TVB, ti voglio bene e te lo dico

Per molti è difficile esprimere il proprio affetto mentre vale la pena farlo. Ecco perché (e come)



di Ilaria Amato

Ti voglio bene”: tre parole che spesso rimangono incastrate lì, tra la testa e il cuore. Non riuscire a esprimere i sentimenti è una difficoltà che può accompagnarci tutta la vita e non a caso è una delle principali fonti di rammarico sul letto di morte, come riporta il libro I cinque principali rimpianti del morente dell’infermiera australiana Bronnie Ware. «Comunicare le emozioni è un atto di autenticità verso noi stessi e chi amiamo. Ci fa sentire liberi e realizzati», spiega lo psicoterapeuta Mariano Fischetti. «Significa saper riconoscere il valore del proprio mondo interiore e condividerlo con una persona per noi importante». Vuoi imparare? Leggi i consigli degli esperti.


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dirlo a...un genitore

«Di solito sono i genitori a prendersi cura dei figli, a dire loro “ti voglio bene”, ma con l’età i ruoli si ribaltano», spiega la psicoterapeuta Mariavittoria Giusti. «Concentrati sul tuo nuovo ruolo di figlia adulta: ora spetta a te usare la tenerezza nei confronti della mamma e del papà». «Ma non sempre è semplice: soprattutto quando ti trovi di fronte a un genitore che, di solito senza pensare alle possibili conseguenze e implicazioni, per tutta una vita ti ha chiesto di essere forte e di evitare di esprimere le emozioni. Spesso poi le cose si complicano tra padre e figlia perché non siamo abituati a dire “ti voglio bene” a una persona di sesso opposto che non sia il partner», aggiunge Mariano Fischetti. E allora come uscire dall’imbarazzo? «Generalmente trovarsi faccia a faccia non aiuta, anzi ti rende più impacciata. Prova a mettere per iscritto il tuo sentimento: approfitta del suo compleanno e, accanto al regalo, fagli trovare un biglietto con un “ti voglio bene”», suggerisce Giovanna Danesi. «Spesso la rigidità è la stessa da entrambe le parti: è probabile che anche lui voglia esprimere il suo affetto ma non sappia come. In questo modo inizi ad ammorbidire gli animi, e un po’ alla volta anche lui sarà più predisposto alla comunicazione e ti metterà nella condizione di dirgli “ti voglio bene” guardandolo negli occhi. Certo è faticoso, ma ricorda che a un genitore basta sentirselo dire anche una sola volta».

dirlo a...un partner

«Ti vergogni e non riesci proprio a dirlo, ma facci caso: se hai una certa complicità con una persona, non ti senti in imbarazzo e ti esprimi liberamente. Aiutati ad aumentarla con il partner: visto che la difficoltà è il linguaggio, parti proprio da quello creando un rituale verbale da dividere solo con lui, come un codice segreto fatto di frasi, nomignoli ed espressioni tutti vostri», suggerisce la psicoterapeuta Mariavittoria Giusti. «Pronunciare il tuo “ti voglio bene” all’interno di un contesto protetto sarà più facile». «Se invece il tuo timore è la reazione dell’altro, fai un piccolo test preliminare e chiedigli: “Ti ho mai detto quello che provo per te?”. Se l’altro è pronto a ricevere le tue parole, ti inviterà a esprimerle con un “No, fallo ora” o anche “Sì, ma ridimmelo”. L’importante è evitare il salto nel buio: agisci quando senti di poter ricevere una risposta positiva», aggiunge Giovanna Danesi, mediatore familiare e counselor

dirlo a... un figlio

«Dire “ti voglio bene” a un figlio fa parte dell’educazione che un genitore deve impartire. Finché è piccolo ti viene facile esprimere i tuoi sentimenti, poi a mano a mano che cresce hai sempre più remore a farlo. Per sbloccarti, impara a mettere in conto il costo emotivo di quelle parole: ti imbarazzano, ti richiedono lo sforzo di mettere da parte la rabbia e la disapprovazione nei suoi confronti », spiega Giovanna Danesi. «Ma pensa che manifestargli il tuo amore è un po’ come dirgli un no: a volte sei restia a pronunciare questa parola per paura di perderlo o allontanarlo da te, ma sai che è necessario per il suo bene e ti imponi di farlo. Lo stesso vale per il “ti voglio bene”: tieni a mente che è fondamentale dirglielo, soprattutto ora che è grande, perché è un modo per farlo sentire riconosciuto e legittimato in quanto adulto che fa scelte autonome, giuste o sbagliate che siano». «Prova ad accompagnare una frase come “Non sono d’accordo con te ma ti voglio bene” con una carezza: il contatto fisico ti aiuta a tirar fuori le parole», consiglia Mariavittoria Giusti.

dirlo a...un’amica

«Da adulti ci si disabitua a esprimere i sentimenti. Finché le cose vanno bene il problema non si pone. Poi arriva il giorno in cui l’altra si trova in difficoltà e ha bisogno di sentirsi dire che le vuoi bene», osserva Mariano Fischetti. «E allora chiediti: come sei quando esprimi affetto? Mettiti davanti allo specchio: che aspetto hai mentre lo dici? Sgrani gli occhi per la paura o li abbassi per l’imbarazzo, oppure balbetti. Insomma sei in preda alle emozioni. Bene, non cercare di ingabbiarle, finiresti per bloccarti ancora di più. Tra stomaco e cervello c’è un gap notevole: se non fai attenzione rischi di caderci dentro». «Rimani sul lato emozionale e fatti aiutare dal pianto o dal riso ad abbattere i freni inibitori», suggerisce Giusti. «Guardare insieme un film drammatico o molto divertente, per esempio, ti aiuterà ad aprire il cuore. Sulla scia dell’emozione, confessarle il tuo affetto sarà più semplice».

Grazie, scusa, aiutami

«Ti hanno incoraggiata a usarle sin da piccola, ma sono parole che dietro il loro aspetto formale nascondono un’insidia: ti ricordano che non sei perfetta. Per questo motivo fai fatica a pronunciarle. Così ti brucia chiedere “scusa” perché ti senti in colpa per aver sbagliato, dire “aiutami” ti costringe ad ammettere che non sei in grado di far tutto da sola, e persino un “grazie” a volte ti costa molto, perché se ti è servito l’aiuto di qualcuno significa che non sei stata abbastanza brava», spiega Mariavittoria Giusti. «Prova a vedere oltre le emozioni negative che ti suscitano questi termini nell’immediato e riscopri il loro risvolto positivo: concediti il piacere della gratitudine, il sollievo di cogliere l’opportunità di riparare a uno sbaglio, la leggerezza di approfittare di un sostegno ogni tanto. Non credi di meritarlo?».

Articolo pubblicato sul n.29 di Starbene in edicola dal 07/07/2015

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