Cibo biologico e sostenibilità: quali vantaggi e alternative

La vendita e consumo di cibo biologico sono aumentati. Ma l’alimentazione bio è davvero l’unica scelta sostenibile per l’ambiente? Facciamo il punto su vantaggi e alternative e sfatiamo alcuni miti



53484I numeri sono impressionanti: secondo una recente indagine Nielsen-AssoBio, nel 2020 il consumo di cibo biologico è aumentato del 6,5% nei super, del 12,5% nei discount, e addirittura del 150% online. I motivi sono diversi: l’attenzione crescente verso la tutela dell’ambiente, il benessere animale e la sostenibilità in senso lato, ma anche la convinzione che gli alimenti bio siano più sicuri e nutrienti.

Alcune domande però sorgono spontanee: l’agricoltura biologica è davvero l’unica scelta sostenibile? Apporta veri vantaggi? Esistono alternative all'agricoltura biologica? E con i costi come la mettiamo?



Quali sono i vantaggi del cibo biologico
Cominciamo con il tema pesticidi. Come ogni anno, anche nel 2020 Legambiente ha presentato il suo rapporto sulla presenza di residui chimici nei prodotti ortofrutticoli di coltivazione convenzionale, e i risultati non sono stati incoraggianti: si sono ritrovati residui di pesticidi in quasi la metà dei campioni analizzati, e addirittura in più del 70% della frutta.

Intendiamoci, la legge prevede che negli alimenti ci possano essere dei residui, e fissa per ciascuna sostanza il limite tollerato: la percentuale di ortofrutta “fuori legge”, con pesticidi superiori al consentito, è statadell’1,3%, ma è un dato che va ben interpretato. In molti prodotti sono contemporaneamente presenti residui di sostanze diverse che, prese singolarmente, rimangono ciascuna sotto il livello di legge, ma nell’insieme sommano un quantitativo che può destare perplessità e preoccupazione.

Fermo restando che anche nell’agricoltura convenzionale, lavorando bene, si possono ottenere prodotti senza residui (tali sono risultati il 28,5% dei campioni analizzati), i prodotti bio danno garanzia di esserne privi semplicemente perché il loro uso è vietato (anche se purtroppo non mancano le frodi, soprattutto nei prodotti di importazione).

Proprio l’ampiezza del suo approccio, però, permette all’agricoltura biologica di conseguire altri vantaggi: diverse ricerche hanno evidenziato come i campi bio presentino circa il 30% in più di biodiversità e il terreno si mantenga fertile più a lungo, mentre, per quanto riguarda l’allevamento, va detto che, al di là delle considerazioni etiche, garantendo il benessere degli animali questi si ammalano meno e prendono meno antibiotici


Non è certo che i cibi bio siano più nutrienti

Senza residui, rispettosi dell’ambiente e degli animali: verrebbe da pensare che i prodotti biologici siano anche più nutrienti, ma su questo non c’è nessuna certezza. Alcuni studi hanno evidenziato nei prodotti bio dei livelli più elevati di antiossidanti e sostanze protettive, un fatto che potrebbe spiegarsi con la necessità delle piante di potenziare le loro difese naturali per sopperire al mancato aiuto dei fitofarmaci di sintesi.

Va detto però che altri studi hanno dato risultati discordanti, senza evidenziare una vera superiorità nutrizionale nei prodotti bio rispetto a quelli convenzionali. Insomma, ad oggi sembra proprio che non possa essere l’aspetto nutrizionale quello che può far pendere l’ago della bilancia in favore del biologico.


I costi del cibo biologico

I costi del biologico devono fare riflettere
sul fatto che qualcosa deve comunque cambiare se si vuole che tutti possano avere accesso a questo tipo di prodotti. In quest’ottica, sembra che le azioni su cui punta la UE con il Green Deal - il piano europeo per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati per il 2030 - contemplino misure specifiche, volte proprio a rendere più accessibile la scelta del bio ai consumatori, spingendo al contempo gli agricoltori a estendere le coltivazioni con uso esclusivo di sostanze e processi naturali.

Basti pensare che le strategie “Farm to fork” e “Biodiversità 2030”, presentate lo scorso anno dalla Commissione Europea, si pongono l’obiettivo di raggiungere il 25% di superficie agricola in Europa coltivata con il metodo bio entro il 2030, dimezzando entro quella data l’impiego di pesticidi e antibiotici.


Il bio non è l’unica possibilità

A questo punto, assodato che l’agricoltura biologica può portare vantaggi e che ci si sta muovendo in Europa per sostenerla, occorre però porsi una domanda: questo tipo di agricoltura è l’unica possibile per rendere sostenibile la filiera alimentare? La risposta è no: da tempo si pratica anche l’agricoltura integrata, cioè un sistema di produzione agricola che limita l’uso di pesticidi e fitofarmaci al minimo indispensabile per garantire una produzione sicura e adeguata, con un basso impatto sull’ambiente. Troviamo prodotti di agricoltura integrata in ogni super e a prezzi più modesti dei corrispondenti prodotti bio.

