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Vaginiti e cistiti ricorrenti: un aiuto dalle acque termali

Infezioni ricorrenti, secchezza vaginale, infiammazioni… facendo un ciclo di cure con le acque termali puoi tenerle alla larga per molto tempo, senza dover utilizzare farmaci

credits: iStock



di Isabella Calbi


Le acque termali sono grandi amiche della salute intima femminile. «In ambito ginecologico viene sfruttata la loro azione antinfiammatoria, antisettica, eutrofica e detergente. Ecco perché sono ottime, per esempio, in caso di vaginiti e cistiti ricorrenti», sottolinea il dottor Francesco De Santo, specialista in ginecologia e ostetricia e consulente presso le Terme Luigiane di Acquappesa-Guardia Piemontese (Cosenza), una delle stazioni di cura più antiche della Calabria.


Acque termali, preziose a tutte le età

«Le acque termali, in particolare le Luigiane, solfuree e salsobromoiodiche, classificate dal Ministero della salute a livello qualitativo 1° Super, sono ideali in caso di cerviciti, endometriti, postumi di interventi chirurgici e di atrofia vulvo-vaginale, che è una condizione tipica del climaterio dettata dalla ridotta produzione di estrogeni e da una fisiologica involuzione dei tessuti uro-genitali. Durante la menopausa aiutano quindi a contrastare l’insorgenza di cistiti ricorrenti, la secchezza vaginale, l’irritazione, il bruciore e prurito. Non solo. Sono adatte alle donne in gravidanza per la capacità miorilassante che esercitano sul muscolo uterino. E sono utili per prevenire fenomeni cicatriziali e aderenziali che possono minare la fertilità», continua De Santo.


Cure termali: che cos'è l'irrigazione vaginale

La metodica termale più utilizzata in campo ginecologico è l’irrigazione vaginale. La seduta prevede l’utilizzo di una cannula con diversi fori, che fa arrivare l’acqua curativa a diverse pressioni e temperature (37 °C - 40 °C) a diretto contatto con le mucose vaginali. Il tutto per una quindicina di minuti.  «Le irrigazioni con acqua solfurea risultano particolarmente efficaci nel trattamento dell’atrofia vulvo-vaginale, come ha dimostrato uno studio clinico epidemiologico (Costantino M,Conti V, Marongiu MB et al. Sulphurous vaginal douching and vulvovaginal atrophy)», rimarca lo specialista.

«Io consiglio a ogni donna un ciclo di cura con acque termali, per minimo 12 applicazioni, perché sono un vero toccasana a prescindere dalle singole problematiche, anche a solo scopo di prevenzione. Tra l’altro sono a carico del Servizio sanitario nazionale, che ne può erogare un ciclo all’anno: basta farsi rilasciare dal proprio medico curante o dal ginecologo la prescrizione», suggerisce l’esperto. L’altro trattamento classico sono i fanghi pelvici, applicati in modo da formare una sorta di mutandina. «Trovano indicazione soprattutto in caso di infiammazioni croniche, sindromi aderenziali pelviche o per postumi di interventi chirurgici. Sono però a pagamento», spiega il dottor De Santo.


Gli altri centri in Italia

In tutta Italia ci sono centri che danno buoni risultati per le affezioni dell’apparato genitale femminile.

  • Le acque delle Terme di Comano, bicarbonatocalcio- magnesiache, dalle proprietà fortemente lenitive, sono ideali per il ripristino delle normali funzioni della mucosa.
  • Le acque termali delle Terme di Montepulciano, ricche di anidride carbonica, sono utilizzate per la sclerosi dolorosa del connettivo pelvico di natura cicatriziale e involutiva.
  • Protagonista alle Terme dei Papi di Viterbo è l’acqua termale della sorgente Bullicame, indicata per la leucorrea persistente da vaginiti croniche aspecifiche o distrofiche.
  • Alle Terme Stufe di Nerone, in Bacoli (Napoli), le irrigazioni e l’immersione nelle piscine termali sono ideali dopo un’isterectomia o un aborto o per le fibromatosi uterine.


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