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La dieta della longevità

Vivere più a lungo e in salute dipende (poco) dai geni ed è soprattutto frutto del proprio stile di vita. Un libro svela tutti i segreti

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La durata della vita dipende solo per il 25% dai geni che abbiamo ereditato dai genitori. A influire sulla longevità, infatti, sono soprattutto gli stili di vita che scegliamo di seguire. Quello che mangiamo e beviamo, se e quanto fumiamo, il movimento fisico che pratichiamo, l’ambiente in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, le relazioni che riusciamo a costruire con gli altri, la nostra spiritualità...

È questo il messaggio del libro La Grande Via (Mondadori, 20 €), scritto a quattro mani da Franco Berrino, medico ed epidemiologo, per anni direttore del dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, e Luigi Fontana, professore ordinario di medicina e scienze nutrizionali presso l’Università di Brescia e la Washington University di St. Louis (USA), dove codirige il programma di longevità e salute.

Integrando i risultati delle loro ricerche con le conoscenze scientifiche più avanzate e la sapienza empirica di alcune antiche tradizioni mediche, i due autori assicurano (dati alla mano) che se nostra madre o nostro padre sono morti giovani di malattia, questo non capiterà inevitabilmente anche a noi.

Così come non è detto che vivremo a lungo, solo perché chi ci ha generato ha superato brillantemente i 90 anni. Tutto dipenderà principalmente dalle decisioni che sapremo prendere, come
spiegano nella nostra intervista.


In che modo le nostre abitudini di vita incidono sulla longevità?

«Il cibo, le sostanze inquinanti, il movimento fisico possono agire sull’attivazione/disattivazione dei geni che regolano il metabolismo, sui sistemi di riparazione del danno al Dna, sullo stato infiammatorio dell’organismo e sul sistema immunitario», risponde Fontana.

I processi che portano al nostro decadimento iniziano già nell’utero, non a 65 anni. «La qualità del cibo e la quantità di calorie e proteine che una mamma consuma durante la gravidanza vanno a modificare per più generazioni il funzionamento dei geni», aggiunge Berrino. «Ma la cosa bella è che a ogni età della vita possiamo impegnarci per migliorare la nostra condizione, il nostro futuro. È stato dimostrato, per esempio, che chi soffre di sindrome metabolica e passa a una dieta mediterranea tradizionale italiana o spagnola, vede sparire i sintomi nel 40% dei casi dopo un anno e del 70% dopo 2, soprattutto se il cambio di menu è accompagnato dalla riduzione dell’introito calorico e dall’aumento dell’esercizio fisico».

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Quante calorie dobbiamo tagliare per guadagnare anni di salute?

«Gli studi che abbiamo condotto sull’uomo nel nostro laboratorio negli Stati Uniti sono interessanti. Dicono, per esempio, che chi riduce del 20- 30% l’introito energetico (fino a una media di 1800 calorie al giorno) ha un cuore simile a quello di persone più giovani di 15-20 anni. La restrizione calorica favorirebbe il mantenimento di alti livelli di colesterolo Hdl (uno dei più fedeli marcatori della longevità) ela riduzione della presenza di molecole infiammatorie e di diversi ormoni coinvolti nello sviluppo dei tumori. Infine, a livello cellulare consentirebbe un’elevata capacità antiossidante e un’aumentata efficienza dei meccanismi di riparo dei danni al Dna. Purtroppo però ignoriamo ancora oggi quale sia il numero ottimale di calorie da consumare al giorno. Verosimilmente varia da persona a persona».


State studiando anche gli effetti benefici del digiuno?

«Sì, è probabile che mangiare, 2 o 3 volte alla settimana, solo vegetali cotti o crudi (conditi con 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva, limone o aceto) sia a pranzo sia a cena possa avere effetti benefici sulla salute e rallentare l’invecchiamento», precisa Fontana. «L’altra ipotesi che stiamo valutando è quella del time-restricted feeding, cioè il consumo di tutte le calorie giornaliere in 8-10 ore con un conseguente periodo senza cibo di 16-14 ore. La conclusione? Avere un po’ di fame fa bene: attiva la grelina, un ormone prodotto dallo stomaco, che inibisce l’infiammazione». Per mantenersi in salute l’ideale è fare una colazione molto ricca, un pranzo normale e una cena leggera.


Nel vostro libro proponete una dieta quasi vegetariana...

«In realtà ci limitiamo a riprendere le regole del codice europeo contro il cancro (di cui anch’io ho fatto parte)», afferma Franco Berrino. «È un’alimentazione basata prevalentemente sui vegetali: legumi, cereali integrali, verdure, frutta fresca e secca a guscio, semi oleosi. Ma non abbiamo nulla contro il cibo animale: è importante per non avere carenze di vitamina B12. Mentre il pesce grasso aiuta a fare il pieno di Omega 3. Le popolazioni più longeve al mondo consumano menu prevalentemente, ma non esclusivamente vegetariani. Inoltre, uno studio sugli Avventisti americani ha dimostrato che, rispetto agli onnivori, la mortalità è del 9% più bassa nei latto-ovo-vegetariani, del 15% nei vegani e del 19% nei pescovegetariani».

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Passando all'attività fisica, quanto incide sul nostro benessere?

«Sempre più lavori scientifici suggeriscono che trascorrere molte ore della giornata “fermi” aumenta il rischio di ammalarsi e morire anzitempo di diabete, malattie cardiovascolari e tumori, a prescidere dalle ore di allenamento settimanali. È fondamentale, quindi, muoversi spesso. Per esempio, quando siamo in ufficio, ogni 20-30 minuti cerchiamo di alzarci dalla sedia, saliamo un paio di rampe di scale», consiglia Fontana.

«Idealmente dovremmo ritagliarci 30 minuti al giorno per l’attività fisica. Quella di tipo aerobico (corsa, bici, nuoto) fa dimagrire, aumenta il colesterolo buono, riduce i livelli di trigliceridi, la pressione arteriosa, la glicemia, ha un effetto benefico sulla memoria, l’attenzione e la nostra capacità di elaborare i dati. Quella di tipo anaerobico (con i pesi o a corpo libero) è invece fondamentale per la prevenzione dell’osteoporosi e della perdita di massa muscolare. Infine, lo yoga e il tai chi stimolano l’agilità, la coordinazione e disciplinano la mente con tecniche respiratorie e di meditazione, ristabilendo l’equilibrio tra corpo, psiche e spirito», conclude Luigi Fontana.


UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI SÉ

Il titolo La Grande Via evoca più un percorso spirituale, che un semplice cambiamento di stili di vita. «In effetti la rivoluzione può partire solo da noi», risponde il professor Luigi Fontana. «Non basta sapere che il cibo sano, insieme alla giusta dose di movimento fisico, rallenta i processi di invecchiamento. Bisogna essere consapevoli. Chi fuma è informato sui danni delle sigarette, eppure continua ad acquistarle.

Perché non è pronto per mettere in discussione le sue scelte, pur sapendo che sono dannose per la salute». «Per invertire la rotta, l’unico modo è entrare in contatto con il nostro “io profondo”, la parte più importante di noi, chiedendoci se quello che stiamo facendo ha un senso», spiega Fontana. «È un percorso che dura una vita. E che può essere  affrontato con mezzi diversi, come la mindfulness (che insegna a concentrarsi sul presente), le arti marziali, (che educano all’attenzione) o la meditazione», conclude.


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Articolo pubblicato sul n. 11 di Starbene in edicola dal 28/02/2017


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