Altrettanto interessanti sono poi le possibilità che apre l’agricoltura di precisione, un sistema che utilizza tecniche e tecnologie avanzatissime, cambiando completamente il modo di lavorare i campi: con strumenti informatici, droni, GPS, misuratori di calore e umidità del terreno, macchine e impianti completamente automatizzati, è oggi possibile controllare le diverse zone dei campi in modo da dare a ogni singola pianta ciò di cui ha effettivamente bisogno e nel momento migliore.

In pratica l’agricoltura di precisione, a differenza di quella intensiva di vecchia generazione, permette di non trattare in modo uniforme e indiscriminato tutto il campo, ma tiene conto delle vere necessità di ogni sua parte, evitando sprechi,riducendo l’inquinamento, migliorando le rese e abbassando i costi. Non è poco… e non è fantascienza. 

Alternative sostenibili al cibo biologico

Ma quindi il cibo del futuro sarà bio o no? In parte sicuramente sì, ma oggi non è pensabile che sia l’unica opzione verso la sostenibilità. Occorrerà fare prima di tutto un salto culturale, superare ogni approccio ideologico e smettere di pensare che esistano soltanto due agricolture: una “buona” e una “cattiva”.

La realtà è complessa e in continua evoluzione e siamo noi a poterla influenzare nel senso di una vera sostenibilità, anche riflettendo su come spendere ogni giorno i nostri soldi. L’importante, in definitiva, è scegliere prodotti italiani e di stagione, meglio ancora se di filiera corta, acquistando direttamente da chi coltiva e premiando così, sulla base della conoscenza diretta, gli sforzi di chi davvero investe su un futuro sostenibile.



Legge sul bio: forse è la volta buona

La norma di riferimento per il bio è ancora il regolamento approvato nel 2007 dal Consiglio dell’UE integrato da vari atti di esecuzione della Commissione. Da tempo andrebbe rinnovata a tutela sia dei produttori che dei consumatori, ma se già normalmente gli iter legislativi sono complicati, nel caso del bio sembrano raggiungere dimensioni kafkiane.

Dopo anni di infinite peripezie e controversie, nel 2018 si era arrivati e alla formulazione di una nuova legge il cui iter è rimasto poi fermo per più di due anni. Finalmente ha ripreso il suo cammino, sbloccata in Commissione Agricoltura al Senato, e speriamo che arrivi a destinazione in tempi brevi, perché contiene diverse novità interessanti: l’introduzione di un marchio per il “biologico italiano”, la delega al Governo perché riveda le norme sui controlli, la costituzione di un tavolo tecnico che definisca le priorità del Piano d’azione nazionale per la produzione biologica. Insomma: più sicurezza, più garanzie, più qualità, aiuto al territorio, ai produttori, promozione dei consumi… cose di cui c’è davvero bisogno.


Attenzione al bio d'importazione

Noi italiani produciamo ed esportiamo tanto bio, ma siamo anche tra i maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari (oltre 210 milioni di chili nel 2019, provenienti per quasi 1/3 dall’Asia).

I motivi? Il bio “straniero” costa meno, ma attenzione: la qualità e la sicurezza si pagano anche in questo campo. Non per nulla la Corte dei Conti Europea ha emanato una raccomandazione che invita a rinforzare i controlli sui cibi biologici importati, alimenti che sulla carta rispettano gli standard di sicurezza, ma che spesso alla prova delle analisi si dimostrano distanti dai livelli dei prodotti europei.



La lista della spesa: facciamo i conti

Non esiste solo la sostenibilità ambientale ma anche quella economica. Ecco due spese al super che confrontano quanto costano cibi convenzionali e bio

  • 10 uova
    Convenzionali: 2,49 € - Bio: 3,49 €

  • 1 kg di carote
    Convenzionali: 0,98 € - Bio: 1,84 €

  • 300 g di datterini
    Convenzionali: 1,88 € - Bio: 2,28 €

  • 4 mele
    Convenzionali: 2,14 € - Bio: 2,62 €

  • 1 kg di arance
    Convenzionali: 2,15 € - Bio: 2,98 €

  • 320 g di petto di pollo
    Convenzionali: 3,27 € - Bio: 6,72 €

  • 1 l di latte
    Convenzionale: 1,19 € - Bio: 1,49 €

  • 500 g di frollini
    Convenzionali: 1,65 € - Bio: 3,98 €

  • 1 kg di riso
    Convenzionale: 2,29 € - Bio: 3,09 €

  • 750 ml olio evo
    Convenzionale: 5,99 € - Bio: 9,49 €

  • 400 g di pane a fette
    Convenzionali: 0,95 € - Bio: 1,42 €

  • 500 g di hamburgher
    Convenzionali: 5,40 € - Bio: 10,78 €

  • 350 g di confettura
    Convenzionali: 1,79 € - Bio: 2,69 €

  • Totale alimenti convenzionali: 32,17 €

  • Totale alimenti bio: 52,87 €

Articolo pubblicato sul  n° 7 di Starbene in edicola e digitale dal 15 giugno 2021



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