Fantasie sessuali femminili: come superare la vergogna
Il desiderio femminile si racconta con autenticità nel libro di Gillian Anderson, tra fantasie sessuali inesplorate, emozioni profonde e voglia di libertà, in un viaggio che intreccia corpo e mente. Ne abbiamo parlato con uno psicoterapeuta sessuologo
di Elisa Capitani
Il desiderio sessuale femminile è un universo complesso, sfaccettato, ancora oggi poco conosciuto o esplorato. A lungo messo in secondo piano rispetto a quello maschile, è stato oscurato da stereotipi, silenzi e tabù. Eppure, sono moltissimi i fattori che lo influenzano: ciclo mestruale, menopausa, disturbi sessuali (che colpiscono il 43% delle donne italiane secondo l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Cagliari), ma anche ansia, stress e insicurezze interiori.
Proprio per dare spazio e voce a questo tema tanto intimo quanto universale, l’attrice anglo-americana Gillian Anderson ha lanciato un appello alle donne di tutto il mondo: raccontare, in forma anonima, le proprie fantasie erotiche più profonde. Ne è nato Want (Feltrinelli, 2024), un libro che raccoglie centinaia di testimonianze e che dà corpo a una narrazione nuova e libera del desiderio femminile.
Ne abbiamo parlato con il dottor Fabrizio Alberto, psicoterapeuta e sessuologo per Serenis, piattaforma online dedicata al benessere mentale e fisico, per capire meglio perché il desiderio delle donne sia ancora così carico di contraddizioni e come imparare a viverlo con più consapevolezza e libertà.
Nel libro Want, Gillian Anderson racconta di essere rimasta colpita leggendo My secret garden di Nancy Friday (1973) quando era adolescente dalla vergogna che spesso accompagna le donne nell’espressione delle proprie fantasie sessuali, cosa che capita tuttora. Come mai questo sentimento di imbarazzo è così diffuso nel mondo femminile?
«La vergogna legata alle fantasie sessuali femminili affonda le sue radici in secoli di repressione culturale e religiosa. Per molto tempo, il desiderio femminile è stato visto come qualcosa di pericoloso, da controllare o reprimere. Non a caso, è stato letteralmente demonizzato: la donna veniva ritenuta responsabile di provocare il desiderio maschile, come se il suo corpo e la sua sessualità fossero una minaccia morale.
Con il tempo, questa narrazione si è trasformata, ma non è scomparsa. Nella società moderna, le donne sono state educate a essere desiderate, non desideranti. Questo ha generato un forte senso di colpa nell’esprimere ciò che le eccita, come se la sessualità femminile dovesse sempre passare attraverso uno sguardo esterno o relazionale, mai individuale o autodiretto».
Quando la Anderson ha lanciato l’invito a tutte le donne del mondo per condividere fantasie erotiche anonime, la risposta è stata travolgente: ha ricevuto abbastanza materiale da poter riempire otto volumi. Un segnale fortissimo. Secondo lei, che bisogno ha intercettato?
«Le numerosissime risposte evidenziano sicuramente un bisogno profondo di esprimersi liberamente in un campo ancora fortemente stigmatizzato. Le donne vogliono essere ascoltate, anche quando si tratta di fantasie intime. E questo ci dice che il desiderio femminile esiste, è vivo e ha bisogno di spazi sicuri per manifestarsi senza giudizio».
Come società tendiamo spesso a incasellare le donne in ruoli ben definiti: la madre, la partner desiderabile, la professionista realizzata... Ma ciò che emerge da queste fantasie è proprio il contrario: nessuna donna ha un’identità unica e monolitica. Le fantasie erotiche possono essere anche uno spazio in cui le donne si riappropriano della propria complessità, oltre i ruoli imposti?
«Assolutamente sì. Le fantasie rappresentano uno dei pochi spazi realmente privati in cui le donne possono esplorare aspetti profondi di sé, liberi dai condizionamenti e dai ruoli imposti dalla società. In questo spazio immaginario possono essere vulnerabili, potenti, trasgressive, curiose, senza dover interpretare un copione o aderire a un’immagine predefinita. Proprio perché appartengono all’immaginazione, le fantasie costituiscono un luogo libero e creativo, dove è possibile indagare ed esprimere la propria unicità in modo autentico e personale».
Il libro mostra quanto le fantasie femminili siano varie, sfaccettate e addirittura non sempre legate a un atto fisico. Cosa può insegnarci questo sul funzionamento del desiderio femminile?
«Il fatto che molte fantasie femminili non siano legate all’atto sessuale in sé ci insegna che il desiderio nelle donne è anche fortemente mentale, narrativo, simbolico. Più che stimoli visivi immediati, spesso sono le situazioni, i contesti emotivi, i significati a far scattare l’eccitazione per le donne. Questo richiede uno sguardo più profondo e meno meccanico sulla sessualità femminile».
Alcune fantasie raccontate nel libro riguardano temi considerati “al limite”, come il BDSM o il desiderio di essere “prese con forza”. Perché certi scenari, pur non riflettendo un desiderio reale, attraggono così tanto la fantasia femminile?
«Le fantasie legate a dinamiche di potere, come il BDSM o il “farsi prendere con forza”, possono essere molto potenti proprio perché creano uno spazio in cui lasciarsi andare completamente, senza dover “controllare” assolutamente nulla. Non riflettono necessariamente un desiderio reale di vivere quelle esperienze nella vita quotidiana, ma permettono di esplorare il piacere in forme più estreme, senza rischi, all’interno della mente».
