco di iodio, un oligoelemento prezioso per riuscire a fare pace con la bilancia. «Favorisce infatti la produzione degli ormoni tiroidei, triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) che, oltre a influire sul colesterolo e sulla pressione arteriosa, contribuiscono a mantenere efficiente il metabolismo basale e quindi a farti bruciare più calorie», precisa l’esperto.

Il pesce è un alimento utile per la linea e la forma fisica in generale anche per un altro motivo: «Come la carne, fornisce proteine di ottima qualità biologica, nel senso che contengono tutti gli aminoacidi essenziali per la crescita, la riparazione e la ricostruzione dei tessuti, muscoli inclusi. Però ha una marcia in più: i suoi grassi non sono saturi (e quindi dannosi per la salute se consumati in eccesso), bensì polinsaturi», puntualizza il dottor Galatà.

«Fanno bene al cuore, alle arterie, al cervello, al sistema nervoso, come abbiamo visto. In più, permettono all’organismo di assorbire vitamine liposolubili dall’azione antiossidante, come la A e la E, che potenziano l’azione antiradicali liberi degli Omega 3 e ti danno una mano, soprattutto in questo periodo, a proteggere la pelle dall’invecchiamento dei tessuti indotti dall’esposizione ai raggi solari».

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PREFERISCI QUELLO DI PICCOLA TAGLIA

Spesso per mancanza di tempo e per la poca dimestichezza ai fornelli si prediligono pesci già spinati e sfilettati, che hanno carni simili a quelle di una “bistecca”. Più comodi da cucinare, non sempre sono però i migliori dal punto di vista delle carni e della sicurezza.

«Le varietà di grande taglia (tonno, spada) hanno una concentrazione di inquinanti, come i metalli pesanti presenti in mare, maggiore rispetto a quella dei pesci di pezzatura piccola (alici, sardine, branzino, sgombro, orata)», precisa il dottor Domenicantonio Galatà. La quantità di mercurio è più elevata nelle loro carni perché si nutrono di altri pesci (che potrebbero essere contaminati) e vivono più a lungo.

«Il consiglio per limitare i rischi per la salute e beneficiare di tutte le virtù del pesce è quindi quello di prediligere esemplari piccoli a quelli più grandi e longevi, da consumare invece solo una volta al mese» suggerisce l’esperto.

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PER NON FARTI TRUFFARE IN PESCHERIA O AL MERCATO

Per evitare che in pescheria o al mercato rionale ti spaccino un prodotto decongelato per fresco, fai attenzione al colore: diffida se è troppo intenso e poco naturale. Il pesce di giornata deve essere iridescente. Concentrati poi sull’occhio del pesce, che deve essere lucido e bombato verso l’esterno, e sulla consistenza del corpo, che deve essere rigido.

Prima dell’acquisto soffermati sulle informazioni riportate sui cartellini dei prodotti venduti sfusi o sull’etichetta di quelli già confezionati. «Quelli esposti sul banco del fresco devono riportare la denominazione scientifica in lingua latina (per esempio octopus vulgaris), la denominazione obbligatoria in lingua italiana (tipo polpo), lo stato fisico (fresco o decongelato), la zona di cattura (Mar Mediterraneo, Mar Nero o Oceano Atlantico...) e la sottozona», spiega la dottoressa Valentina Tepedino, veterinaria e direttore di Eurofishmarket. «Per esempio, se sei alla ricerca di un pesce italiano non ti basterà sapere che proviene dal “Mar Adriatico”. Il venditore dovrà meglio specificare l’area di sbarco o pesca e avere la documentazione per dimostrarlo in caso di controlli. Sull’etichetta deve essere inoltre indicato il metodo di produzione (pescato o allevato), la categoria degli attrezzi da pesca (come “reti da traino”) e gli ingredienti, per sapere se eventualmente sono presenti additivi come i solfiti».

Ammesse dalla legge, se usate in modo corretto (cioè senza eccedere con le dosi) queste sostanze non sono pericolose per la salute, ma devono essere necessariamente segnalate sulla confezione o sui cartellini in pescheria. A cosa servono? «Rallentano l’ossidazione e il deterioramento del pesce. Trattenendo l’umidità e l’acqua, sono in grado di far aumentare il peso del prodotto e di renderlo più “attraente” agli occhi del consumatore donandogli una colorazione migliore e che dura per più tempo», spiega l’esperta.

