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Job crafting: cos’è e come usarlo per ritrovare la motivazione sul lavoro

Se la routine inizia a pesare e crea disagio, occorre cambiare atteggiamento. Scopri cosa fare per riprogettarla e rendere di più

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Il tuo lavoro inizia a pesarti? È fonte di disagio, non ti appassiona più come un tempo? Probabilmente il tuo primo pensiero è “Cerco un posto nuovo”. In realtà esiste anche una soluzione meno drastica: darti da fare per riprogettare alcuni suoi aspetti, così da modellarlo meglio sui tuoi interessi, abilità, bisogni e – di conseguenza - tornare ad apprezzarlo e a rendere di più.


Che cosa significa

Questo approccio fai da te, spontaneo e proattivo ha un nome: job crafting o JC (come lo ha battezzato nel 2001 un team di psicologi americani), traducibile con “personalizzazione del lavoro”. Non è sinonimo di rivoluzione, ma di evoluzione: l’idea di base è che intraprendenza e iniziativa individuale possono produrre cambiamenti piccoli ma decisivi.

È il caso, per esempio, di una commessa in un negozio di abbigliamento che si annoia ad allestire gli scaffali, quindi escogita un modo di piegare gli abiti diverso da quello appreso al training e più veloce. Il risultato? Meno noia e più tempo per dedicarsi a compiti per lei stimolanti, come decorare le vetrine.

Oppure è il caso di un insegnante che supera le difficoltà della programmazione didattica creando un’alleanza informale con docenti di altre sezioni con i quali scambiare idee e materiali.


Parti da qui

Oggetto di molti studi negli Stati Uniti, il job crafting ora è arrivato anche in Italia, con testi accademici, corsi e gruppi di ricerca nelle università (come quell  di Milano Bicocca, di Torino, del Salento, di Roma Sapienza e Lumsa). E inizia pian piano a essere divulgato al pubblico con seminari proposti da agenzie per il lavoro, patronati ed enti di formazione.

In genere sono tenuti da psicologi, counselor o coach specializzati in lavoro e benessere organizzativo. «Ma forse attui già strategie di job crafting senza esserne consapevole », rivela Luigi Pugliese, psicologo del lavoro e delle risorse umane.

«Se vuoi sfruttare tutta la sua forza, però, devi capire come si declina e come metterlo in pratica intenzionalmente. La prima cosa da sapere è che con il JC hai la possibilità di agire su tre livelli: i tuoi compiti professionali; le relazioni; il modo di vedere la tua posizione e ciò che essa implica». Vediamo livello per livello.


Riflettori accesi sui compiti 

«Con il JC dei compiti aumenti o diminuisci il numero delle tue incombenze, cambi la maniera di affrontarle e intervieni sul tempo e sulle energie dedicati», illustra il dottor Pugliese.

«In genere scatta inconsciamente grazie all’esperienza accumulata e alla ripetitività di certe mansioni, come nel caso della commessa di cui sopra: a furia di ripiegare capi, trova una tecnica che le permette di ottenere gli stessi risultati in meno tempo.

Un altro esempio? Un’impiegata di un ufficio commerciale si sente oppressa dalla corrispondenza burocratica, mentre ama il contatto personale con i clienti. Per alleggerire le sue giornate, decide di sbrigare i compiti stressanti al mattino – momento in cui è più riposata e carica - programmando quelli più piacevoli e gratificanti per il pomeriggio».

Certo, affinché tutto questo possa accadere, la commessa e l’impiegata devono godere di una certa libertà. Eccoci dunque a un nodo fondamentale: spesso il JC dei compiti è attuabile solo se il contesto lo permette, in pratica se i cambiamenti non entrano in conflitto con le procedure e/o con l’immagine dell’azienda, e se i superiori sono d’accordo.

Per intenderci: chi opera in una catena di fast-food non può preparare i panini a modo suo; fortunatamente, però, può riprogettare il suo lavoro agendo a livello della percezione ma lo vedremo dopo).