Proprio all’interno di queste fantasie di sottomissione, il libro evidenzia un dato interessante: molte donne con ruoli di responsabilità immaginano di essere dominate...
«Questo contrasto è molto interessante e comune. Per molte donne abituate a controllare tutto nella vita quotidiana, fantasticare di cedere il controllo diventa un modo per rilassarsi, per concedersi una forma di piacere “passiva” ma liberatoria. È una compensazione psichica sana, che non contraddice il loro valore o potere nella realtà».
Un'altra delle categorie più frequenti nel libro riguarda le fantasie con altre donne, anche da parte di chi si definisce eterosessuale. Cosa ci dice questo sul desiderio femminile?
«Le fantasie con altre donne, anche tra chi si identifica come eterosessuale, sono un chiaro segnale della fluidità del desiderio femminile. A differenza di quello maschile, spesso ingabbiato da stereotipi che associano le fantasie omosessuali alla debolezza o a una mascolinità “mancata”, il desiderio femminile non è soggetto agli stessi dogmi. Questo gli consente di essere più libero, esplorativo e meno definito da categorie rigide. Il desiderio non è sempre legato all’identità o all’orientamento sessuale. Spesso riguarda l’intimità, la connessione emotiva, l’estetica, o semplicemente la curiosità. E le fantasie, ricordiamolo, non definiscono l’identità».
Un altro tema molto citato è il sesso con le celebrità. Perché secondo lei alcune donne trovano così liberatorio – o eccitante – fantasticare su personaggi famosi?
«Fantasticare sulle celebrità permette di proiettare desideri in uno spazio “sicuro”, lontano dalla realtà. I personaggi famosi diventano simboli, archetipi: non c’è il rischio del giudizio o del confronto. È una forma di evasione, ma anche un modo per dare forma al proprio immaginario erotico, spesso senza tabù».
Negli ultimi anni si nota una maggiore apertura nel parlare di sesso, anche grazie a film, serie tv (come Sex education in cui è protagonista la stessa Anderson), podcast, libri e social. Questa nuova narrazione sta aiutando le donne a vivere meglio la propria sessualità?
«Sì, sicuramente. Parlare di sesso in modo più libero, realistico e inclusivo contribuisce a normalizzare il desiderio femminile, a rompere i tabù e a offrire modelli diversi. Le donne si sentono meno sole, più legittimate a esplorare e a parlare della propria sessualità. Inoltre, il fatto che il desiderio femminile sia stato per lungo tempo taciuto o minimizzato ha portato le donne a sviluppare una vita erotica interna molto articolata. È come se, non potendosi esprimere pienamente nella realtà, il desiderio avesse trovato una via alternativa attraverso l’immaginazione, diventando più complesso e ricco».
Sul piano più personale, non sono poche le donne che dichiarano di fare fatica a esprimere i propri desideri in una relazione stabile, anche quando si sentono amate...
«Le donne possono celare i propri desideri per timore del rifiuto, del giudizio o della possibilità di incrinare un equilibrio nella coppia. Alla base, spesso, c’è una mancanza di educazione affettiva e sessuale che insegni a comunicare in modo autentico e non giudicante. Lavorare sulla consapevolezza di sé e sulla comunicazione emotiva può rappresentare un primo passo fondamentale per superare questi blocchi. Ma perché il desiderio femminile possa davvero emanciparsi dai retaggi culturali e sociali di cui abbiamo parlato, è necessario anche un cambiamento collettivo, culturale. Un processo già in corso, ma ancora lontano dall’essere pienamente compiuto».
Il desiderio sessuale può essere influenzato da fattori ormonali, psicologici o relazionali. Quando una donna si accorge di un calo importante, come può capire se si tratta di un cambiamento fisiologico naturale o di un segnale da approfondire con un professionista?
«Un calo del desiderio può avere molteplici cause: fisiologiche - come la menopausa, l’uso di contraccettivi o lo stress - ma anche psicologiche o legate alla dinamica relazionale. Quando questa condizione si protrae nel tempo, può diventare fonte di disagio profondo per la donna, influenzando il benessere personale e l’equilibrio di coppia. In questi casi, è importante non ignorare il segnale e considerare un confronto con un/una professionista. Un percorso di supporto può aiutare a comprendere le radici del cambiamento e ad affrontarlo con maggiore consapevolezza e serenità».
Crede che scrivere o leggere fantasie erotiche – come quelle raccolte nel libro – possa essere un modo utile per entrare in contatto con la propria sessualità, o addirittura migliorarla?
«Sì, può essere molto utile. Non solo stimola l’immaginazione, ma permette anche di esplorare nuove possibilità, di capire meglio cosa ci attrae, e di mettersi in contatto con il proprio desiderio senza pressioni. È un esercizio di libertà e auto-esplorazione».
Infine, cosa consiglierebbe a una donna che vuole riscoprire il piacere, magari dopo un periodo di difficoltà o di blocco del desiderio?
«Consiglierei di partire dalla curiosità e non dalla performance. Darsi tempo, ascoltare il corpo, riscoprire il contatto con sé stesse anche al di fuori della sessualità. E, se serve, chiedere supporto: il desiderio può essere ritrovato, ma ha bisogno di spazi sicuri per rinascere».
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