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Il medico internista: chi è, cosa fa, quando rivolgersi a lui

È una figura fondamentale in ospedale, ma anche in ambulatorio. Per questo sempre più medici di base inviano i pazienti dal medico internista per un consulto, per approfondire una diagnosi e avere una visione del paziente a 360 gradi

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Nella fiction l'internista più famoso è il dottor House, in grado di risolvere complicati rebus diagnostici. Nella realtà quotidiana, è un medico specializzato, appunto, in medicina interna che, in un’équipe ospedaliera, coordina gli interventi dei colleghi e “tira le fila” sull’iter terapeutico da intraprendere.

Un professionista recentemente rivalutato, al centro del XVI Congresso europeo di medicina interna, svoltosi a Milano dal 31 agosto al 2 settembre 2017. «Con l’avvento di figure sempre più specialistiche (l’epatologo, il nefrologo, il ginecologo) si perde talvolta la visione d’insieme di una malattia, che non va riferita soltanto a un organo, ma vista come espressione di un’alterazione funzionale a carico di tutto l’organismo. O come la conseguenza di altre patologie, traumi o terapie pregresse», spiega la professoressa Maria Cappellini, ordinario di medicina interna all’università di Milano e direttore dell’Unità di medicina generale della Fondazione Ca’ Granda-Policlinico di Milano.

«Grazie al suo approccio olistico, che tiene conto sia di tutti gli aspetti della malattia (esami, sintomi, risposta ai farmaci, allergie, presenza di comorbilità) sia della storia personale e familiare del paziente, l'internista riesce a superare la visione frammentaria di molti medici e ricomporre il delicato puzzle all’origine».


È un riferimento prezioso anche in ambulatorio

Ma l’internista non è solo il “direttore d’orchestra” di un team ospedaliero. La sua esperienza e professionalità possono rivelarsi utili anche in ambulatorio, specie in caso di diagnosi dubbie o di scelte terapeutiche in pazienti anziani, che assumono già diversi farmaci.

«Accade spesso che il medico di base prescriva la consulenza di un internista, qualora non riesca a inquadrare bene un problema», prosegue la professoressa Cappellini. «Per esempio, se si trova di fronte a un’infezione della quale non riesce a risalire alla causa o a un paziente diabetico che ha anche problematiche cardiovascolari. Lo scopo? Acquisire un punto di vista globale sul da farsi».


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Articolo pubblicato sul n. 38 di Starbene in edicola dal 5 settembre 2017



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