La ciclista Letizia Paternoster: per vincere bisogna credere nei sogni

La giovane ciclista italiana Letizia Paternoster, una passione per la bici sin da bambina, si è assicurata la vittoria mondiale su pista nell’ottobre 2021 grazie a grinta, determinazione, passione



261984Ha conquistato l'oro nella corsa a eliminazione, in una gara avvincente alla Hunger Games in cui la concentrazione è altissima, perché è un duello che si decide sul filo della ruota. “Sopravvive” solo chi va più forte: si pedala in tondo per un quarto d'ora e, ogni uno o due giri, l'ultima è fuori. Alla fine restano in due, a sfidarsi fino all'ultimo sprint.

Ai Mondiali di cliclismo su pista che si sono tenuti a Roubaix (Francia) nell'ottobre 2021, Letizia Paternoster ha sfogato la sua voglia di riscatto dopo una stagione segnata da infortuni e risultati mancati che l'aveva demoralizzata. A soli 22 anni, ha dimostrato prima di tutto a se stessa che non bisogna mai rinunciare a sognare in grande. Ma non c'è solo agonismo nella sua vita: si diverte a curare i suoi profili social, dove è seguita da più di 200 mila follower, ed è molto impegnata anche nello studio. È iscritta alla facoltà di scienze politiche della Luiss di Roma. Certo, pedalare è al centro della sua vita, una passione nata quand'era davvero piccola piccola. Come ci racconta.


Bicicletta primo amore?

Assolutamente, tanto che ho imparato a pedalare prima di camminare. All'età di 2 anni non ne volevo sapere di mettermi in piedi, piuttosto arrivavo gattonando fino al triciclo che avevo in garage e pedalavo. Mio papà, poi, era appassionato di ciclismo, amico di Maurizio Fondriest il campione del mondo, di cui era tifoso. Verso i 6 anni mia mamma ci ha provato con la danza ma, appena entravo in palestra per iniziare la lezione, cominciavo a piangere... Volevo a tutti costi andare in bici, ripetevo a chiunque che sarei diventata una campionessa. I miei si sono rassegnati e così ho cominciato a partecipare alle prime gare amatoriali. Ricorderò sempre che la mia prima corsa su strada, ero una bimbetta delle elementari, è stata anche la mia prima vittoria. Oltre al divertimento e alla soddisfazione di essere riuscita a far bene, poter realizzare il mio sogno di pedalare fino al traguardo mi ha dato tanta autostima. Ho capito che quella era la mia strada.


Come hai scelto la tua specialità?

Ho cominciato a gareggiare su pista intorno ai 13-14 anni, ma in realtà ho provato tutto del ciclismo, dalla bici su strada alla mountain bike, dalla bmx al downhill. Gareggiando mi sono resa conto che la strada e la pista sono le discipline in cui vado più forte. In pista l'adrenalina è alle stelle, la finale si gioca nell'arco di un quarto d'ora a una velocità che raggiunge anche i 55 km/h. Servono sprint, concentrazione e tattica. Do tutta me stessa, è molto stimolante: a ogni giro si rischia l'eliminazione, è una gara da vincere. Ai Mondiali siamo partite in 22... Bisogna correre non solo controllando chi sta davanti, ma soprattutto le avversarie che inseguono, per prevenire attacchi e “imboscate”. A Roubaix, alla fine, siamo rimaste io e la belga Lotte Kopecky: a quel punto ho attaccato da lontano, con una volata molto lunga, giocandomi il tutto per tutto.


La vittoria ai mondiali di Roubaix riscatta un periodo difficile, segnato anche da infortuni. Come hai superato i momenti no?

Sono stati due anni veramente difficili, anche a causa della pandemia. In questo periodo sono stata ferma diversi mesi per problemi fisici e, quando stavo recuperando, sono risultata positiva al Covid. Una vera batosta che, fisicamente, ha compromesso la mia preparazione a inizio anno e per le Olimpiadi. Sono infatti arrivata all'appuntamento con i Giochi non al meglio della forma e poco serena. Forse la pressione, lo stress e quel malessere anche emotivo che mi portavo dentro, dopo la malattia, hanno influito negativamente e non sono andati come speravo. Ho avuto però la fortuna di avere persone care, a me vicine, che mi hanno sostenuto e aiutato a non mollare. Così mi sono detta: basta, è il momento di reagire. Di continuare a sognare in grande, come ho sempre fatto fin da bambina quando ho capito che la bicicletta sarebbe stata la mia vita. Diciamo che questa vittoria è arrivata anche grazie alla forza dei miei sogni.


Per ottenere questi risultati, quanto tempo dedichi agli allenamenti?

