Un nuovo farmaco per il rene policistico

Il rene policistico è una malattia genetica progressiva dalle conseguenze



Il rene policistico è una malattia genetica caratterizzata dalla formazione di cisti renali che determinano, nel corso degli anni, un ingrossamento renale, indice dell’inesorabile progressione della condizione: purtroppo infatti, circa la metà dei pazienti affetti da questa problematica sono costretti, entro i 54 anni, a ricorrere alla dialisi o al trapianto renale.

Si stima che il rene policistico colpisca tre o quattro persone ogni 10.000, ovvero circa 205.000 individui in tutta Europa.

Capita che, nelle prime fasi della malattia, i pazienti affetti da rene policistico non riferiscano alcuna specifica sintomatologia, così che la scoperta della condizione arrivi tardi, quando la funzionalità renale risulta essere già compromessa. La condizione si accompagna spesso a ipertensione, infezioni urinarie ricorrenti e presenza di sangue nelle urine.

Il rene policistico è una malattia che incide fortemente sulla qualità della vita di pazienti e dei familiari: chi ne soffre lamenta dolore, ansia e depressione, tutti sintomi purtroppo strettamente correlati alla malattia. Questo disturbo poi riscuote spesso un impatto negativo sui rapporti affettivi, pregiudicando la vita sessuale e persino la decisione di mettere al mondo un figlio.

Di recente però, l’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) ha autorizzato l’immissione in commercio di un farmaco, il tolvaptan, che permetterebbe di rallentare lo sviluppo e l’espansione delle cisti renali, e quindi la progressione della patologia. L’uso di questo farmaco costituisce una speranza sia per i pazienti affetti che per i loro familiari.

«Fino ad ora, non essendo disponibile nessun trattamento specifico per questa patologia, ci si era maggiormente concentrati sul trattamento della sintomatologia del rene policistico – ha affermato il Professor Ron T. Gansevoort, dell’University Medical Center di Groningen, nei Paesi Bassi – Ma il tolvaptan rappresenta una svolta significativa nella gestione della condizione. Per la prima volta infatti, sarà possibile modificare la progressione della malattia e preservare la funzione renale, un fatto che promette non solo di ottenere risultati sul lungo termine, ma soprattutto di migliorare la qualità di vita dei pazienti».

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