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Come sviluppare una mente da campione: il metodo di Sinner

Diventare “veloce” come un pilota di Formula 1. Vincente come chi taglia per primo il traguardo. Il talento da solo non basta. Per affrontare le super gare della vita c’è un metodo di allenamento che valorizza le nostre migliori energie mentali. Ce ne parla il trainer dei big

Photo by Kirill Kudryavtsev/AFP via Getty Images



Le graduatorie ufficiali decretano Jannik Sinner numero 1 del tennis mondiale. Le classifiche, nelle descrizioni di chi i campioni sportivi li allena, riferiscono anche un’altra realtà, meno roboante ma accessibile a una platea più vasta: letteralmente, il campione è chi tiene il campo con autorevolezza, porta avanti con determinazione una causa, si distingue grazie all’applicazione delle proprie doti non solo fisiche ma anche, e soprattutto, mentali. E in questo cerchio d’eccellenza non ci sono solo gli sportivi che battono i record, perché un primatista può essere chiunque utilizzi bene la mente, soprattutto nelle situazioni stressanti o che lo mettono fuori fase.

In che modo? Attraverso un metodo scientifico che è una vera e propria palestra per il cervello, “costruito” da Riccardo Ceccarelli, medico, performance trainer e fondatore di Formula Medicine e Mental Economy: lo racconta nel suo libro Nella mente del campione (Giunti Edizioni). La prefazione porta la firma di un “allievo” famoso, Jannik Sinner, che siede sul trono di uno sport di altissimo livello, altresì per merito di una tenuta mentale ormai universalmente riconosciuta. E che pure i comuni mortali possono raggiungere.


Ma noi, che non siamo assi dello sport, abbiamo bisogno di allenamento mentale...

Potrebbe sembrare strano, ma sviluppare una mente da campioni è molto più utile alla gente normale che a un numero uno dello sport. Anche all’atleta, durante una gara importante, può capitare di essere in una giornata no ma il fuoriclasse può contare sulle sue capacità fisiche e tecniche per riuscire a restare in partita ed eventualmente vincerla, anche se a prezzo di grandi sforzi. Invece, in qualsiasi attività noi svolgiamo, lavorare, studiare, relazionarci con gli altri, ci sono buone probabilità che il cervello sia l’unica risorsa che abbiamo. Certo, non possiamo compensare con la forza del bicipite o la resistenza del quadricipite per scrivere una relazione o fare un calcolo!


Siamo, quindi, i veri atleti mentali...

Sì, abbiamo solo la “testa” per performare, perciò va usata meglio, superando i limiti culturali che ancora circolano sulla mente. Quest’ultima, finora, è stata vista più come un problema da risolvere che come una risorsa da ottimizzare. Il Mental Economy Training, al contrario, non lavora sulla patologia ma sulla fisiologia: non parte da una criticità ma da una macchina quasi perfetta, da F1, da spingere ancora di più. Nessuno è ineccepibile, tutti hanno dei margini di miglioramento. Compresi i leader dello sport, poiché nel tennis, come in Formula 1, la performance dipende più dal cervello che dai muscoli: rispondere per tre ore a un centimetro dalla linea, una volta che il corpo è allenato, è soprattutto una questione di testa.


Per quale obiettivo?

Essere efficienti più che efficaci, due termini che spesso confondiamo e ci confondono. Nel lavoro, nello studio, in palestra ma anche nei rapporti interpersonali, sprechiamo tantissime energie mentali, e non ce ne accorgiamo. Magari riusciamo a portare a termine un impegno importante, che sia un esame universitario, un progetto lavorativo o altro, ma lo facciamo a un costo esagerato. Abbiamo sì raggiunto il nostro proposito (siamo stati efficaci) ma al prezzo di disagi, rinunce, fatica massima se non momenti di grande difficoltà. Tutto meno che efficienti.


Invece il Mental Economy Training che propone?

Di rispettare la regola “massima resa con la minima spesa”, ovvero raggiungere il proprio scopo spendendo il meno possibile. Uso una metafora estrema: invece di pagare tutti i giorni 60 € per un caffè al bar, che è una cifra improponibile per qualsiasi (ragionevole) tasca, possiamo benissimo tirare fuori meno di 1,5 € per questa piacevole abitudine, senza che le nostre finanze vadano in rovina. Nella quotidianità, risparmiare l’energia mentale nella prospettiva di lungo termine (settimane, mesi, anni) è fondamentale per una questione di benessere psicofisico. Vale per i grandi atleti come per chi studia o lavora: la pressione del target, dei superiori, dei colleghi, della competizione è altrettanto forte.


Quali sono i punti basilari di questo metodo?

L’allenamento si effettua all’interno della Mental Economy Gym, prima palestra di questo tipo al mondo. Tre sono le aeree d’intervento: l’autoconsapevolezza (self awareness), cioè sapere come funziona il nostro cervello in diverse situazioni in modo da essere in grado di riconoscere quali sono i suoi punti di forza e i limiti da compensare; trovare tecniche personalizzate per gestire il proprio atteggiamento nel mondo reale, nel bene e nel male; incrementare la plasticità neurale attraverso le nuove connessioni cerebrali indotte dall’allenamento. Si lavora, insomma, per imparare a diminuire il carico emotivo davanti all’errore, al rimpianto, al pensiero negativo, alla sconfitta. In soldoni: tendiamo ad eliminare lo spreco di energia mentale, a favore di un setup diverso, cioè un approccio più funzionale (neural efficiency) nelle situazioni a elevato carico pressorio.


