FIBRA ALIMENTARE

Con il termine fibra alimentare (FA) si indicano gli zuccheri complessi (polisaccaridi) che non contengono amido e che costituiscono elementi strutturali delle cellule vegetali oppure sono componenti di alcune secrezioni dei tessuti vegetali. I polisaccaridi, da un punto di vista chimico, sono costituiti dall’unione di numerose molecole di zuccheri semplici (oligosaccaridi). Le fibre alimentari sono […]



Con il termine fibra alimentare (FA) si indicano gli zuccheri complessi (polisaccaridi) che non contengono amido e che costituiscono elementi strutturali delle cellule vegetali oppure sono componenti di alcune secrezioni dei tessuti vegetali. I polisaccaridi, da un punto di vista chimico, sono costituiti dall’unione di numerose molecole di zuccheri semplici (oligosaccaridi). Le fibre alimentari sono costituite da polisaccaridi strutturali delle piante o contenuti in esse come “riserve” ed hanno la caratteristica di non essere “digeriti” (in termine chimico idrolizzati) dall’uomo.


La fibra alimentare: composizione e caratteristiche

Da quanto detto sopra, si capisce come la fibra alimentare non sia una sostanza singola ma una miscela estremamente complessa di polisaccaridi diversi: cellulosa, emicellulose, pectine, gomme, mucillagini, galattomannani, betaglucani, polisaccaridi di alghe (agar, carragenine) e lignina. Peraltro la lignina, presente negli alimenti in piccole quantità e normalmente inclusa nella definizione di fibra alimentare, non è in realtà uno zucchero complesso, ma un insieme eterogeneo di polimeri costituiti da un minimo di due fino a molte unità di fenilpropano, in grado di legarsi ai polisaccaridi.

I componenti della fibra alimentare possono essere classificati in base al loro comportamento in presenza di acqua: componenti strutturali come la cellulosa, la lignina ed alcune emicellulose tendono ad assorbire l’acqua e sono detti insolubili, mentre componenti come le pectine, le gomme, le mucillagini e altre emicellulose sono in grado di formare gel e sono dette solubili. La maggior parte degli alimenti di origine vegetale contiene sia fibra solubile sia insolubile, con prevalenza di un tipo di fibra o dell’altro. Per esempio, la crusca d’avena è ricca di gomme ed è considerata una buona fonte di fibre viscose, mentre la crusca di frumento contiene più componenti insolubili. In generale, le verdure e i semi mangerecci (cereali e legumi) sono buone fonti di cellulosa, mentre altri prodotti integrali sono più ricchi di emicellulose. I legumi e i prodotti d’avena sono le fonti migliori di gomme; le mele e gli agrumi contengono una maggiore quantità di pectine.

Tutti i polisaccaridi che in acqua formano un gel, per esempio guar e pectine, vengono talvolta raggruppati in quanto le loro azioni sull’organismo umano sono simili, essendo tutti in grado di abbassare la concentrazione del colesterolo del sangue, mentre non hanno efficacia sulle funzioni intestinali. I componenti insolubili della fibra, per esempio cellulosa e arabinoxilani della crusca, sono invece dei buoni lassativi ma non hanno effetto sul colesterolo del sangue. Va peraltro considerato che questo semplicistico tipo di raggruppamento è utile a scopo classificativo, dal momento che vi sono fibre solubili (quali l’ispagula e lo xantano) che non solo sono lassativi eccellenti ma risultano anche efficaci nell’abbassare la concentrazione del colesterolo ematico.


Cosa si intende oggi per fibre alimentari

Ancora oggi non esiste una definizione corretta e completa di fibra alimentare perché, se dal punto di vista chimico la fibra non è costituita da un singolo composto ma da un gruppo di sostanze chimicamente molto diverse tra loro, dal punto di vista nutrizionale i componenti della fibra hanno in comune la caratteristica di essere indigeribili per l’uomo e di svolgere funzioni fisiologiche molto diversificate.

Attualmente convivono un gran numero di definizioni, delle quali alcune sono basate esclusivamente sul metodo analitico utilizzato per la determinazione della fibra e altre sono fondate invece sulle loro proprietà fisiologiche. Inoltre, ancora non esiste un accordo unanime su come classificare i costituenti alimentari che quotidianamente vengono ingeriti.

Nel 2001 è stato proposto di utilizzare una definizione articolata che distingue tra:

  • fibra alimentare (lignina e carboidrati indigeribili, intrinseci ed intatti nei prodotti vegetali);
  • fibra aggiunta (carboidrati indigeribili, isolati dalla matrice naturale, anche di origine animale, purché abbiano effetti dimostrati benefici per l’uomo);
  • Fibra Totale (somma della fibra alimentare e della fibra aggiunta).

