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Figli e lavoro: il ruolo dei genitori

Quando inizia la loro vita professionale, gli occorre una guida. Scopri come sostenerli con discrezione

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di Barbara Sgarzi


Quando hai iniziato a lavorare, i tuoi genitori sapevano qual era il tuo ruolo, quali le tue sfide? Probabilmente sì, e magari ti davano qualche consiglio. Negli ultimi anni le cose si sono complicate, perché spesso i genitori non capiscono il lavoro dei figli e si tirano indietro. Mentre i figli, come risulta da un’indagine di LinkedIN che ha interrogato gli uni  e gli altri, vorrebbero ancora la loro guida. Discreta ma rassicurante come una luce nella notte. Infatti è il genitore-faro quello più desiderato dai giovani adulti, tra i 5 tipi individuati dalla ricerca. Che comunque vede i genitori italiani in pole position quanto a consapevolezza sull’attività dei figli: l’88% la conosce bene, contro una media del 77%.


Mamma e papà nostrani, infatti, vengono considerati genitori faro dai propri figli più spesso rispetto alla media globale, nota Alexandra Beauregard,  esperta della London School of Economics in tema di influenza della famiglia sulla carriera, che ha collaborato alla ricerca e individuato le 5 categorie. Ciononostante, anche i giovani italiani vorrebbero più assistenza e appoggio. Il 21% degli intervistati sostiene che, dai genitori, avrebbe desiderato più consigli sulla carriera. Il 25% lamenta di essersi sentito poco seguito nell’affrontare scelte importanti, e per il 30% aiuti e suggerimenti sono svaniti una  volta ottenuto il primo lavoro.


«Meglio così», ribatte Beauregard: «I cosiddetti genitori elicottero onnipresenti e soffocanti, crescono figli indifesi». Julie Lythcott-Haims, ex rettore di Stanford e autrice di molti libri sulla genitorialità aggiunge che secondo lei educano ragazzi senza forza e carattere, né le competenze e la volontà per forgiare la loro vita. «I 5 gruppi di genitori-tipo rappresentano delle semplificazioni, senz’altro: molti genitori non aderiscono a un unico profilo ma sono un mix di due o più modelli diversi. La tipizzazione è utile però a capire certe dinamiche. Non userei le 5 categorie come etichette, ma come punti sui quali lavorare», chiarisce Giuseppe Scaratti, docente di psicologia del lavoro alla Cattolica di Milano. Con il suo aiuto, esaminiamo i pro e i contro di ogni modello genitoriale.


> i genitori che responsabilizzano

I più distaccati: non mostrano grande interesse per il lavoro dei figli, lasciano che lo trovino da soli e in generale, una volta che la prole raggiunge la maggiore età, considerano il compito di genitori terminato. «La responsabilizzazione è sempre una cosa buona, ma attenzione: il genitore non deve abbandonare il proprio ruolo, anche se i figli sono ormai grandi. I giovani chiedono indipendenza, ma la famiglia non deve abbandonarli completamente a se stessi. Ai genitori dovrebbe interessare la vita dei figli», osserva Scaratti.

 

> i genitori sostenitori

Sono interessati alla carriera dei figli, ma non si sentono in grado di dare consigli utili perché le cose sono cambiate troppo e troppo in fretta: è la situazione tipica di chi ha ragazzi che lavorano nel campo delle nuove tecnologie. «Tirarsi indietro è un errore: bisogna essere presenti, anche se non si hanno competenze specifiche. I consigli dei genitori sono dettati anche dall’esperienza, non solo dalla conoscenza di un settore. Meglio non rinunciare mai alla funzione di guida».

 

> i genitori faro

Praticamente perfetti: molto interessati alla vita dei figli, lavorativa e non, offrono consigli mirati nei settori che conoscono bene, ma non interferiscono e tacciono se non interpellatiDifficile raggiungere questo punto di equilibrio: sostenere senza imporsi. Il consiglio, per chi aspira a diventare un faro, è rimanere un punto di riferimento sicuro, ma da lontano, proprio come per le navi. Se si getta troppa luce, non si illumina la strada dei figli: li si abbaglia», sottolinea Scaratti.


> i genitori maggiordomo

Molti genitori (le madri, soprattutto) lamentano di sentirsi così: apparentemente utili solo a fornire soldi, aiuto, pasti caldi e biancheria pulita. La motivazione che li sorregge, dicono, è l’amore  incondizionato. Ma c’è anche un filo di paura di essere respinti se mettessero dei limiti alla loro generosità. «Una posizione pericolosa: rischiano di crescere giovani privi di responsabilità, abituati a chiedere, restii al sacrificio. Insegno ai ragazzi da anni, e gli studenti educati così si riconoscono perché alle prime difficoltà rischiano di crollare».

 

> i genitori elicottero

Animati dalle migliori intenzioni, si prodigano per spianare la strada alla prole, eliminando ogni ostacolo. La loro presenza è costante e la tecnologia li aiuta: monitorano i ragazzi via sms, cellulare e social network. Ma, pur volendoli aiutare, ne limitano l’indipendenza. «In università capita di trovarsi davanti genitori che vengono al colloquio al posto dei figli o perorano la loro causa. Facile dire che sbagliano; il problema però è che, in Italia, esistono dottorati di ricerca senza borse di studio e i giovani a volte iniziano a guadagnare a 30 anni. Come si farebbe senza elicotteri? Sono anche il prodotto di un mercato del lavoro distorto. La soluzione, non semplice, è aiutarli con misura, restando il più possibile dietro le quinte», conclude Scaratti.


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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 24/11/2015


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