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Seno: i controlli a ogni età

Il tumore al seno colpisce milioni di donne, ma oggi ci sono più possibilità di prevenirlo e curarlo. Scopri cosa fare per limitare i rischi

credits: iStock



di Ida Macchi

Il tumore al seno colpisce una donna su 8 durante la sua vita.È un dato che può mettere paura, ma dalla ricerca arrivano tante novità che portano grandi speranze in questa battaglia.

L’ultima è del Dipartimento di biotecnologie molecolari e scienze della salute dell’Università di Torino, dove hanno identificato una proteina, la p140Cap, prodotta dal nostro organismo, in grado di limitare la crescita di uno dei tumori al seno più aggressivi (l’Her2 dipendente) e diminuire le sue capacità di dare origine alle metastasi. In pratica, si oppone allo sviluppo incontrollato delle cellule tumorali e alla loro propagazione agli altri organi.

Inoltre, chi la possiede (è presente nel 50% delle donne che si ammalano) vanta maggiori possibilità di limitare l’avanzata del tumore. La scoperta pone le basi per la messa a punto di nuove medicine che potrebbero rendere meno aggressiva la marcia” della malattia, e non è l’unica buona notizia: una ricerca condotta in team da Istituto europeo di oncologia, Istituto Firc di oncologia molecolare e Università statale di Milano sta studiando una nuova classe di farmaci potenzialmente in grado di eliminare le cellule staminali del tumore (responsabili della ripresa e della diffusione della malattia), che non vengono annientate dalla chemioterapia.

Una volta associate ai chemioterapici, le Nutline (questo il loro nome) ne potenziano gli effetti, attaccando il carcinoma alla sua origine e ostacolando le recidive, in modo da ottenere una terapia più efficace e meno tossica. Come vedi, sono tante le news positive per la salute del tuo seno. Ma sono molte anche le cose che puoi fare tu, oggi, per evitare i rischi ed, eventualmente, intervenire.

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Controlli: i primi cominciano a 20 anni

Un fattore molto importante è il tempismo: ogni millimetro di massa tumorale in più, infatti, equivale all’1% di possibilità di guarigione in meno. «Occorre sfruttare gli strumenti per la diagnosi precoce grazie ai quali, in Italia, oggi si registra un calo significativo della mortalità per questa malattia», dice il professor Paolo Veronesi, direttore della Divisione di senologia chirurgica dell’Istituto europeo di oncologia.

Gli step suggeriti? «Dai 20 ai 30 anni è consigliabile l’autopalpazione e una visita senologica annuale; dai 30 ai 40 occorre fissare anche un’ecografia annuale,che dopo i 40 anni deve essere accompagnata da una mammografia, con cadenza annuale o biennale.

Se aderisci ai programmi di screening l’esame è gratuito e totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale dai 50 anni in poi, mentre in alcune regioni come Emilia Romagna e Piemonte, lo è già a partire da 45 anni», puntualizza l’oncologo.

«Mammografia ed ecografia sono in grado di scovare neoplasie millimetriche o “in situ”, cioè non invasive, che possono essere rimosse definitivamente con un indice di successo che supera il 95%. Se però hai una familiarità per il tumore al seno o all’ovaio, il pacchetto di esami preventivi deve essere più mirato e iniziare in giovane età.

«Inoltre, potrebbe essere opportuno effettuare un counseling oncogenetico. È una visita durante la quale viene ricostruito il tuo albero genealogico, con un “occhio di riguardo” alle donne di casa (comprese quelle della linea paterna)», chiarisce il professore.

«Serve a identificare se ci sono gli estremi per effettuare un test volto a verificare la predisposizione genetica legata alle alterazioni delle sequenze del Dna (come il Brca1 e il Brca2), che riguardano circa il 5-10% delle donne che sviluppano un tumore della mammella. In questo caso, un semplice test genetico su globuli bianchi del sangue è in grado di scoprire se hai ereditato la stessa mutazione.

Se è così, hai probabilità più alte rispetto al resto della popolazione femminile di ammalarti. Saperlo permette di schierare in campo una controffensiva personalizzata: un calendario di controlli ecografici e mammografici più ravvicinati, eventualmente associati alla risonanza magnetica.

Oppure, se il tuo rischio è molto alto, puoi prendere in considerazione l’eventualità di ricorrere all’asportazione di ghiandole mammarie e ovaie a scopo preventivo. Sempre dopo un percorso che prevede anche un supporto psicologico», puntualizzail professor Veronesi. 


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Articolo pubblicato sul n. 18 di Starbene in edicola dal 18/04/2017

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