Glaucoma

Il glaucoma è una patologia non definibile solamente come alterazione nei valori della pressione intraoculare (che oltrepassano di molto il livello standard di 15/16 mmHg), ma piuttosto come sofferenza del nervo ottico (neuropatia ottica) che può insorgere in presenza di qualsiasi pressione intraoculare e in funzione della suscettibilità individuale del nervo. Il glaucoma è quindi […]



Il glaucoma è una patologia non definibile solamente come alterazione nei valori della pressione intraoculare (che oltrepassano di molto il livello standard di 15/16 mmHg), ma piuttosto come sofferenza del nervo ottico (neuropatia ottica) che può insorgere in presenza di qualsiasi pressione intraoculare e in funzione della suscettibilità individuale del nervo.

Il glaucoma è quindi comunemente inteso come una sindrome caratterizzata clinicamente dalla coesistenza di tre segni fondamentali:

  • ipertono;
  • escavazione della papilla ottica;
  • deficit del campo visivo.

Le diverse forme della malattia possono essere suddivise, in base alle caratteristiche dell’angolo della camera anteriore dell’occhio (cosiddetto angolo iridocorneale), in due gruppi principali: glaucoma ad angolo aperto e glaucoma ad angolo chiuso.

Il glaucoma primario ad angolo aperto (detto anche glaucoma cronico semplice o glaucoma da blocco trabecolare) rappresenta la forma più comune di glaucoma, in quanto ne costituisce il 60-70% dei casi: è generalmente bilaterale, ma spesso ad andamento asimmetrico; l’insorgenza si ha solitamente nell’età adulta (è presente nel 2-7% dei soggetti di età superiore ai 70 anni).


Un problema diffuso in tutto il mondo

Il glaucoma rappresenta la seconda causa di cecità nel mondo: si ritiene infatti che dei circa 14 milioni di casi di cecità, un numero compreso tra 2 e 3,5 milioni sia dovuto a questa affezione, con una percentuale sul totale che assomma quindi al 15-25% (ma con variazioni notevoli a seconda dell’area geografica).

Attualmente si ritiene che 67 milioni di persone siano affette da glaucoma e che in Italia sia colpito circa il 2% della popolazione sopra i 40 anni (i soggetti riconosciuti “legalmente” ciechi sarebbero 10.000 circa). Da queste cifre emerge il motivo per cui questa patologia oculare va considerata una vera e propria malattia sociale, che inoltre necessita di adeguate misure di prevenzione in quanto può portare alla cecità senza quasi che il paziente se ne accorga.

Nei Paesi sviluppati, il glaucoma è considerato la causa principale di perdita prevenibile della visione.


Sintomi

Il glaucoma cronico semplice non è quasi mai caratterizzato, per gran parte della sua storia naturale, da una specifica sintomatologia soggettiva: questa patologia presenta infatti un’ evoluzione così subdola che chi ne è affetto riesce spesso solo in maniera casuale a rendersi conto di una perdita del campo visivo o addirittura della vista, in quanto fino a quel momento non si erano avvertiti disturbi a livello oculare.

Altre volte i pazienti possono presentare generici sintomi irritativi, che simulano magari una congiuntivite cronica: lieve arrossamento oculare (iperemia congiuntivale), sensazione di corpo estraneo (come di “sabbia negli occhi”), lacrimazione oppure difficoltà di lettura in ambienti poco illuminati o di adattamento alla luce crepuscolare, sensazione di pesantezza ai bulbi oculari o cefalea di tipo emicranico.

Raramente il paziente riferisce un restringimento del suo campo visivo, ma in genere quando questo accade si è già in presenza di un danno quasi totale, che inizia anche a interessare il punto di fissazione.

In sostanza, dunque, il glaucoma cronico semplice ha sintomatologia assai poco caratteristica: nessun sintomo visivo è di per sé indice di glaucoma. Il paziente riferisce saltuariamente cefalea, aloni colorati intorno alle luci, disturbi della visione per i quali magari cambia spesso gli occhiali che ha in uso: questi sintomi devono insospettire il soggetto stesso e spingerlo a consultare il medico.