A un primo esame questa classificazione sembra presentare il vantaggio di una discreta “elasticità”, il che potrebbe consentire l’inserimento nel futuro di nuove molecole alimentari purché queste rivelino caratteristiche positive per l’uomo, riconducibili a quelle della fibra classicamente definita.


Fibra alimentare e calorie

Il concetto di non digeribilità della fibra ha fatto nascere l’idea che questo gruppo di sostanze non fosse “nutriente”, ovvero non apportasse calorie né nutrienti.

La determinazione del valore energetico della fibra alimentare è una metodica piuttosto complessa: infatti, oltre alle variabili per il calcolo dell’apporto energetico degli altri nutrienti (glucidi, lipidi e protidi), nel caso della fibra alimentare esistono altri importanti aspetti da considerare, quali l’incertezza delle determinazioni analitiche, la quantità di fibra utilizzata dalla flora intestinale (batteri intestinali) con conseguente produzione di acidi grassi a catena corta che l’intestino assorbe in quantità variabile, la capacità intrinseca della FA di limitare l’assorbimento e l’utilizzazione di altri nutrienti.

Nonostante queste difficoltà, alcuni tentativi sono stati effettuati. I dati raccolti portano a concludere che il livello medio di energia fornito dalla fibra alimentare nelle specie monogastriche, come l’uomo, è compreso tra 1,5 e 2,5 kcal/g (Livesey, 1990; Smith et al., 1998).


Effetti della fibra alimentare sul tratto gastrointestinale

Le fibre alimentari non vengono digerite nel tratto superiore dell’intestino (stomaco e tenue), ma possono modulare il processo digestivo attraverso attività meccaniche.

Effetto sul transito Le fibre insolubili, in funzione della loro capacità di assorbire acqua, aumentano il volume e il peso delle feci e provocano la distensione delle pareti del colon con conseguente facilitazione dei movimenti di transito del contenuto fecale, che portano a una regolare defecazione. Inoltre, sali biliari e lipidi possono essere “intrappolati” nella trama di alcune fibre alimentari (in prevalenza fibre idrofobiche insolubili) e ciò contribuisce a facilitare ulteriormente la progressione del contenuto intestinale. Infine, le fibre fermentabili incrementano la biomassa batterica e aumentano ulteriormente la massa fecale, facilitandone l’espulsione.

Effetti sulla digestione dei nutrienti Le fibre alimentari solubili possono ritardare lo svuotamento gastrico postprandiale e rendere più veloce il transito attraverso il tenue, per cui la digestione e l’assorbimento dei nutrienti introdotti con il cibo risultano rallentati. Le fibre alimentari, soprattutto se solubili, hanno poi un ruolo determinante nel rendere più biodisponibili i minerali; essi infatti favoriscono l’assorbimento di magnesio, calcio, zinco, rame.

Fermentazione nel colon Il colon umano presenta un ecosistema molto complesso, all’interno del quale coesistono almeno 400 specie microbiche distinte che vivono in equilibrio con il loro ospite umano e svolgono importanti azioni benefiche. La fibra alimentare, in questo ambiente, rappresenta per i batteri un’importante sorgente di carbonio: per questo l’arricchimento della dieta con fibre solubili promuove l’incremento del numero delle cellule batteriche viventi. Recenti sperimentazioni hanno evidenziato che le fibre alimentari possiedono effetti trofici sul tratto gastro-intestinale anche in distretti lontani dal sito dove avviene la loro fermentazione.

Acidificazione del contenuto del colon La fermentazione della fibra alimentare solubile provoca la diminuzione del pH all’interno del lume intestinale (pH acido), una condizione che viene considerata un fattore di “buona salute” per il colon, fermo restando che l’acidificazione non deve arrivare a livelli tali da disturbare lo sviluppo batterico e la fermentazione stessa.

Produzione di gas La fermentazione delle fibre alimentari comporta la formazione di idrogeno, anidride carbonica e metano, normalmente espulsi con le feci o eliminati per via respiratoria. In presenza di grandi quantità di fibre alimentari altamente fermentabili, la fermentazione nel colon è molto rapida e la produzione gassosa può arrivare a volumi considerevoli con sensazione di distensione addominale, flatulenza ed emissione di aria dal retto (meteorismo).

Effetto “prebiotico” Tra le centinaia di differenti specie batteriche presenti a livello intestinale, quelle appartenenti ai generi Bacteroides, Bifidobacterium e Lattobacilli sono particolarmente stimolate nella crescita dall’assunzione di fibre alimentari quali, per esempio, l’inulina e la fibra di acacia.

