L’esperienza del tumore segna inevitabilmente e indelebilmente l’esistenza di una donna, lasciando segni fisici e psicologi permanenti: è bello sapere che, nonostante molte di loro si portino dietro le conseguenze della neoplasia e dei trattamenti a cui si sono sottoposte per sconfiggere la malattia, sono circa 495.000 le donne italiane che hanno sconfitto il tumore al seno.
D’altro canto però rimane necessario supportare queste donne affinché, una volta guarite dal tumore, raggiungano una soddisfacente qualità di vita.
Il cancro al seno costituisce la principale causa di morte per le donne affette da tumore: basti pensare che ogni anno vengono diagnosticati circa un milione di nuovi casi, mentre le stime indicano che una donna su otto durante l’arco della propria vita svilupperà questa forma di cancro.
Dati alla mano poi, solo il 35% delle donne che scoprono un tumore al seno in fase avanzata sopravvivono per più di cinque anni dopo la diagnosi, una casistica purtroppo non così rara dal momento che questa forma di tumore, soprattutto nelle prime fasi, si presenta spesso in maniera del tutto asintomatica.
Nello specifico, il tumore al seno può essere classificato sulla base di tre specifici recettori cellulari: il recettore degli estrogeni (ER), il recettore del progesterone (PR) e il recettore del fattore di crescita dell’epidermide (Human Epidermal Growth Factor Receptor - HER2/neu receptor), quest’ultimo una tipologia di tumore per cui, negli ultimi dieci anni, sono stati fatti progressi enormi grazie all’introduzione di farmaci specifici contro questo fattore di crescita.
In moltissimi casi poi, le cure e l’approccio terapeutico del tumore al seno rappresentano un esempio di medicina personalizzata in virtù delle opzioni terapeutiche disponibili, sia nei casi in cui la malattia si trova allo stadio iniziale, sia prima o dopo l’intervento chirurgico per prevenire la comparsa di recidive o metastasi, sia quando la malattia si trova già in uno stadio piuttosto avanzato. I
n pratica, il tipo di trattamento viene attuato sulla base di complesse valutazioni basate sulle caratterizzazioni biologiche di ogni singolo tumore.
Nonostante questi successi, la preoccupazione per l’aumento di incidenza di tumore al seno prima dei 50 anni rimane elevata: se finora un’età superiore ai 50 anni era stata considerata un fattore di rischio per la condizione, l’abbassamento dell’età media di insorgenza del tumore impone di allargare i controlli già a partire dai 45 anni.
Per questo motivo, le donne devono sapere e comprendere quanto è fondamentale per la loro salute sottoporsi regolarmente alla mammografia.
Come precisa il professor Francesco Cognetti, direttore dell’Oncologia Medica del Regina Elena di Roma, «è importante anche per le donne che hanno vinto la loro battaglia contro il tumore affrontare organicamente i molteplici disturbi che talvolta inficiano gravemente la loro qualità di vita, in particolare quelli sessuali, della fertilità, psico-sociali, senza dimenticare il distress, la depressione o le conseguenze organiche, cardiologiche, neurologiche, conseguenti alla cura, oltre alla fatigue e all’osteoporosi».
«Dovrebbe insomma essere compiuto ogni sforzo per avviare programmi complessivi di riabilitazione che affrontino e risolvano tutti questi aspetti – conclude l’esperto – così da restituire alle donne una piena integrità psichica e fisica anche una volta raggiunta la guarigione».
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