Diagnosi

Come si è già avuto modo di dire, l’aumento della pressione all’interno dell’occhio è il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo del glaucoma, ma il suo riscontro non è sufficiente, da solo, per fare diagnosi di glaucoma: lo specialista quindi, prima di pronunciarsi in merito, effettua diverse e specifiche valutazioni che comprendono il controllo della pressione oculare (tonometria), il controllo oftalmoscopico della papilla ottica e l’analisi dell’ampiezza del campo visivo (campimetria, che oggi viene eseguita mediante apparecchiature computerizzate).

Tonometria Alla registrazione di una singola misurazione tonometrica è da preferirsi l’esecuzione di una “curva monometrica” diurna.

Questo valore indica le fluttuazioni della pressione intraoculare nel corso delle 24 ore, variabili quanto a intervallo e momento in cui si verificano oltre che influenzate dall’età o altre patologie concomitanti; sono presenti in tutti i soggetti, tuttavia variazioni superiori ai 5 mmHg vanno considerate patologiche anche all’interno di valori considerati “nei limiti della norma”. È importante poi correlare sempre il valore tonometrico misurato allo spessore corneale di quel determinato occhio, in quanto un aumento dello spessore corneale è associato a maggiore rigidità e quindi a una sovrastima della pressione intraoculare reale; viceversa, con uno spessore corneale ridotto si tende a sottostimare il valore pressorio reale.

Valutazione oftalmoscopica della papilla La più evidente alterazione anatomica provocata dal glaucoma è la modificazione della testa del nervo ottico (papilla) che, una volta instauratasi, persiste anche qualora ne venga rimossa la causa scatenante. È assai arduo porre diagnosi di glaucoma sulla base della sola osservazione della papilla, poiché le modalità di “innesto” del nervo ottico normale a livello del guscio sclerale (al polo posteriore) sono così varie che difficilmente è possibile avere una certezza diagnostica (a meno che non si sia in presenza di un danno già molto avanzato). La valutazione della papilla può essere effettuata mediante osservazione diretta (oftalmoscopica), con eventuale registrazione e archiviazione fotografica della stessa, oppure mediante uno studio tridimensionale che, con l’ausilio di strumentazione computerizzata, consenta di valutare anche l’eventuale perdita di fibre nervose a questo livello ed evidenziarne alterazioni pre-cliniche.

In ogni caso, il modo migliore per procedere a una valutazione funzionale del nervo ottico è l’esecuzione di un campo visivo manuale, o meglio computerizzato.

Il campo visivo dei soggetti affetti da glaucoma va incontro a un deterioramento progressivo, con la comparsa di “aree cieche” (scotomi) pericentrali, salti nasali, restringimento concentrico delle isoptere. Sfortunatamente, nel momento in cui vengono individuate queste alterazioni della perimetria del campo visivo, il danno al nervo ottico si è già verificato, con una perdita delle fibre nervose che in media è già del 40%.


Fattori di rischio

I fattori di rischio riconosciuti come più importanti dall’American Academy of Ophthalmology (1992) sono l’età e l’aumentata pressione intraoculare. Tanto più sono elevati i valori di pressione intraoculare, tanto maggiore è la probabilità che quel soggetto vada incontro a una neuropatia ottica progressiva, tuttavia è difficile stabilire un esatto limite tra pressione intraoculare normale e patologica (cut-off tonometrico), un limite cioè al di sotto del quale essere certi che il paziente non svilupperà un danno di tipo glaucomatoso e al di sopra del quale invece pronosticare un’alterazione del campo visivo: tale variabile in effetti dipende anche dalla suscettibilità del nervo ottico in esame (quindi anche delle strutture anatomiche oculari). Attualmente si propende a ritenere come valori sospetti patologici quelli compresi tra 21 e 25 mmHg.

