Tiroide: la dieta per attivarla

Sei milioni di italiani soffrono di ipotiroidismo con sintomi di diverso tipo. Ecco cosa portare in tavola per riattivare il metabolismo



Circa sei milioni di italiani soffrono di ipotiroidismo, dovuto al cattivo funzionamento della tiroide, la ghiandola nascosta alla base del collo che rappresenta il motore del nostro metabolismo.

Frequenti sono le forme subcliniche, cioè non ancora tali da meritare un trattamento farmacologico con gli ormoni tiroidei, ma comunque degne di attenzione e di correttivi, a cominciare dalla dieta di tutti i giorni.

Basta, infatti, che la tiroide rallenti un po’, per assistere alla comparsa di sintomi aspecifici e non immediatamente riconducibili all’ipotiroidismo conclamato: pelle e capelli secchi, ritenzione idrica, gonfiori e cellulite, difficoltà a dimagrire, stipsi e digestione lenta, dolori muscolari, stanchezza e freddolosità.

La soluzione? Per ridare sprint alla ghiandola farfalla, è sufficiente seguire un’alimentazione corretta, integrandola con supplementi specifici. 


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NO - I CIBI DA LIMITARE

«Attenzione alla famiglia delle Crucifere, formata da cavolfiore, verza, broccoli e cavolini di Bruxelles», avverte Massimo Spattini, specialista in scienza dell’alimentazione e medicina dello sport a Parma. «Sono vegetali preziosi perché contengono sostanze antitumorali, ma frenano l’attività della tiroide e perciò vanno consumati non più di una volta alla settimana.

Da limitare i latticini per via dell’alto contenuto di calcio, il principale antagonista della ghiandola tiroidea, e per il loro contenuto di grassi: il consumo di latte, burro, yogurt, panna, gelati e formaggi deve essere ridotto».

Anche la pasta, i biscotti e le merendine prodotte con la farina raffinata (la 00, oggi più ricca di glutine rispetto al frumento di una volta) vanno consumati con moderazione.

Possono dare una forma di intolleranza che, a lungo andare, causa la “sindrome dell’intestino gocciolante”: diventando permeabile, la mucosa dell’intestino lascia passare macromolecole proteiche, normalmente filtrate, che scatenano una risposta infiammatoria di tipo autoimmune. Una reazione che può essere diretta anche contro la tiroide, come avviene nella tiiroidite di Hashimoto, la causa più comune di ipotiroidismo.

Sì - I CIBI DA PREFERIRE

«Almeno tre volte alla settimana, vanno consumati alimenti naturalmente fonte di iodio: pesce di mare (soprattutto quelli ricchi di Omega 3 come salmone, aringhe, sarde), molluschi e crostacei», prosegue il dottor Spattini.

«Le ostriche, per esempio, sono un toccasana per questa ghiandola endocrina perché forniscono non solo una grande quantità di iodio ma anche di zinco, importante catalizzatore delle reazioni enzimatiche utili al metabolismo degli ormoni tiroidei».

Altri cibi ricchi di zinco sono il germe di grano, l’avena integrale, la frutta secca e i semi di zucca, di sesamo e di girasole. «Un altro oligoelemento che non deve mai mancare in chi ha la tiroide pigra è il selenio», prosegue il nostro esperto.

«Anch’esso, infatti, partecipa ai processi enzimatici degli ormoni secreti dalla tiroide. Si trova soprattutto nelle noci brasiliane e negli anacardi che ne contengono rispettivamente 19 e 12 microgrammi ogni 100 grammi. L’idea vincente? Consumare tre noci del Brasile o un pugno di anacardi ogni mattina, a colazione».

Ottimi alleati della tiroide sono anche i carboidati a basso indice glicemico e con zero o poco glutine, come il grano saraceno, la quinoa, il mais e il riso integrale.

ALGHE: COME ASSUMERLE

Chi presenta un rallentamento dell’attività tiroidea dovrebbe abituarsi a consumare abitualmente alghe alimentari, da aggiungere a insalate, zuppe, passati e piatti a base di cereali.

Al supermarket e nei negozi bio, puoi trovare diverse varietà (wakame, hiziki, dulse, arame), preziose fonti di minerali, vitamine e antiossidanti, oltre che di iodio. «Va però detto che le alghe non incontrano il gusto di tutti», sottolinea Spattini.

«In questi casi, in presenza di sintomi evidenti di ipotiroidismo e con un TSH (l’ormone prodotto dall’ipofisi che stimola la tiroide) ai limiti della norma, è consigliabile assumere le alghe come integratore, sotto forma di estratto secco titolato. Ovvero compresse di alghe kelp, spirulina o fucus vesiculosus, da assumere tutti i giorni per 3-4 mesi, sotto controllo medico».

RICORDA DI USARE SEMPRE IL SALE IODATO

Lo iodio è il principale “mattone” dei due ormoni tiroidei: la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). È quindi necessario assicurarsi il quantitativo giornaliero necessario per far lavorare al meglio la ghiandola tiroidea.

«Servono 150 microgrammi di iodio al giorno», spiega il dottor Massimo Spattini. «Un grammo di sale marino iodato (cioè industrialmente arricchito di questo prezioso oligoelemento) apporta ben 30 microgrammi di iodio, ne bastano quindi 2,5 grammi (ricorda che non bisogna esagerare con il consumo di sale) per coprire il 50% del fabbisogno giornaliero»

ESAMI: I RISULTATI POSSONO INGANNARE

In genere gli esami di laboratorio indicano come normali valori di TSH l’ormone tireostimolante) compresi tra 0,5 e 4,5 mlU/L. «Si tratta di un range troppo ampio e anacronistico perché gli studi dimostrano che più il TSH è basso (sotto i 2 mlU/L) migliore è la prospettiva di vita, con una netta riduzione delle morti per incidenti cardiovascolari», avverte il dottor Spattini.

«Il buon funzionamento della tiroide, infatti, non è solo una questione di bilancia (chili di troppo, metabolismo lento) ma anche di benessere globale. Se il TSH non è inferiore  a 3 mlU/L (o anche meno se si hanno sintomi) conviene intervenire.

Altra nota importante? Molte donne hanno valori di TSH e di FT4 nella norma, ma bassi livelli di FT3, l’ormone biologicamente attivo, perché hanno un difetto nella conversione dell’FT4 in FT3, non sempre automatica. Per questo è importante dosare anche la rT3 (reverse T3), che indica la capacità di trasformare il pro-ormone nella sua forma attiva

Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbene in edicola dal 24/01/2017

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