«A proposito del benestare dei capi, devi tenere presente che spesso le aziende non incentivano gli interventi autonomi dei dipendenti per paura che si creino intoppi e conflitti interpersonali», riprende lo psicologo.

«In realtà, un lavoratore che sente di avere un margine di indipendenza e si impegna ad apportare dei cambiamenti, molte volte raggiunge risultati positivi non solo per sé, ma anche per l’impresa. Se i suoi referenti gli riconoscono tutto ciò, la sua motivazione cresce e di conseguenza la percezione di autonomia viene rafforzata, dando vita a un circolo virtuoso di innovazioni dal basso benefico per tutti.

Vuoi superare la diffidenza dei piani alti? Non nascondere i tuoi propositi di evoluzione. Confrontati con i tuoi referenti e, se necessario, pure con i colleghi: se ti mostri preparata e determinata – ma non aggressiva – probabilmente otterrai il loro appoggio».


L’importanza delle relazioni

«Cambiare la natura e l’entità delle relazioni che si tessono sul posto di lavoro è lo scopo del JC delle relazioni. Attenzione: non significa diventare amica di tutti ma, per esempio, avvicinarti a chi ti può insegnare qualcosa, connetterti con chi ti rallegra, essere presente per chi ha bisogno di aiuto e perciò ti fa sentire utile.

Oltre, ovviamente, prendere le distanze da chi ti disprezza, danneggia o invidia. Oggi tutto ciò è concretizzabile grazie alla tecnologia: con WhatsApp, sms ed email comunichi in modo istantaneo, chiedi e fofri aiuto con più disinvoltura, ti confronti fuori dall’orario canonico, ma anche eviti di interagire fisicamente con persone sgradevoli. Il consiglio è di non limitarti a  rivedere i rapporti con i colleghi e i superiori, ma considerare anche altri soggetti.

Un esempio al riguardo arriva da uno studio statunitense che documenta i progressi fatti da alcuni addetti alle pulizie ospedaliere, decisi a dare una svolta a un lavoro alienante provando a interagire con i pazienti e le loro famiglie.

Chiacchierando con i ricoverati, conoscendoli per nome, facilitando per quanto possibile il contatto con i parenti, questi lavoratori sono riusciti a dare un senso più ampio alla propria posizione e a incrementare motivazione e soddisfazione», racconta il dottor Pugliese.


L’ultimo livello: la percezione 

Il JC della percezione è mentalmente più complesso dei precedenti ma socialmente più semplice, perché non richiede né la partecipazione né l’approvazione di altri.

Si tratta infatti di modificare come percepisci e interpreti i tuoi compiti, le relazioni o il lavoro in senso globale. «Pensa a due colleghi, con la stessa mansione, ai quali viene chiesto “Di che cosa ti occupi?”», esemplifica il nostro esperto. «Il primo, focalizzandosi solo sul suo ruolo, risponde “Trasporto pietre”.

Il secondo, che ha una visione più ampia, dice “Contribuisco alla costruzione di un edificio”, il che dà un significato molto diverso al gesto quotidiano di trasportare pietre. Mettendo in pratica il JC della percezione, puoi smettere di pensare come il primo uomo e iniziare a ragionare come il secondo.

In altre parole, diventi consapevole che il tuo ruolo è compreso in uno scopo più grande e riesci a sopportarne meglio gli aspetti negativi. Per esempio, sei una collaboratrice scolastica e ti definisci “quella che pulisce dove gli altri continuano a sporcare”?

Prova a ri-vederti come “la persona che provvede a spazi puliti e ordinati, dove insegnare e imparare è più piacevole”. È verosimile che questo scatto mentale ti porti ad avvicinarti agli studenti e ai docenti in maniera nuova, magari meno infastidita e più empatica e, pertanto, anche ad aggiustare i tuoi compiti (per esempio, potresti organizzarti per stare in mezzo ai ragazzi durante la ricreazione).

Già, perché i tre livelli su cui agisce il JC sono interdipendenti, ovvero: l’uno tira l’altro. Basta avere il coraggio di iniziare da qualche parte». 


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Articolo pubblicato sul n. 40 di Starbene in edicola dal 19/9/2017

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