Altri fattori di rischio acclarati sono poi quelli genetici: è certo, infatti, che il glaucoma sia trasmesso geneticamente, anche se l’ereditarietà non segue la semplice legge mendeliana ma ha piuttosto una genesi multifattoriale. Circa il 20-25% dei casi di glaucoma cronico semplice ha una familiarità positiva. Il rischio stimato per i consanguinei varia dal 4 al 16%.

I parenti di primo grado di pazienti glaucomatosi hanno una frequenza di ipertensione oculare due volte maggiore e di glaucoma sei volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Per quanto riguarda l’etnia, sembra colpire in maggiore misura della malattia soggetti di pelle nera e di origine caraibica; in particolare in questi ultimi il quadro clinico risulterebbe più grave.

Un ulteriore fattore di rischio per il glaucoma è la miopia: all’aumentare del grado di miopia corrisponde infatti un aumento dei valori di pressione intraoculare; inoltre la conformazione anatomica della papilla ottica negli occhi miopi sembra comportare un rischio maggiore di lesioni conseguenti al glaucoma; infine nei miopi vi è un aumento della dispersione pigmentatoria, con accumulo/infarcimento angolare (trasecolare), che comporta un aumento della frequenza dei glaucomi pigmentati.


Terapia

L’obiettivo del trattamento del glaucoma cronico semplice, una volta che sia stata posta la diagnosi, è impedire la progressione della malattia e preservare la vista residua prevenendo un ulteriore peggioramento; nessuna terapia antiglaucomatosa permette di riacquistare quanto perduto in termini di atrofia della papilla ottica e deficit del campo visivo.

Attualmente l’unico fattore di rischio che può essere controllato è la pressione intraoculare. La terapia finalizzata a ridurne i valori (terapia ipotonizzante) può variare a seconda del quadro e della gravità della patologia: può essere inizialmente farmacologica ed essere somministrata per via locale o sistemica; nei casi più avanzati o scompensati, invece, è possibile ricorrere al trattamento laser o all’intervento chirurgico. I principali farmaci ipotonizzanti agiscono riducendo la produzione di umore acqueo oppure facilitandone il deflusso. Le molecole comunemente utilizzate fanno capo alle famiglie dei parasimpaticomimetici, simpaticomimetici, simpaticolitici, diuretici inibitori dell’anidrasi carbonica, diuretici osmotici, prostaglandine.


Consigli e raccomandazioni

  • I colliri antiglaucomatosi, in particolare i b-bloccanti, possono indurre riduzione della secrezione lacrimale, ulteriormente accentuata dalla menopausa: vanno pertanto sempre instillati sostituti lacrimali (cosiddette lacrime artificiali), 15 minuti dopo i colliri per il glaucoma
  • Evitare l’autosomministrazione indiscriminata di colliri antinfiammatori (in particolare quelli a base di cortisone), che possono determinare per uso protratto un glaucoma secondario (reversibile solo nei primi mesi)
  • Instillare i colliri antiglaucomatosi sempre alle ore prescritte dallo specialista, senza interruzioni di sorta, se non per reazioni allergiche
  • È meglio somministrare i colliri antiglaucomatosi in posizione sdraiata, senza ammiccamento palpebrale successivo ma con mantenimento della chiusura palpebrale per 5 minuti circa, onde evitare il più possibile l’assorbimento per via rino-orofaringea e quindi sistemica
  • Contemporaneamente alla consulenza specialistica oculistica, consultare il proprio medico al fine di discutere e prevenire l’insorgenza di effetti collaterali sistemici (in particolare da colliri betabloccanti non selettivi), soprattutto cardiopolmonari: in soggetti predisposti si possono infatti verificare blocco di branca, asma, broncospasmo, broncopneumopatia ostruttiva, cuore polmonare cronico, scompenso cardiaco ecc.
  • Va controindicato l’uso e la prescrizione di lenti a contatto, soprattutto se “morbide” [G.F., R.N.]