Prima dell’acquisto controlla anche come è venduto il pesce: l’ideale è che sia disposto sul ghiaccio. «Evita di prenderlo nei banchi dove è presente in grossi “mucchi” e ornato con ortaggi o altri elementi che ne mettono a rischio la conservabilità», consiglia la dottoressa Valentina Tepedino.

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LE REGOLE PER I SURGELATI

«Oltre a quanto previsto per l’etichetta del pesce fresco, per i prodotti ittici sottozero deve comparire sulla confezione il termine “congelato” o “surgelato” e la percentuale di glassatura (più è bassa, meglio è, ndr), cioè il ghiaccio utilizzato per conservarne meglio e più a lungo le proprietà organolettiche», aggiunge la nostra esperta.

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INFORMATI ANCHE SUL METODO DI PESCA

Come spiegato in precedenza, sull’etichetta del pesce trovi anche la categoria degli attrezzi da pesca utilizzati. «Questa informazione può essere utile per comprenderne la qualità e la durata commerciale. Per esempio, le acciughe pescate a strascico sono tendenzialmente di taglia più piccola e tendono a rovinarsi di più per via dello schiacciamento nel sacco della rete, mentre quelle pescate con il sistema a lampara sono più grandi e integre», conclude la dottoressa Valentina Tepedino.

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ALLEVAMENTI DI QUALITÀ

Oltre la metà dei prodotti ittici che portiamo in tavola è d’allevamento. «La quantità sale nettamente di anno in anno di pari passo con l’aumento degli acquisti. Il pesce “selvaggio” non è infatti sufficiente per soddisfare la domanda in crescita dei consumatori», precisa la dottoressa Valentina Tepedino, veterinaria e direttore di Eurofishmarket.

«Oggi orate, branzini, trote, salmoni vengono allevati in modo sempre più sostenibile e hanno sempre di più caratteristiche nutrizionali e organolettiche simili a quelle dei prodotti della stessa specie pescati. Molto però dipende dal tipo di allevamento. Ad oggi, purtroppo, non esiste un “marchio di qualità” che permetta di distinguere un pesce cresciuto bene da uno trattato o nutrito male». Ci si può allora solo affidare al consiglio del pescivendolo di fiducia o puntare sui prodotti biologici, che garantiscono il rispetto di regole precise, ma sono poco presenti sul mercato.

La scelta giusta? «Alternare allevato e pescato», come consiglia Valentina Tepedino.

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COME APPENA PESCATO

Il pesce “sottozero” ha le stesse caratteristiche di quello fresco. «Grazie alle moderne tecnologie del freddo i surgelati, soprattutto se realizzati subito dopo la pesca a bordo delle cosiddette navi officina, sono eccellenti sia sul piano nutrizionale, sia sul fronte del gusto. Inoltre, hanno il vantaggio di poter essere conservati a lungo e di mantenere le loro caratteristiche di partenza se preparati in modo corretto e fatti scongelare in frigorifero prima del loro consumo», dice la dottoressa Valentina Tepedino.

Se invece vuoi surgelare tu un prodotto fresco, utilizza un abbattitore domestico. «Consente di evitare che le fibre muscolari delle carni si deteriorino e perdano consistenza e vitamine idrosolubili, come quelle del gruppo B», dice il dottor Galatà.

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COTTO O CRUDO?

Il pesce cotto è più nutriente e digeribile: «Le proteine di cui è ricco diventano, grazie alle alte temperature, facilmente assimilabili da parte dell’organismo», spiega il dottor Domenicantonio Galatà. Non solo: con la cottura il pesce diventa anche più sicuro sia dal punto di vista dei contaminanti ambientali, sia da quello igienico.

«Diversi studi hanno dimostrato che le elevate temperature sono in grado non solo di distruggere parassiti e altri microrganismi, ma anche di ridurre del 50- 60% le quantità di mercurio eventualmente presenti e di diminuire la concentrazione di bifenili policlorurati e di inquinanti organici persistenti», puntualizza il biologo nutrizionista.

Meglio quindi evitare il pesce crudo? «No, certo. Ma va consumato solo dopo averlo tenuto nel congelatore (a -18 C °) per 4-5 giorni. È questo l’unico modo per evitare tossinfezioni», dice l’esperto.



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Articolo pubblicato sul n. 32 di Starbene in edicola dal 24/7/2018

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