Molti ricercatori hanno dimostrato che con l’utilizzo di idonee fibre solubili si riesce a decuplicare la quantità di flora fecale delle specie batteriche sopra menzionate. Questo effetto è denominato prebiotico, cioè stimolante la crescita selettiva di specie batteriche benefiche (dette anche probiotiche). II cambiamento nella composizione delle specie della flora batterica del colon è dovuto al fatto che non tutte le specie batteriche possiedono gli enzimi necessari a degradare le molecole delle fibre e al cambiamento di pH che ne consegue. Lo sviluppo della microflora a favore dei bifidobatteri e dei lattobacilli è estremamente positivo per l’uomo, poiché si suppone che questi siano ceppi di germi estremamente benefici per la salute umana.

I batteri intestinali giocano un ruolo essenziale nella nutrizione poiché facilitano la digestione e l’assorbimento di vari nutrienti. Infatti la maggior parte dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi che non sono stati degradati dagli enzimi digestivi umani vengono degradati dagli enzimi microbici e possono, quindi, essere assimilati.La flora batterica inoltre incrementa la superficie intestinale deputata all’assorbimento dei nutrienti (dimensione dei microvilli e numero delle cellule epiteliali).

Per un meccanismo detto di esclusione competitiva, la presenza di batteri probiotici vivi impedisce infine lo sviluppo all’interno del tratto digerente di batteri nocivi per l’uomo (specie batteriche patogene).

Effetti sulle cellule epiteliali intestinali Numerosi studi mostrano che le fibre solubili stimolano la proliferazione delle cellule che costituiscono la mucosa di rivestimento interno dell’intestino ed è noto che se ci si nutre con una dieta ricca in fibre alimentari, si incrementa il peso dell’intestino tenue. L’esatta spiegazione di questo fenomeno non è ancora perfettamente compresa ma è probabile che, anche in questo caso, siano coinvolti gli acidi grassi a catena corta.

La moltiplicazione delle cellule epiteliali, osservata in studi su animali, rappresenta un effetto molto favorevole, poiché migliora lo stato immunitario e quindi le difese del paziente. Infine, con riferimento ai fenomeni che nell’intestino posono portare allo sviluppo di tumori maligni (processo di carcinogenesi), le fibre alimentari possono agire in modo favorevole riducendo la probabilità dello sviluppo tumorale.


Effetti della fibra alimentare sulle funzioni dell’organismo

Effetti sui grassi del sangue Studi epidemiologici hanno analizzato le relazioni tra malattie cardiovascolari, metabolismo dei lipidi e assunzione di frutta e verdura, che costituiscono le principali fonti di fibra alimentare. I dati, raccolti in oltre trent’anni in più di venti Paesi sviluppati, hanno dimostrato che la mortalità per malattie cardiocircolatorie o per cancro diminuisce nelle popolazioni che consumano maggiori quantità di cibi ricchi di fibra alimentare.

Anche gli effetti della fibra alimentare solubile sui grassi del sangue sono stati largamente studiati. I dati ottenuti suggeriscono che l’assunzione di fibra alimentare solubile contribuisce, attraverso la riduzione dell’assorbimento intestinale, a diminuire il colesterolo totale e la sua quota “cattiva” (colesterolo LDL).

Un’ulteriore azione della fibra alimentare, che ha luogo nell’intestino tenue, consiste nel “blocco” degli acidi biliari con ulteriore riduzione dell’assorbimento intestinale dei grassi e del colesterolo. Molti elementi, infine, sostengono che l’effetto di sostegno alla riduzione del colesterolo sia da attribuire, ancora una volta, agli acidi grassi a catena corta prodotti dalla flora batterica presente nel colon.

Effetti sui glucidi del sangue È stato ampiamente dimostrato dagli studiosi che una dieta ricca di fibre e povera in grassi produce un significativo miglioramento del diabete di tipo 2, attraverso due possibili meccanismi:

  • un pasto ricco di alimenti contenenti fibra solubile (non fibre insolubili come cellulosa o crusca) determina un rallentamento nell’assorbimento degli zuccheri, con conseguente migliore funzionamento dell’insulina e minore innalzamento del glucosio nel sangue dopo il pasto;
  • gli acidi grassi a catena corta, prodotti nel colon per fermentazione batterica dei carboidrati delle fibre, agiscono sul fegato sia riducendo l’immissione di glucosio nel sangue sia facendo produrre meno colesterolo. [M.L.L.]