Umberto Veronesi: il ricordo di Marco Bianchi

Nel giorno del funerale del grande oncologo milanese, scomparso l’8 novembre, abbiamo raccolto il ricordo di Marco Bianchi, collaboratore storico del nostro giornale, legato al professor Veronesi da un rapporto professionale, ma soprattutto umano. Ecco che cosa ci ha raccontato



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Umberto Veronesi e Marco Bianchi


di Fabio Brinchi Giusti


«Tutto è iniziato quando gli ho scritto una mail. Gli proponevo un progetto quasi impossibile. Il professore mi convocò nel giro di 48 ore per parlarne», così Marco Bianchi, divulgatore scientifico per la Fondazione Veronesi e collaboratore storico di Starbene, ricorda come ha iniziato a lavorare con il celebre oncologo, Umberto Veronesi, scomparso l’8 novembre, e che questa mattina ha ricevuto l'estremo saluto a Milano a Palazzo Marino, con una cerimonia laica.

Tra Marco Bianchi e il professor Veronesi si è creato da subito un legame speciale. Marco ha iniziato a lavorare come ricercatore proprio nei laboratori della Fondazione che porta il nome del grande scienziato milanese. A lui è ispirata l’idea di unire scienza e cucina per raggiungere il maggior numero di persone per permettere loro benessere e salute: «Se oggi sono qui, se vi racconto la scienza come faccio ogni giorno, lo devo solamente a Umberto Veronesi. È una grande perdita per tutti, grandissima perdita per me», dice Marco. Ecco il suo ricordo del professore.


Marco, chi era il professor Veronesi? 

Un uomo impegnatissimo, ma al tempo stesso aperto e disponibile. Mi ha messo a disposizione il suo tempo mille volte. Ironico, energico, culturalmente preparato sotto ogni aspetto, un filosofo. Sempre sul pezzo. Gli anni che aveva si vedevano, forse, solo sulla sua pelle, il suo pensiero era limpido, perfetto.


I primi ricordi che ti vengono alla mente…

Mi emoziono sempre quando penso che è venuto a sorpresa alla presentazione del mio primo libro (tra l’altro lo ha sostenuto con un virgolettato, stampato sulla fascetta del libro stesso). In quell’occasione ha chiesto ai giornalisti presenti di non fargli domande, perché era lì per me.

E poi, è stato lui a celebrare il mio matrimonio in forma civile. Gliel’ho chiesto perché sapevo che avrebbe regalato le parole giuste a un momento che non scordi mai nella vita. Proprio quel giorno mi chiese di dargli del tu, sosteneva che oramai ero di famiglia.... Ovviamente non ci sono mai riuscito!  


Qual è il messaggio più grande che Veronesi ci ha lasciato? 

Il grande rispetto per il malato. L'amore per gli animali, per la pace, per una ricerca etica, per la conoscenza… Ricordo ancora una gita fuori Milano, lui alla guida della sua Jaguar verde, io seduto accanto e sua moglie dietro. Fu quella la sua prima volta di una diretta web su Periscope: era divertito, incuriosito come un bambino, pieno di domande. Quest’episodio testimonia quanto fosse curioso.

Del resto, me lo diceva sempre: "Un ricercatore deve essere curioso, deve aver fame di conoscenza". Uscivo da ogni incontro con lui pieno di energia positiva con la voglia di approfondire, ma soprattutto divulgare. Il “tu” che non sono mai riuscito a dargli ora mi esce dal cuore: grazie, Umberto! Ciao!


11 novembre 2016

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