Mi alleno tutti i giorni della settimana, con uno di riposo; alterno le uscite in bicicletta, mattino e pomeriggio, al lavoro in palestra, alle macchine e con i carichi, per migliorare la forza esplosiva. Ho bisogno infatti di muscoli forti e reattivi per sostenere lo sprint, soprattutto quando corro su pista; faccio anche tanti esercizi per rinforzare il “core” che mi aiuta per la stabilizzazione. In casa, ho un angolo palestra attrezzatissimo. E quando posto le foto degli allenamenti, sul mio profilo Instagram, sono tanti poi i follower che mi chiedono consigli. Le uscite su strada mi servono per migliorare la resistenza cardiovascolare. In genere mi alleno a Riva del Garda, dove vivo, ma trascorro anche periodi in altura, a Livigno: aiuta a migliorare le prestazioni una volta tornati a livello del mare, perché aumenta la capacità aerobica, quindi la resistenza allo sforzo prolungato.


Ovviamente sei in formissima, segui una dieta particolare?

In realtà no, semplicemente cerco di mangiare sano ed equilibrato. Diciamo che gli gnocchi al formaggio non rientrano nel mio menu... Pasta sì ma preferibilmente integrale, riso, verdura e frutta, anche carne: quando posso, da trentina della Val di Non, mi concedo anche la tagliata al sangue. E non mi faccio mancare la pizza. Tra l'altro sono io che cucino in casa, mi piace molto e me la cavo; ho imparato dalle donne di famiglia, mia nonna che era bravissima, e mia mamma.


Tanto allenamento, lo studio universitario, e nel tempo libero?

Prima di tutto viene quello per gli affetti, il mio fidanzato, la mia famiglia. Il tempo che dedico a leggere, studiare, mi aiuta a crescere come persona. È un'opportunità per il mio futuro; vorrei infatti rimanere nel mondo dello sport, come giornalista o manager di eventi. Amo molto anche camminare in montagna e fare alpinismo (scalate, ferrate). E poi, adoro fare shopping! Seguo la moda, leggo le riviste specializzate, mi ispiro agli stilisti italiani per creare uno stile personale. Mi diverto a postare i miei look su Instagram. E vado pazza per le scarpe, soprattutto con il tacco: già da bambina rubavo quelle della mamma e mi pavoneggiavo in giro per casa. Dalle scarpe con le tacchette a quelle con i tacchi... (commenta ridendo, ndr).


A proposito di social...

Ho cominciato in modo naturale, come tante mie coetanee, a pubblicare foto della mia vita sportiva e personale. Gli allenamenti, i ritiri con la Nazionale, le gare e poi il mio quotidiano, divertendomi appunto a giocare con la moda. Posto per farmi conoscere, sia come atleta ma anche come persona. E ho visto che in tanti hanno cominciato a seguirmi. Quello che mi fa piacere è che ci sono molte ragazze, sportive o che vogliono diventarlo, che pedalano o semplicemente desiderano mantenersi in forma, che mi chiedono consigli su come allenarsi, sul recupero e anche sull'alimentazione giusta.


Sul podio più alto a soli 22 anni

Letizia Paternoster è nata a Cles, in Trentino, ma ha il doppio passaporto italiano e australiano. Il padre, infatti, è nato in Australia da genitori trentini. Si fa notare già da Juniores quando, nel 2017, mette a segno due record del mondo su pista, nell'inseguimento a squadre e in quello individuale. Passa professionista nel 2018; l'anno dopo entra nel team femminile della Trek-Segafredo e vince l'argento ai Mondiali su pista nella corsa individuale a punti. Successo che ripete nel 2020 con un altro argento e un bronzo nella corsa a squadre, a punti. Nel 2021, dopo i deludenti Giochi Olimpici che non la vedono mai protagonista, si riscatta con la medaglia d'oro che la consacra campionessa del mondo. A Roubaix vince anche l'argento nella gara a inseguimento a squadre. È nel gruppo sportivo Fiamme Azzurre (corpo di polizia penitenziaria).


Ad eliminazione e inseguimento: le sue specialità su pista

Quella in cui Letizia Paternoster ha vinto l'oro mondiale è una corsa ad eliminazione. Partono 20-25 atlete e, ad ogni giro (o due) di pista, quella che taglia la linea del traguardo per ultima, con la ruota posteriore, viene eliminata. Finché non restano in due a contendersi la vittoria finale. Letizia Paternoster ha vinto sulla ciclista belga Lotte Kopecky. La nostra campionessa compete anche nell'inseguimento a squadre: questa è una specialità in cui 4 atlete sfidano un altro quartetto di una diversa nazione. La corsa si svolge su una distanza di 4 km, partendo da due punti diametralmente opposti sui due rettilinei della pista. Vince chi per primo raggiunge l'avversario o, caso molto più frequente, copre la distanza nel minor tempo.


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