di Ida Macchi
Devi sostenere un esame e cominci a pensare che sarà un flop. Oppure, dopo una promozione in ufficio, ti chiedi se ti hanno affidato quel ruolo solo perché nessun altro lo avrebbe accettato. E così, invece di interpretare i fatti con realismo, ti fai guidare da pensieri che ti lasciano in preda a rabbia, tristezza o paura.
Gli psicologi li definiscono disfunzionali, perché rischiano di allontanarti dal raggiungimento dei tuoi obiettivi. Irrompono nella mente in modo inconsapevole: a volte sono flash passeggeri; altre volte arrivano a imbrigliare il tuo comportamento. Per liberartene, prima di tutto devi imparare a individuarli. Poi domandarti se corrispondono ai fatti. Quindi provare a formulare pensieri alternativi. Ecco le distorsioni cognitive più frequenti e l’iter mentale per modificarle, messo a punto con la psicoterapeuta Daniela Romano.
SARÀ UNA CATASTROFE
Vivi un evento critico o negativo, anche minimo, e ti convinci che, qualsiasi cosa tu faccia, il risultato sarà ineluttabilmente disastroso. Per esempio, durante un colloquio di lavoro l’emozione smorza un po’ la tua performance e, invece di tentare un recupero, cominci a elaborare uno scenario buio declinato a suon di «Ora mi mancheranno le parole, inizierò a sudare, farò la figura della stupida, non mi prenderanno in considerazione e rideranno di me». Così macini ansia e rischi di fallire perché cominci a sostenere il ruolo della vittima nel film catastrofico che hai già proiettato nella tua mente.
Per passare al contrattacco, invece di immaginare un’inesorabile débacle, prova a pensare: «La mia emozione dimostra l’interesse che ho per questo ruolo lavorativo, è giusto che sia entusiasta ma anche preoccupata, voglio però presentare al meglio la mia professionalità e capire che cosa cerca l’azienda. Io posso essere la persona giusta per il lavoro che offrono!». Insomma, rigira in positivo i tuoi pensieri e vedrai che anche il “film” avrà un finale diverso.
NON POSSO FARCELA
Sei certa di non poter sopportare la frustrazione connessa a certi eventi e di non saperli fronteggiare. Per esempio, hai una relazione di coppia soddisfacente ma a ciel sereno nella tua mente si infiltra un: «Se il mio compagno mi lascia, muoio». Per riprendere in mano la situazione, sostituisci quel pensiero insopportabile con altri costruttivi. Anche se è vero che la rottura di un legame affettivo è dolorosa, chiediti per esempio se sei certa che non potresti sopravvivere al dolore della perdita.
E ancora: domandati quali esperienze altrettanto dolorose hai attraversato nella vita, come le hai superate, che cosa hanno cambiato, se ti hanno portato solo svantaggi o anche vantaggi e quali risorse possono aiutarti. Rispondendoti,ti accorgerai che nulla è insopportabile e che hai dalla tua tante chance.
Intrappolata nella negatività?
I pensieri disfunzionali possono favorire l’ansia, lo stress e addirittura la depressione. Se ti accorgi che limitano la tua vita e non riesci a gestirli da sola, o ti rendi conto che per tenerli a bada devi mettere in atto comportamenti compensativi (dipendenze dal cibo, dall’alcol, dal gioco o dai farmaci, per esempio), puoi ricorrere alla psicoterapia cognitivo comportamentale: con l’aiuto del terapeuta puoi correggere gli schemi fissi di pensiero e di interpretazione della realtà che ingabbiano il tuo agire, sostituendoli con pensieri oggettivi e funzionali che ti permettono di controllare l’emotività, di vivere la realtà nei suoi giusti contorni e di ritrovare la serenità. In genere sono necessarie circa 24 sedute, con cadenza settimanale, al costo medio di 80 € l’una. Info: aiamc.it
VOGLIO TUTTO O NULLA
Pensi che le cose possano andare solo bene o male, che le persone siano buone o cattive, che ci sia un modo giusto o sbagliato di fare le cose. Per questo, se per esempio sei a dieta o segui un programma di full immersion in palestra, ti basta mangiare un biscotto in più o saltare una seduta di training per pensare: «Se ho sbagliato una volta, vuol dire che non posso farcela», o «Se non ottengo il risultato atteso, ovvero il massimo, allora ho fallito». Non ti perdoni, ti lasci guidare dal tuo pensiero “tutto o nulla” e finisci per abbuffarti o per smettere di allenarti.
Per evitare di mandare tutto a rotoli, cerca una mediazione tra il tuo ideale di perfezione e i piccoli errori di percorso. Pensa, per esempio, che un biscotto è semplicemente un biscotto e non il segno della tua totale mancanza di controllo! E ancora: appropriati della possibilità di essere te stessa e di metterti alla prova, ricordando che si impara proprio attraverso tentativi ed errori. Non siamo nullità o dèi: siamo persone.
SO GIÀ COME FINIRÀ
Hai la presunzione di sapere già come andranno le cose. Per esempio, ti invitano a una festa e, quasi avessi la
sfera di cristallo, sei certa che sarà una noia, che non ci sarà nessuno di interessante. Una volta in mezzo agli altri, ti comporti di conseguenza: ti metti in un angolino, ti chiudi in te stessa, e la serata va ovviamente come ti eri immaginata.
Per rompere il cerchio, chiediti invece: la festa è obiettivamente una noia o sei tu a scegliere di non prenderne parte? Chi c’è? Come si svolge la serata? Hai incrociato lo sguardo di qualcuno? Scambiato un sorriso? Preso parte ai giochi di gruppo o ballato? Se ti rispondi sinceramente, ti accorgerai che sei inchiodata su un tuo stato emotivo, di noia appunto, e ti ci stai inviluppando. Se vuoi, hai ancora margine di recupero.
VA BENE, SÌ, PERÒ…
Scatta quando vivi qualche cosa di positivo che però sminuisci immediatamente. Per esempio, incontri un uomo interessante che, per tutta la sera, ti fa una corte serrata. Ti senti gratificata dalle sue attenzioni, ma subito dopo ecco nella mente tutta una ridda di “ma”.
«Sì, è carino, ma solo perché ha bisogno di parlare… Sì, ma non gli interesso veramente...». E così bruci il bello di quell’esperienza, avvelenandolo con i tuoi pensieri. Ma qual è il vantaggio di inibire uno slancio emotivo? Evitare una delusione, ti risponderai. Se accentui sempre il lato negativo dell’esperienza, però, rischi di non metterti mai in gioco e di non vivere in pieno la vita.
INUTILE DISCUTERNE
Sei convinta di sapere sempre che cosa pensano gli altri. Se un amico non risponde al cellulare, tu hai pronta l’interpretazione di quel silenzio: «Non risponde perché non vuole parlare con me» e, per vendicarti, ingaggi con lui un braccio di ferro fatto di silenzi.
Chiediti invece perché un amico sceglie di non rispondere. Ci sono alternative all’ipotesi che non voglia prestarti ascolto: può darsi che sia impegnato al lavoro, che stia riposando, che abbia bisogno di un momento per se stesso o che banalmente non abbia il telefono con sé. Allarga il ventaglio delle possibili interpretazioni e, soprattutto, ricorda che il silenzio non offre mai occasione di chiarimenti.
Articolo pubblicato sul n. 10 di Starbene in edicola dal 23/02/2016