Come si procede?

Nelle nostre sedi facciamo una serie di test che, grazie a dei software, misurano le diverse qualità mentali (come concentrazione, pulizia mentale, reattività, attenzione, dual task) di una persona e, nello stesso tempo, quanto si attiva fisicamente (battito cardiaco) e mentalmente (attraverso una fascia frontale) durante gli esercizi sotto stress. Sono calcolati con stime numeriche, perciò, perfomance e dispendio energetico. In questa fase di analisi, inoltre, gli utenti vengono assistiti da un gruppo di psicologi per aumentare l’autoconsapevolezza, scoprire come reagiscono in determinate situazioni: ogni individuo è diverso dall’altro, c’è chi si arrabbia troppo facilmente, si lascia “fregare” dall’emozione o dall’ansia, tende a rimuginare e a complicarsi le situazioni da solo.


Poi, c’è l’allenamento...

Consiste nel creare situazioni che portino un individuo a percepire sensazioni come rabbia, sconforto, stanchezza, calma, efficacia in modo che abbia una maggiore consapevolezza di se stesso, del suo potenziale e delle aeree dove può migliorare. Come dice Sinner nella prefazione del libro “è un metodo di allenamento mentale oggettivo, dove posso allenarmi in varie condizioni, quando sono al top, quando sono stanco, quando sono nervoso, e capire come cambia il mio rendimento”.


Dove punta il training?

Si tratta di allargare progressivamente la nostra comfort zone, cioè quei momenti in cui riusciamo ad “ammaestrare” bene le nostre emozioni perché ci sentiamo a nostro agio e, quindi, ci comportiamo in modo naturale. Non ci sono delle strategie valide universalmente per tutti. Noi possiamo anche suggerire tecniche per abbattere lo spreco mentale ma poi, di fatto, ognuno sperimenta da solo il “trucco” che lo aiuta a superare l’empasse: può essere un respiro profondo, un mantra da ripetersi a bassa voce, un esercizio di mindfulness da visualizzare. A prescindere dalla diversità individuale, l’importante è conservare l’energia per l’ultimo giro, l’ultima battuta, il calcio di rigore decisivo.


Quanti incontri prevede il metodo?

Il modulo standard prevede 4 incontri di mezza giornata in una delle nostre tre sedi, ma si può decidere anche di proseguire l’allenamento in base a esigenze specifiche, al tempo a disposizione, agli obiettivi. Si tratta di un training mentale tagliato su misura per ogni individuo.


Ma l’allenamento deve essere costante?

Lo scopo è raggiungere l’autonomia, cioè uno stato di tranquilla efficienza attraverso la pratica costante di questa palestra mentale. Il cervello non è un complesso statico e immodificabile, perché le esperienze che sviluppiamo con gli altri e nel contesto in cui siamo immersi vengono memorizzate e lasciano una traccia nel nostro sistema nervoso, modificandolo. La chiave della neuroplasticità sta nell’allenamento. Una mente che viene continuamente sottoposta a stimoli, cioè tirata fuori dalla propria zona di comfort, è capace di fare l’ultima (e decisiva) giocata in pochi centesimi di secondo. Quindi, anche per questo, stiamo pensando di lanciare una piattaforma sulla quale è possibile allenarsi da remoto in qualsiasi parte del mondo. Già molti nostri sportivi lo stanno facendo.


Per arrivare a …

A diventare leader di se stessi. Come ho detto a Jannik quando ho iniziato a lavorare con lui (aveva 19 anni, ndr): “L’obiettivo è riuscire a vedere le tue partite perché mi regali i biglietti, non perché hai bisogno di me”. Un atleta forte è un atleta indipendente, non gli serve qualcuno che gli dica sempre cosa fare. Lo stesso si può dire per qualsiasi altro individuo. Ma la strada dell’autonomia passa attraverso la consapevolezza, dal momento che possiamo padroneggiare solo quello che conosciamo bene.


E la fiducia in se stessi quanto s’incrementa?

Moltissimo. Quando sappiamo come adattarci alle difficoltà è “normale” che aumenti il successo delle nostre prestazioni, e con quello la self confidence (fiducia in se stessi). È come avere a portata di mano una bussola che ci guida. Se nei nostri paraggi c’è qualcuno che ci innervosisce, sappiamo rimanere tranquilli; se abbiamo mille impegni, riusciamo a focalizzarci solo sulle priorità del momento.


È un fatto soprattutto di controllo emotivo…

Sono le emozioni che la notte ci portano a pensare che domani dobbiamo fare questo o quello; che davanti al professore ci portano a non ricordare più nulla; che ci impediscono di prendere al volo un’opportunità unica. Non le possiamo annullare, ma sorvegliare sì. In fondo, l’intelligente emotivo chi è? Chi ha una capacità analitica importante e non la perde sotto tensione. La capacità è, infatti, una strada stretta con un muro a sinistra che rappresenta la superficialità (“io non c’entro niente, la colpa è sempre di qualcuno o qualcosa”) e un altro a destra (“ascolto tutti, prendo mille informazioni e non so mai cosa fare”). Ma si può imboccarla fino a destinazione, se si mettono insieme tre, quattro ingredienti essenziali del nostro essere. L’agire, con fermezza, lucidità e calma, è solo una conseguenza.


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