Workaholism, la dipendenza dal lavoro

Mettere il lavoro al centro della propria vita senza staccare mai, dimenticando tutto il resto. Ecco quali sono i sintomi e come disintossicarsi



di Barbara Gabbrielli

Di lavoro ci si può ammalare, nel corpo e anche nella mente. Accade quando lo zelo, la precisione e l’impegno che mettiamo in quello che facciamo oltrepassano il confine della passione e della voglia di riuscire e diventano un’ossessione.

Di recente, una ricerca congiunta delle Università di Bologna e Trento, intitolata Workaholism e pubblicata sul Journal of Management, lo ha confermato: investire in maniera eccessiva sul lavoro provoca sintomi di malessere, irritabilità, ansia e depressione.

Solo qualche mese prima, anche una ricerca norvegese aveva indagato sui malati di lavoro, l’8% del campione considerato (16.500 adulti, età media 37 anni): di questi, il 34% soffriva di disturbi d’ansia e il 26% di disturbo ossessivo compulsivo.

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IL LAVORO È COME UNA DROGA

“Lavori troppo”. La prossima volta che qualcuno ti dice questa frase, soffermati ad analizzare i tuoi comportamenti. Può capitare a tutti di dover affrontare un momento impegnativo o una fase in cui occorre dare il massimo. Ma ci sono campanelli d’allarme, ormi individuati dagli esperti, che non bisogna sottovalutare.

Per esempio, non riuscire a fare a meno di lavorare, mettere i tuoi compiti al centro della tua vita e tutto il resto in secondo piano, non staccare mai neppure durante il weekend, essere ossessionata dalla performance.

«Questi sono alcuni dei sintomi di una patologia che oltre 40 anni fa lo psicologo americano Wayne Oates chiamò workaholism, cioè dipendenza dal lavoro, descrivendola come l’incontrollabile bisogno di lavorare in modo incessante», spiega Antonella Montano, psicoterapeuta dell’Istituto di terapia cognitivo comportamentale A. T. Beck di Roma. «Qualcosa di diverso dalla dedizione. Un conto è lavorare perché troviamo gratificante farlo, un conto è sentire il bisogno di farlo per poter stare bene, come assumere una sostanza stupefacente».

LE CAUSE POSSONO ESSERE VARIE

«Come nella maggior parte dei disturbi psicologici, vi è l’interazione tra fattori di vulnerabilità genetica o familiare ed elementi scatenanti del contesto sociale», prosegue la dottoressa Montano. «Chi soffre di dipendenza dal lavoro potrebbe avere tratti narcisistici, ossessivo-compulsivi e di perfezionismo. Ma potrebbe anche essere stato un bambino che ha dovuto assumersi troppe responsabilità».

La ricerca dell’Università di Bergen in Norvegia, già citata in apertura, evidenzia il legame tra workaholism e difficoltà psicologiche ed emotive più profonde, anche se non è chiaro se questa dipendenza rappresenti una causa o una conseguenza degli altri disagi.

Quei quasi 1.300 lavoratori norvegesi su 16.500 che mostravanoi segni di una dipendenza da lavoro erano 4 volte più depressi, 3 volte più ansiosi e con un deficit dell’attenzione doppio rispetto al resto degli intervistati.

«Tuttavia la società moderna, con le pressioni e le continue richieste che enfatizzano le prestazioni e la reperibilità continua, impedisce di disinvestire le energie dal
lavoro per convogliarle in altri settori di vita, altrettanto importanti per l’individuo», aggiunge l’esperta.

«Pertanto, anche fuori dall’ufficio il momento di staccare non arriva mai, perché c’è sempre una mail da leggere, una telefonata cui rispondere, un compito da portare a termine che non può essere rimandato».

IL RISCHIO È L'ISOLAMENTO

«Per giunta si è visto che la dipendenza da lavoro non è in alcun modo correlata con i livelli di rendimento», spiega la dottoressa Montano. «Anzi, sono ormai evidenti le conseguenze negative.

Oltre al rischio di incorrere in un vero e proprio burnout, il workaholic è destinato a estraniarsi dal contesto familiare e sociale. Per questo curare una vera e propria dipendenza dal lavoro richiede impegno e l’aiuto di un esperto o di un gruppo di sostegno.

QUALCHE MOSSA DETOX

Se ti senti sul filo del rasoio tra il giusto senso del dovere e la dedizione maniacale al tuo lavoro, puoi mettere in atto queste semplici tecniche comportamentali per provare a disintossicarti un po’ e tornare a goderti la vita lontano dalla scrivania.

SE PENSI CHE IL LAVOTO NON VADA AVANTI SENZA DI TE 

«La dipendenza spesso scatta in seguito a convinzioni sbagliate», precisa la psicoterapeuta Antonella Montano. «Proviamo allora ad abolire frasi come “Devo finire questo lavoro da solo perché nessuno lo sa fare bene come me”. Fermiamoci a riflettere invece su quello che abbiamo fatto già e sui risultati raggiunti».

SE RIMANI IN UFFICIO ANCHE QUANDO HAI FINITO

 «Stabiliamo un orario entro il quale ci dobbiamo alzare dalla scrivania e distogliere gli occhi dal lavoro», dice Montano. «Guardiamo dalla finestra, prendiamo contatto con il mondo esterno, facciamo una passeggiata, prendiamo un appuntamento con un amico».

SE LEGGI LE MAIL ANCHE QUANDO SEI A CASA

«Se proprio non ce la facciamo a rispettare il confine tra lavoro e famiglia, almeno proviamo a stabilire delle finestre temporali in cui controllare le mail quando siamo impegnati con i figli o con il partner», aggiunge Montano. «Al di fuori di queste parentesi, riscopriamo il piacere di dedicarci ai nostri cari senza interferenze».

SE CONTROLLI E RICONTROLLI IL LAVORO FATTO

«Ricordiamo a noi stessi che tutti possono sbagliare », suggerisce la psicoterapeuta. «Controllare va bene, ma facciamolo una sola volta, con attenzione, e poi non torniamoci più su. Un lavoro fatto è un lavoro fatto. Facciamo un bel respiro e passiamo al prossimo compito».


SE NON HAI MAI TEMPO PER TE

«Corpo e mente hanno bisogno di nutrimento, anche per lavorare meglio», ricorda l’esperta. «Investire solo nel lavoro rischia di farci perdere di vista le altre cose piacevoli, che procurano benessere. Compreso il riposo. Cerchiamo una passione, un impegno che catturi la nostra attenzione: potrebbe essere uno sport ma anche un’attività creativa. Basterà poco per provare l’effetto benefico che avrà su di noi». 

TROPPI WORKAHOLIC NEL MIO UFFICIO! COME MI DEVO COMPORTARE?

Se la tua collega non alza mai la testa dal computer e ti guarda con disapprovazione quando chiedi un permesso, non cadere nella sua trappola. «Chi ha un rapporto equilibrato con il lavoro deve essere di esempio agli altri», dice la psicoterapeuta Antonella Montano.

«Si chiama modeling, cioè modellamento. Consiste nel mostrare attraverso il proprio comportamento che cosa fare per contrastare la dipendenza da lavoro.

Dimostrale che il tuo rendimento lavorativo non è compromesso dal fatto che vai in alestra, fai una passeggiata in pausa pranzo e vedi gli amici durante il weekend. Magari  invitala a uscire con te».

Articolo pubblicato sul n.45 di Starbene in edicola dal 25/10/2016

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