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Disbiosi e infezioni vaginali: curare vaginosi, candida, cistite

D’estate, per le donne aumenta il pericolo di sviluppare un’infezione vaginale a causa di alcuni fattori di rischio stagionale, ma nell’arco dell’anno è bene usare accortezze e buone abitudini per mantenere in buon equilibrio la flora batterica locale

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Caldo, umidità, uso di costumi aderenti, contatto con la sabbia, bagni in mare, frequentazione di piscine e di luoghi affollati: sono tutti fattori estivi che aumentano le probabilità di sviluppare un’infezione vaginale. «La vulva, cioè l’insieme degli organi genitali esterni femminili, ospita una flora batterica residente che opera in stretta relazione con quella più interna, presente nella vagina, e può essere influenzata da molteplici fattori», spiega il dottor Filippo Murina, responsabile del Servizio di Patologia del Tratto genitale inferiore e Centro menopausa presso l’Ospedale V. Buzzi – Università degli Studi di Milano. «Fra i vari microrganismi, infatti, regna un equilibrio molto delicato, che può essere alterato da squilibri ormonali, antibiotici ad ampio spettro, prodotti per l’igiene intima troppo aggressivi, utilizzo prolungato dei salva-slip, calo delle difese immunitarie e molto altro. Il risultato è una condizione di disbiosi, più o meno pronunciata, ovvero una crescita eccessiva di batteri “cattivi” a scapito di quelli buoni».


Le infezioni vaginali più diffuse

Meno nota rispetto a quella intestinale, la disbiosi che può coinvolgere il tratto vaginale rischia di portare a diverse conseguenze, fra cui la vaginosi batterica, un’infezione molto frequente e caratterizzata da prurito intimo, bruciore durante la minzione, secrezioni maleodoranti e maggiore possibilità di sviluppare altre infezioni del tratto urogenitale, come la cistite. Ulteriori esiti piuttosto comuni sono la candidosi vulvovaginale, un’infezione fungina causata da lieviti appartenenti al genere Candida, e la vaginite aerobica, dovuta all’aumento dei batteri aerobi (che vivono in presenza di ossigeno) generalmente di provenienza intestinale, come l’Escherichia coli, ma talvolta anche “locale”, come gli Streptococchi.


Quali sono le cause

«Abbiamo accennato che la disbiosi vaginale ha diverse cause, fra cui gli squilibri ormonali», specifica il dottor Murina. «Per esempio, le bambine prepubere e quindi nella fase precedente alle prime mestruazioni hanno una minore quantità di ormoni e questo facilita la proliferazione di alcuni ceppi batteri patogeni. Lo stesso accade nelle donne in gravidanza, ma in questo caso per un aumento degli estrogeni, mentre in post-menopausa gli ormoni sessuali diminuiscono e con essi la quota di batteri buoni, i Lattobacilli».

Anche alcune malattie possono influenzare la flora batterica (come il diabete, il morbo di Crohn o la rettocolite ulcerosa), alla pari di molte cattive abitudini igienico-comportamentali che possono favorire un disequilibrio a livello della regione vulvo-vestibolare, il punto di ingresso alla vagina: detergenti e saponi inadeguati, biancheria intima sintetica che non favorisce la traspirazione, uso continuativo dei salva-slip, depilazione integrale. «Addirittura le cure antibiotiche, assunte per altre ragioni di salute, possono disturbare la flora batterica, perché questi farmaci agiscono sovente con un ampio spettro di copertura microbica e possono quindi danneggiare il microbiota, senza risparmiare i batteri buoni».


Come si fa la diagnosi

Per trovare la giusta soluzione, occorre innanzitutto arrivare a una diagnosi precisa per individuare la causa scatenante: «Ad essa si arriva con un’anamnesi approfondita, che prenda in considerazione sintomi e segni clinici, da “incrociare” con alcuni dati di laboratorio, ottenuti attraverso un esame batteriologico e colturale vaginale e altre tecniche di valutazione delle secrezioni, come i tamponi. Non basta uno di questi elementi a stabilire l’origine del problema, serve sempre un’integrazione», precisa il dottor Murina. E invece, spesso, si ricorre a strumenti di auto-diagnosi (come i tamponi venduti in farmacia o al supermercato) e soluzioni generiche da banco, che nella maggior parte dei casi non offrono la giusta soluzione oppure, peggio ancora, aprono la strada alle recidive. «Molte forme sono acute e sporadiche, cioè insorgono una o due volte all’anno o magari nell’intero arco della vita: qui il trattamento può basarsi su agenti antimicotici o antibatterici, da somministrare per via orale o magari topica, sotto forma di creme oppure ovuli. Altre pazienti invece possono andare incontro a forme ricorrenti, che si presentano almeno tre o quattro volte all’anno, per cui diventa importante riequilibrare la flora batterica vaginale attraverso l’utilizzo di probiotici e prebiotici».


Novità naturali

Oggi sono disponibili anche prodotti naturali che, oltre a svolgere un’azione antimicotica e antibatterica, rigenerano i tessuti formando un film protettivo sulla mucosa vaginale che contribuisce a ricreare condizioni favorevoli al ripristino del microambiente locale. «Ma la strategia corretta va sempre personalizzata in base alla tipologia di infezione, al numero di episodi e ad alcune caratteristiche della singola paziente», conclude l’esperto.

«Non esistono invece “rimedi della nonna” realmente efficaci, come le irrigazioni esterne con acqua e bicarbonato: al contrario, questi metodi rischiano di modificare negativamente il microambiente vulvare». Seguendo il giusto percorso, invece, servono mediamente 24-48 ore per avere sollievo da una candidosi, mentre le vaginosi con leucorrea maleodorante possono assistere a una remissione importante dei sintomi già nell’arco di tre o quattro giorni.


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