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Infarto del miocardio -Cure

Infarto del miocardio Cosa comporta un infarto Cause Cure

Nel campo delle cure per l’infarto miocardico sono stati fatti grandi progressi. Per semplicità si possono distinguere due circostanze: la cura dell’infarto acuto e le cure dopo il superamento dell’episodio acuto. Nella fase acuta la priorità è rappresentata dal ripristino della pervietà dell’arteria che si è chiusa. Quanto più rapidamente si interviene tanto maggiori risultano le possibilità di successo, prima che la mancanza di flusso sanguigno causi danni irreversibili al muscolo cardiaco. Le tecniche disponibili sono:

  1. infusione endovenosa di farmaci che “sciolgono” il trombo che ha occluso il vaso (trombolisi);
  2. riapertura meccanica del vaso mediante catetere (angioplastica);
  3. bypass aortocoronarico.

La trombolisi è stata la prima terapia farmacologica in grado di “riaprire” un vaso occluso. Sono disponibili più farmaci in gradi di sciogliere (in termine tecnico lisare) il trombo che impedisce il flusso del sangue. L’infusione deve essere eseguita il più precocemente possibile, possibilmente entro 3 ore dall’evento acuto.

L’angioplastica è una tecnica che data circa vent’anni e che, in questo periodo, si è evoluta continuamente. In sintesi: un catetere viene introdotto attraverso una grossa arteria (della coscia o del braccio) e avanza lungo l’aorta fino alle coronarie e attraverso l’occlusione; una volta posizionato nella zona occlusa, viene gonfiato un palloncino all’interno del catetere, in modo da dilatare il tratto ristretto e ripristinare il flusso. La tecnica è stata ulteriormente perfezionata: dopo aver dilatato l’arteria può essere posizionata una rete elastica (in inglese stent), sempre contenuta nel catetere, che espandendosi mantiene pervio il vaso appena dilatato; gli stent di ultima generazione sono medicati, presentano cioè un farmaco che riduce il rischio che lo stent stesso possa essere occluso da un nuovo trombo.

Il bypass aortocoronarico, infine, è in sostanza una tecnica chirurgica tramite la quale un pezzetto di vaso sanguigno (solitamente un tratto di vena) viene innestato tra l’aorta (a monte dell’occlusione) e il ramo coronarico occluso (a valle dell’occlusione); questa tecnica viene utilizzata ormai molto raramente nel momento acuto e limitata ai casi in cui le altre tecniche abbiano fallito.

Dopo l’infarto è importante ridurre il rischio di un nuovo episodio e preservare al meglio la contrattilità del cuore. I farmaci che proteggono il cuore e favoriscono la sua corretta funzione sono i b-bloccanti e i farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina (due classi: ACE-inibitori e bloccanti del recettore della renina, o sartani). Questi farmaci, in assenza di controindicazioni, dovrebbero essere utilizzati costantemente; sempre in assenza di controindicazioni, andrebbe avviata una terapia con farmaci antiaggreganti piastrinici (rendono più difficile la formazione di trombi). Anche le statine, farmaci che riducono il colesterolo, debbono essere utilizzati, a meno che i livelli di colesterolo siano estremamente bassi. Naturalmente, anche il miglioramento dello stile di vita è una misura preventiva molto importante. [A.F.]

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Dott. Maurizio Hanke

E' probabile che la attività fisica che descrive possa essere all'origine del dolore, che va via via scemando. Comunque l'ecografia deve essere eseguita.

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